Il nebbiolo in Valtellina

Il nebbiolo in Valtellina

Degustando
di Claudio Introini
22 maggio 2008

Pubblichiamo la sintesi della prima lezione tenuta dall’enologo Claudio Introini al seminario sul nebbiolo in corso di svolgimento a Mantello (SO) presso Agriturismo La Fiorida...

L’origine e l’evoluzione

La vite domestica da vino (vitis vinifera) trae origine dalla vite selvatica (Vitis silvestris: la vitis lambrusca di Plinio) in conseguenza di modificazioni genetiche derivanti prima da fattori climatici (glaciazioni), e poi da fattori antropologici (l’interesse del contadino preistorico a riprodurre solo le piante di vite con caratteristiche positive del frutto. Piante a fiori ermafroditi). Questa evoluzione è avvenuta nell’arco di millenni partendo, con ogni probabilità, dalla regione transcaucasica (l’attuale: Georgia, Armenia e Azrebargian) da dove provengono gran parte dei vitigni oggi coltivati. Difficile percorrere sino all’origine la natura del singolo vitigno, ma è ormai certo che i progenitori del nostro nebbiolo, siano essi piemontesi o valtellinesi, li ritroviamo esclusivamente nell’aerale colturale alpino nordoccidentale, come ormai dimostra l’indagine scientifica di Anna Schneider e collaboratori dell’Università di Torino. Molti dettagli di questa accurata indagine basata sulla ricerca del dna del nebbiolo sono ampiamente conosciuti e validamente illustrati in un ottimo articolo del delegato Ais Natale Contini pubblicato su L’Arcante.



Le caratteristiche genetiche

Sotto l’aspetto genetico il nebbiolo è, fra i vitigni, uno di quelli che si presenta con una popolazione fra le più eterogenee, originatasi per spontanee mutazioni genetiche che hanno creato una serie di cultivar: le principali, lampia, rosè, michet, bolla, nebbiolo Rossi, chiavennasca – ciuvenasca, ciuvenaschin (=rosè), ciuvenascon, intagliata (=michet), ecc., al punto che molti studiosi ritengono più corretto definire il nebbiolo come una convarietà. Il nebbiolo chiavennasca pur identificandosi per i suoi caratteri ampelografici nella convarietà nebbiolo è tuttora oggetto di studio per la sua particolare caratterizzazione genetica.
Esso infatti viene localmente considerata una varietà a tutti gli effetti, distinta ed autoctona a motivo della sua antica coltivazione e per la grande variabilità morfologica e fenotipica che si manifesta all’interno della sua popolazione.

Attitudini colturali

Fra le uve da vino conosciute certamente quella del nebbiolo, e quindi anche della chiavennasca, può considerarsi fra le più esigenti sia in pratiche colturali che in fatto di ambiente e clima. Dalla scheda ampelografica del nebbiolo desunta dal catalogo nazionale delle uve da vino emerge quanto il nebbiolo sia un vitigno di non facile gestione in campo. Se guardiamo l’equilibrio vegetoproduttivo è evidente che trattasi di una vite che richiede forme di allevamento mediamente espanse e molto ben equilibrate. Sul filare le piante devono trovare una potatura adeguatamente lunga (normalmente un guyot a 12-15 gemme) e dunque distanze comprese fra i 100 ei 120/130 cm. La distanza fra i filari deve essere tale da favorire una adeguata penetrazione della luce che, considerato anche il notevole sviluppo vegetativo del vitigno, deve sempre aggirarsi fra i 150/160 cm. Questa considerevole vigoria vegetativa porta, se si vuole avere qualità nel vino, a densità di impianto non elevate (fra i 3.800 e 4.000 ceppi/ha, che con cloni di migliore fertilità basale può arrivare sino a max 5.000 ceppi) ed inoltre ad una considerevole manovalanza nella gestione della potatura verde che deve assicurare una adeguata quantità di foglie attive ed una efficace penetrazione della luce insieme alla giusta esposizione dei grappoli. Se raffrontiamo inoltre le fasi fenologiche del nebbiolo con quelle di un altro vitigno a bacca rossa, come il merlot (rustico, di grande diffusione mondiale e anche capace di produrre vini importanti e generosi) balza evidente quanto maggiore sia l’impegno nella vigna del nebbiolo sia per tempo che in operazioni colturali. La vigna a nebbiolo, rispetto a molte altre varietà quali: barbera, merlot, cabernet, sangiovese, e altri..., richiede di fatto, oltre ad una maggiore e più puntuale gestione della vegetazione, anche dai 35 ai 40 giorni in più di lavorazione in campo.

Per attenuare in parte questo maggiore impegno colturale e anche migliorare la qualità da tempo è necessario un lavoro di selezione clonale e sanitaria che relativamente al nebbiolo chiavennasca si è concretizzato in tre cloni (12, 21 e 34) omologati dal Mipaaf nel gennaio del 2003.

Questi cloni presentano le seguenti peculiarità:

• sono esenti dalle più pericolose malattie virali;
• hanno uno stabile equilibrio vegeto-produttivo con produttività costante e qualitativa. Con la potatura si conserva un tralcio di 8-10 gemme con una produzione media di 2.2 kg per ceppo;
• hanno una migliore fertilità delle gemme basali, con una fertilità reale media delle prime tre gemme pari a 0.70 (tre volte in più della cultivar), ciò favorisce una potatura più corta e l’adozione della forma di allevamento a Guyot, invece dell’archetto valtellinese;
• hanno una migliore morfologia del grappolo e dell’acino e una migliore resistenza alla botrite.
• il grappolo si presenta di taglia media (peso 220-240 grammi), aspetto spargolo. Acino poco ingrossato (peso 1.65-1.85 grammi) con buccia omogeneamente colorata e consistente.

Il nebbiolo pur suscitando un notevole interesse di molti fra i viticoltori produttori di vino di qualità, in quanto padre di vini storicamente molto famosi, ha nel mondo una diffusione alquanto limitata perché la sua coltivazione resta condizionata, oltre che dalle difficoltà colturali genetiche, ancora di più per le sue particolari esigenze ambientali e climatiche. La sua diffusione nel mondo si concentra principalmente in aree con clima sub-continentale riconducibile appunto a quello prealpino o alpino settentrionale, dove il nebbiolo ha l’aerea di maggiore presenza e di origine. C’è in questa limitazione anche un fattore enologico significativo, in quanto la migliore concentrazione polifenolica (in particolare dei tannini, sia per qualità che per quantità) nella buccia e nei vinaccioli del nebbiolo la ritroviamo per l’appunto la dove il completamento della maturazione dell’uva è accompagnato, oltre che da elevata luminosità, da escursione termica elevata con temperatura notturna finale anche vicino allo zero (+3 /+5°). Basta pensare in proposito alla differenza di complessità fra le vendemmie ad andamento climatico “caldo” (2003) e quelle più fredde (2002, 2005). In climi più caldi il nebbiolo si esprime con vini magari anche più strutturati ma meno complessi e meno variegati e dunque più semplici e carenti in finezza ed eleganza che sono in sostanza i caratteri di maggiore apprezzamento per i vini figli di questo nostro vitigno. La diffusione del vitigno nebbiolo a livello globale, con una superficie complessiva di 5325 ha, risulta quanto mai limitata. Questa situazione è certo da attribuirsi alla scarsa capacità di adattamento del vitigno al di fuori dei territori storici di coltivazione oltre alle difficoltà che si incontrano durante la vinificazione e l’affinamento del vino.
Al di fuori dal territorio italiano, il nebbiolo risulta coltivato con superfici significative, in 10 Paesi; di questi , quelli europei hanno un ruolo marginale. Rivestono un certo interesse le superfici coltivate in Argentina, negli Stati Uniti, in Messico e in Australia.

NEL MONDO

Europa:

  • Austria - 2.00 ha
  • Svizzera - 3.00 ha
  • Germania - 2.00 ha

    Americhe
  • Stati Uniti (California, Idaho, Mexico, Oregon, Pennsylvania Tennessee, Virginia, Washington) - 160.00 ha
  • Messico (Valle de Guadalupe) - 100.00 ha
  • Argentina ( Mendoza, San Juan, Catamarca) - 206.00 ha
  • Cile (Maule, Valparaiso) - 9.00 ha

    Oceania
  • Australia (New South Wales, South Australia, Tamania, Victoria, Western Australia) - 120.00 ha
  • Nuova Zelanda (Auckland, Hawke’s Bay) - 10.00 ha

    Sudafrica - 15.00 ha

    Superficie totale - 627.00 ha

    Di fatto la coltivazione del nebbiolo si concentra principalmente nel Nord- Ovest dell’Italia, in particolare nelle regioni Lombardia, Valle d’Aosta, Piemonte e Sardegna con una superficie totale di 4698 ha. Si tratta a tutti gli effetti di un vitigno autoctono, strettamente legato all’ambiente alpino: il suo luogo di origine. In Valle d’Aosta, il nebbiolo denominato Picotendro, ha trovato il suo aerale di coltivazione nella porzione meridionale della valle per una superficie complessiva di 25.59 ettari, dove si producono i vini:



    Sardegna
  • Colli del Limbara Igt Nebbiolo - 2.00 ha

    Superficie totale 2.00 ha

    VALLE D’AOSTA
  • Arnad-Montjovet DOC - 5.06 ha
  • Donnas DOC - 20.53 ha

  • Superficie totale 25.59 ha

    Dati vendemmia 2004

    In Piemonte il nebbiolo viene coltivato nelle province di Novara, Vercelli, Biella, Torino e Asti e assai più diffusamente, nella provincia di Cuneo nelle Langhe e nel Roero dove sono coltivati 3374 ettari.

    PIEMONTE (Province di Novara , Vercelli , Biela , Torino e Asti)
  •  

  • Gattinara DOCG - 102.84 ha
  • Ghemme DOCG - 65.08 ha
  • Fara DOC - 19.28 ha
  • Boca DOC - 10.98 ha
  • Sizzano DOC - 13.11 ha
  • Colline Novaresi DOC Nebbiolo - 52.31 ha
  • Bramaterra DOC - 30.20 ha
  • Lessona DOC - 9.37 ha
  • Carema DOC - 16.05 ha
  • Canavese DOC Nebbiolo - 7.60 ha
  • Albugnano DOC - 11.47 ha

    Superficie totale - 338.29 ha

    LANGHE e ROERO - (Provincia di Cuneo)
  • Barbaresco DOCG - 680.14 ha
  • Barolo DOCG - 1714.62 ha
  • Roero DOCG - 186.50 ha
  • Nebbiolo d’Alba DOC - 685.94 ha
  • Langhe DOC Nebbiolo - 107.48 ha

    Superficie totale - 3374.68 ha

    Dati vendemmia 2004

    In Lombardia la coltivazione è concentrata in Valtellina, nella provincia di Sondrio, con una superficie complessiva di 908.03 ettari dove il vitigno viene denominato chiavennasca e si producono i seguenti vini:
  • Lombardia (Provincia di Sondrio)

  • Valtellina superiore DOCG - 224.39 ha
  • Valtellina Superiore DOCG Grumello - 78.18 ha
  • Valtellina Superiore DOCG Inferno - 56.14 ha
  • Valtellina Superiore DOCG Maroggia - 3.88 ha
  • Valtellina Superiore DOCG Sassella - 129.57 ha
  • Valtellina Superiore DOCG Vagella - 129.57 ha
  • Sforzato di Valtellina DOCG - 56.43 ha
  • Rosso di Valtellina DOC - 229.87 ha

    Superficie totale - 908.03 ha

    Dati vendemmia 2004

    In questo grafico rappresentativo della ricerca della dottoressa Anna Schneider vengono indicati i “genitori“ del nebbiolo. Ben 6 su 10 sono vitigni autoctoni originari della Valtellina



    Caratteri enologici e sensoriali

    Anche dal punto di vista enologico il “nebbiolo” si classifica fra i più difficili e capricciosi vitigni da vinificare.

    E’ ormai acquisito che la concentrazione degli antociani e dei tannini, e la localizzazione dei tannini in bucce e semi, variano in maniera sostanziale fra i vari vitigni con conseguenze fondamentali per la loro estrazione e successiva stabilizzazione. Da questo punto di vista il nebbiolo è un vitigno che è caratterizzato da un accumulo di antociani piuttosto contenuto e da una ricchezza di tannini, prevalentemente dei vinaccioli, la cui struttura chimica apporta note gustative astringenti che non condizionano negativamente la qualità finale del vino ma che richiedono un più lungo affinamento. A questo proposito vale la pena ricordare un parere autorevole riportato da Edwuard Steinberg (Sorì S. Lorenzo 1996): “ se volete che il Barbaresco vi piaccia dovete amare il tannino ”. Se, per prima cosa, prendiamo in esame l’aspetto cromatico dei vini del “nebbiolo” è molto improbabile osservare colori estremamente intensi. Ciò è dovuto alla presenza nelle bucce del nebbiolo di una prevalenza di antociani monomeri che per la loro struttura sono facilmente ossidabili e quindi tendono con grande facilità a precipitare già durante le prime fasi di pigiatura dell’uva. La stabilizzazione e preservazione dell’aspetto cromatico arriva solo dopo la combinazione di questa famiglia di antociani con i tannini, i quali però si concentrano in buona parte nei vinaccioli e verranno estratti solo successivamente durante la macerazione, allorché ci sia una adeguata presenza di alcol. Ne deriva che i vini del nebbiolo non tendono mai a note cromatiche violette e a basse trasparenze: molto più facile ritrovare, nei vini giovani, un rosso rubino di media intensità che poi tende al granato con l’invecchiamento e anche a sfumature rosso mattone. Anche le sensazioni aromatico-olfattive dei vini del nebbiolo non sono mai prepotenti.
    A seconda delle aree di origine, in funzione della diversa natura dei terreni ma soprattutto per le diversità microclimatiche conseguenti anche alle variabili stagionali, evidenzia insieme alla quasi costante presenza di un delicato profumo floreale (la violetta di bosco) anche una serie di sensazioni di frutta che vanno dalla ciliegia, al lampone, la prugna, la mora e anche qualche volta le spezie (pepe bianco e rosa); fino ad arrivare dopo affinamento al goudron, al fungo, all’affumicato e al tartufo e se lungamente invecchiato anche con note resinose e balsamiche.
    Per queste sue espressioni eleganti e discrete resta una tipologia di vino nel quale gli apporti aromatici derivanti dall’affinamento in legno devono essere molto graduati e mai soverchianti alla delicata finezza olfattiva varietale.
    Al gusto si presenta in gioventù con tannini ruvidi e tuttavia non amari. Appare sempre caratterizzato da una piacevole freschezza alla quale non corrisponde un valore elevato in acidità fissa, bensì un corpo elegante e fine sostenuto da una buona sapidità e da una invitante beva, in specie se accompagnato a cibi con proteine animali. Con adeguato, più o meno lungo, invecchiamento regala aromi terziari molto complessi ed infinitamente variabili ed eleganti. E’ l’aspetto più affascinante di questo vino, che mai appare piatto, monocorde e prepotente: al contrario evidenzia una grande complessità retro-olfattiva non invadente ma estremamente elegante. Il lungo e lunghissimo affinamento in bottiglia, anche 20 anni con temperatura fresca e costante, consente alle tipologie più eleganti e raffinate di esprimere anche sentori resinosi e balsamici con ampio spettro ed impatto olfattivo.
    Questi caratteri generali sono molto variabili e condizionati, più ancora che dalla natura dei terreni, dalle situazioni microclimatiche (temperatura, luminosità, escursione termica) dell’area di produzione. Recenti indagini sulla struttura polifenolica delle uve di nebbiolo confermano in pieno questa variabilità, tanto è che la vinificazione ottimale di questo vitigno non può seguire schemi prefissati ma dovrà essere flessibile per adattarsi alle diverse condizioni ambientali e stagionali.

    Le sottozone della Valtellina

    E’ in questa particolarità e sensibilità del nebbiolo- chiavennasca che in Valtellina trova la ragione di essere la suddivisione della denominazione nelle varie sottozone. L’andamento geografico longitudinale della Valtellina, in particolare nella parte mediana ove si sviluppa la viticoltura, crea di fatto differenze microclimatiche nelle aree di produzione: differenze che poi vanno ad incidere sui caratteri sensoriali, soprattutto quelli olfattivi, dei vini prodotti. ’ conosciuto ad esempio che la piovosità è minore sulla sponda retica rispetto a quella orobica e, sulla sponda retica risalendo da ovest ad est, le precipitazioni tendono a diminuire. Inoltre nel periodo giugno-ottobre le somme termiche in vigna sono differenti fra le varie sottozone. Sassella e Inferno danno somme termiche mediamente più alte rispetto alle altre tre sottozone del superore. Però la Sassella ha meno escursione termica in settembre, ma gode di un’angolatura di incidenza solare più perpendicolare.
    Anche il Grumello classico ha una buona incidenza solare, ma con minore roccia affiorante e un leggero minore riverbero rispetto a Sassella e Inferno. Nella Valgella abbiamo a fianco di minori precipitazioni, terreni più profondi e un’angolatura di incidenza solare meno diretta.


    I principali descrittori sensoriali
  • SASSELLA: rosa appassita, lampone
  • GRUMELLO: nocciola sgusciata, fragola
  • INFERNO: violetta, prugna matura
  • VALGELLA: mandorla, leggera pepatura
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