Il negoziante di emozioni

Il negoziante di emozioni

Degustando
di Ivano Antonini
29 febbraio 2012

Lui è lì. In piedi, solido e robusto come il più classico dei suoi vini. Mi fronteggiava con piglio autorevole, lo sguardo del perfetto uomo di Langa: austero e penetrante, profondo. Gli avvicini il bicchiere e lui afferra la bottiglia con un gesto deciso, la sicurezza d’un uomo orgoglioso di quanto ha fatto per la sua terra e compiaciuto della preziosità del vino che sta versando.

Tratto da Viniplus di Lombardia N°2 - Marzo 2012

Bruno GiacosaBasta notare le sue mani. Le rughe scavate disegnano un percorso perfetto che si intreccia con le vene in evidenza. Mani che hanno lavorato la terra, che conoscono la terra. Una volta che il prezioso nettare ha raggiunto il calice, decorandolo e arricchendolo di maestosi profumi, ti lasci trasportare da quel turbinio di aromi, sapori, sensazioni che ti rapiscono in un’altra dimensione, finché una voce imperiosa ti riporta sul pianeta Terra chiedendoti: “Allora? Come lo trovi?”. È avvenuto così il mio primo incontro con Bruno Giacosa, nelle grandi sale del Kursaal di Merano, durante un Wine Festival di molti anni fa. Non saprei quanto tempo sia trascorso da allora, sembra passato un secolo, ricordo lo stupore nell’accorgermi che il grande Bruno Giacosa stava chiedendo un parere a un pivello come me, un sommelier dalla spilletta ancora luccicante, che aveva da poco chiuso il quadernino del terzo livello e imparato l’ABC degli aromi solo il giorno prima. L’emozione era immensa. È bastato un accenno di sorriso per capire come mai sia considerato il “Maestro”. Quella domanda celava la grande umiltà di un uomo di poche parole, “il Bruno”, taciturno e discreto, sempre pronto ad ascoltare il giudizio degli altri. E quando Giacosa attende una risposta, nei suoi occhi emerge quella inesauribile, scintillante ricchezza che solo un grande conoscitore di vino possiede; dietro gli occhiali, quasi fossero tracciati nei colori dell’iride, appaiono i filari di un Asili o di un Falletto – per intenderci – grevi di grappoli che maturano al sole e ti fanno respirare l’aria di queste terre.

Bruno Giacosa - ViniUna conoscenza ereditata dal padre, ma perfezionata e coltivata da lui stesso, con il passare degli anni e il maturare delle vendemmie, che ha ben pochi eguali fra tanti colleghi. Chiedeva molto ai contadini, pretendeva sempre il massimo, ma la perfezione innanzi tutto a se stesso. E ai suoi vini. Ancora oggi è lui a mettere l’ultima parola sull’operato dei collaboratori, sia quando decide di non uscire con l’annata 2006 per Barolo e Barbaresco, sia quando coglie le potenzialità di una probabile etichetta rossa di fronte alle uve dell’ultima vendemmia. La forza di volontà e la lucidità del suo palato sono uniche. All’inizio mediatore per Fontanafredda, trova poi una più consona collocazione in quel di Neive. Bruno Giacosa, il Negoziante di uve per eccellenza, sapeva che per fare grandi vini le uve dovevano provenire da Rabajà, dall’Albesani per il suo Santo Stefano, oppure dalla Rionda. Così partì la “maison de negoce”, e quando ebbe la possibilità di comprare nel Falletto e negli Asili, nacque l’Azienda Agricola Falletto, dove si imbottigliano solo vini da uve proprie. E da dove si ricavano le mitiche Etichette Rosse. Questi due cru sono i protagonisti della nostra degustazione. Un percorso fatto sul filo dei colori, degli aromi, dei sapori. Delle emozioni. Un percorso, deciso con Dante Scaglione e coadiuvato da Francesco Versio, giovane e appassionato enologo, che vede per prima la sequenza di vini da “annate calde”, come il 2007, il 2003 e il 2000 e successivamente quelle “classiche”, come il 2004 e il 2001.

Barbaresco Riserva Asili Etichetta Rossa 2007 - in anteprimaBarbaresco Riserva Asili Etichetta Rossa 2007 - in anteprima

È sempre difficile bussare alla porta di chi non vuole essere disturbato, di un vino che vestirà la prestigiosa etichetta rossa, col merito di nascere nella vigna prediletta da Bruno. Incuranti del cartello “lavori in corso”, affondiamo il cavatappi, suscitando la reazione improvvisa, tesa e corrucciata, di chi è stato buttato giù dal letto di sobbalzo. Il colore vira verso un rubino vivo ma un po’ opaco nelle sfumature. Avrà modo solo col tempo di indossare quel suo bel vestito a festa, scintillante. La buona profondità della materia racconta un’estrazione cromatica delle uve che hanno visto un’estate molto vicina a quella del 2003, mitigata nei fervori da alcune piogge. Frutto dal dettaglio abbastanza atipico, molto centrato sulla croccantezza, quasi mordente, di sentori che richiamano il ribes e la fragola. Il bagaglio speziato è tutto in divenire. Ciò lo rende in qualche modo incompleto, e ci saremmo meravigliati del contrario. Il palato è rigido, come una scatola che senti rotolare giù dalle scale con un tonfo sordo e spigoloso. Il calore è però ben presente ad alleviare le asperità del tannino e l’acidità affilata. Tuttavia, la raffinatezza dell’insieme osanna una personalità che arriva dal profondo del terreno e lascia ben presagire per un futuro che andrà molto lontano.

Barolo Le Rocche del Falletto Etichetta Bianca 2003Barolo Le Rocche del Falletto Etichetta Bianca 2003

Una delle estati più calde degli ultimi anni, lunghissima, senza quell’escursione termica che avrebbe conferito una sferzata di vitalità all’opulenza dei vini e un pizzico di incisività in più. Tuttavia, la vendemmia nel Falletto è stata effettuata il 25 settembre, relativamente tardi considerando l’annata, e non c’è da meravigliarsi se a Serralunga d’Alba, sede del prestigioso cru, si siano registrati i migliori Barolo in quell’anno. Il colore risente delle angustie del millesimo. Nella sua veste aranciata, opaca e profonda, la lettura del vino è abbastanza insolita. Il profilo olfattivo è ad ogni modo di grande impatto e pulizia. Dolce e caldo nelle tonalità aromatiche, lascia spazio a un corredo speziato preciso e netto, senza scivolare in quelle sfumature di evoluzione e caramello del ’97, altra annata ricordata per le sue esuberanze caloriche. La bocca scorre via sui medesimi toni, opulenta, densa, ma con quella freschezza acido sapida che non rende zoppicante l’insieme. La trama tannica è meno fine di altre versioni, ma trasmette la stessa energia del terroir di origine. Un vino da goderne appieno. Adesso.

Barolo Riserva Le Rocche del Falletto Etichetta Rossa 2000 Barolo Riserva Le Rocche del Falletto Etichetta Rossa 2000

Annata abbastanza controversa. Vorrei che, per un istante, ci si dimenticasse della superficialità con cui gli Americani hanno affidato i prestigiosi 100/100 a questa annata del Barolo! Bella di sicuro, ma a mio avviso non superiore ad altre come la 1999 o la 2001. Il Nebbiolo non dà nulla per scontato. Mai. Al culmine di millesimi come questo, tra i più difficili da gestire, si capisce la grandezza dei fuoriclasse. Motivo in più se si è deciso fin dal principio di riservargli il miglior vestito a disposizione. Il rosso dona alla perfezione a questo vino, e ben pochi modelli possono sfilare con pari charme sulla passerella della comparazione. La statura e la nobiltà sono sotto gli occhi di tutti. Anche un bambino gli riconoscerebbe la meritata grandezza, se potesse annusarlo. Già, perché è un’entità immediata, gustosa, succosa. Dà appagamento la lentezza del tempo necessario per giungere a questi risultati, così diversi dalla concentrazione, dalla rapidità e dalla solerzia che certi enologi conseguono in minor tempo, ma senza ottenere tale personalità, che esalta la mineralità della pietra focaia e la territorialità, come piace a Bruno.

Barbaresco Riserva Asili Etichetta Rossa 2004 Barbaresco Riserva Asili Etichetta Rossa 2004

Scaglione non ha dubbi nel dichiarare che, dal suo ingresso in azienda nel 1992, escluso il suo “periodo di pausa”, nel 2004 ha visto l’uva più bella in assoluto. Il vino è solo una logica conseguenza. Maestoso. O almeno lo diventerà con il tempo. Ha ragione Giacosa ad avere una predilezione per questa vigna. La mineralità, la generosità aromatica, il suo mostrarsi con una freschezza balsamica vanno di pari passo con lo stile aziendale. Ti vien voglia di tuffarti dentro e inebriarti fino alla perdizione. Entri in un’altra dimensione, quella della classicità, e comprendi il significato del termine “classico”. Il suo risvegliarsi al contatto con l’ossigeno è lento, ma perentorio nella progressione; le note di violetta, la visciola e il lampone rappresentano il primo gradino di una interminabile scalinata verso lo zenit. Solo se siete propensi a intraprendere un lungo cammino, questo Asili vi prenderà a braccetto e vi farà scoprire tutto di lui, passando dalle note speziate più piccanti, come il pepe bianco, a quelle più dolci ed esotiche di tabacco e coriandolo. Il percorso più impervio e tortuoso è quello che attraversa il palato, con l’asperità di un tannino minuto ma ancora da fondere, la pungenza dell’acidità e il saliscendi della sapidità. Il premio finale sarà scorgere all’orizzonte un’articolazione di sfumature retro-olfattive dotate di tale grazia e attrattiva da compensare i vostri sforzi. E vi inviteranno a un altro bicchiere.

Barbaresco Asili Etichetta Bianca 2001 Barbaresco Asili Etichetta Bianca 2001

Sono passati dieci anni, ma ancora oggi, nell’assaggiarlo, mi domando: “Perché?”. Perché, data una tale ricchezza, complessità e articolazione, non si è deciso sin dall’inizio di riservargli il privilegio di vestire la celeberrima Etichetta Rossa? Siamo rispettosi della suggestività del Rabajà, altro cru di Barbaresco di Giacosa, con l’onore di divenire La Riserva in quell’annata, ma dopo l’ennesimo assaggio dell’Asili troviamo che quell’etichetta bianca lo svilisca, a torto, come se gli mancasse un quid, l’Etichetta Rossa appunto, per essere perfetto. Naso di quelli che ti fanno innamorare di questo vitigno. Un rapporto passionale che non deve essere di quelli frivoli, sfuggenti o capricciosi. No, il legame con il Nebbiolo è da coltivare lentamente, deve essere prolungato. Di fronte a vini come questo, non importa se la valutazione finale raggiunga i 96 o i 100 centesimi, ma che la fantasia sia stata sollecitata e il veicolo di aromi e profumi sia la scusa per arrivare a fondo dell’argomento. All’ultima pagina del libro. Descrittori come mora di rovo, amarena, peonia, menta o tabacco sono solo i precursori di un’articolazione ben più profonda, che continua al gusto, quando lo vedi scorrere con quella pienezza, l’avvolgenza, la teatralità di elementi come mineralità e sapidità che stimolano e volgono alla chiusura all’insegna dell’eleganza. L’aspetto malinconico è lì dietro l’angolo, quando raggiungi la fine della bottiglia. E torni alla vita normale...

Barolo Riserva Le Rocche del Falletto Etichetta Rossa 2001 Barolo Riserva Le Rocche del Falletto Etichetta Rossa 2001

Abbiamo discusso lungamente con Dante Scaglione su finezza, eleganza e raffinatezza nei vini. Alla fine abbiamo convenuto che la finezza può essere raggiunta attraverso la pulizia e l’articolazione aromatica, indipendentemente dal vitigno o dalla zona, mentre l’eleganza si consegue quando s’instaura un radioso e magnifico rapporto tra vitigno e vigna. La raffinatezza, quella no, può essere conquistata da pochi, e coincide con una serie di numerosi fattori, non ultimo la grandezza dell’annata. La mano del Maestro è più che mai fondamentale, e quelle sue mani rugose e screpolate hanno una sensibilità a trattare le uve che nemmeno Mago Merlino con la sua bacchetta magica riuscirebbe a superare. Mi viene spontaneo dedurre che la maestosità di un vino ha qualcosa di magico, perché le sue sfumature vanno oltre la percettibilità dei nostri sensi. Qui si va dritti al cuore. Come una freccia scagliata da Cupido. Per arrivare a questo risultato è stato fondamentale un andamento climatico perfetto e madre natura ci ha messo molto del suo. Lo senti a livello aromatico, con una stratificazione dei profumi di grande variabilità, da quel frutto così ricco, polposo, cangiante, raffinato, fino a perdersi nei meandri del corredo aromatico di gran classe. Il tutto rinfrescato da una balsamicità e una mineralità rilevanti. La bocca è austera, possente, rigorosa, ma è la sua distensione a essere soave e leggiadra, nonostante un tannino graffiante e mordente. La classe, la personalità e il carattere di questo vino sono scritti tutti nei titoli di coda. A caratteri cubitali.

Purtroppo siamo giunti al termine del viaggio. Sono degustazioni che non si ha la fortuna di apprezzare tutti i giorni. Ma quando capita l’occasione, è molto più intensa la brillantezza negli occhi che la fedeltà delle parole scaturite dalla penna, in un’umile traduzione di quanto i sensi riescono a recepire. È difficile parafrasare le suggestioni scaturite da questi vini. Soprattutto quando portano la firma di Bruno Giacosa. Il Maestro. Il Negoziante di emozioni.

Bruno Giacosa - I vini della degustazione

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I commenti dei lettori

Daniele De Lucia
13 marzo 2012 - 11 41
Daniele De Lucia

Stupendo