La zuppa alla pavese

La zuppa alla pavese

Degustando
di Davide Oltolini
01 maggio 2007

Un piatto presente in numerosi ricettari ma spesso poco valorizzato. Anticamente apprezzato alla corte dei re di Francia.

Cade quest'anno il 482° anniversario della famosa Battaglia di Pavia, combattuta
tra l'esercito dell'imperatore Carlo V d'Asburgo e quello del Re di Francia Francesco primo, che guidava personalmente le proprie truppe. Il notissimo evento bellico, estremamente conosciuto e studiato all'estero, contrariamente a quanto accade nel nostro paese, ha letteralmente sconvolto l'equilibrio dell'Europa del XVI secolo. Lo scontro iniziò con un attacco a sorpresa degli imperiali attraverso alcune brecce create nottetempo nel muro del Parco Visconteo, situato sugli stessi terreni dove oggi si trova il bel parco della Vernavola (ormai irrimediabilmente ferito dalla recente costruzione della tangenziale). Dove un tempo si affrontarono la cavalleria francese e quella imperiale ora corrono i bimbi e passeggiano gli anziani, ma soffermandosi in questi luoghi, colmi di riferimenti storici (il castello di Mirabello, le cascine, il mulino etc.) sembra ancora di sentir riecheggiare le grida dei lanzichenecchi e le urla dei feriti unite al fuoco degli archibugi ed al fragore causato dall'urto delle spade. I combattimenti terminarono con la morte di poco meno di ben 10.000 uomini e con l'incredibile cattura del sovrano francese, un evento quest'ultimo davvero straordinario.
Certamente una disfatta di proporzioni enormi, soprattutto considerando che il tutto si consumò in meno di 2 ore, un lasso di tempo di particolare esiguità. La Battaglia di Pavia si profila, quindi, come uno snodo decisivo nella storia europea per le sue conseguenze sugli equilibri politici del continente, ma anche una tappa fondamentale nella storia militare a causa del risolutivo contributo delle armi da fuoco contro la cavalleria, nonchè un evento assolutamente straordinario per la cattura di un sovrano da parte di milizie nemiche, ma anche una pietra miliare nella storia della gastronomia italiana.
Durante la Battaglia nasce, infatti, in circostanze particolarissime, la “Zuppa alla pavese” un piatto, attualmente noto a livello internazionale.
Quando le sorti della battaglia volsero al peggio, infatti, il Re di Francia tentò la fuga
ma venne fermato dagli imperiali in prossimità del muro divisorio del Parco, dove si trovava la cascina Repentita (anche il nome, incredibilmente profetico, di questo insediamento rurale del parco per la conduzione delle coltivazioni, è un altro degli aspetti molto particolari della vicenda). Francesco I venne trattenuto entro la cascina per alcune ore (una lapide murata in facciata ricorda l'evento) prima di essere condotto prigioniero a Madrid. La tradizione vuole che alla Repentita una contadina, con i pochi alimenti a propria disposizione, creò la famosa “Zuppa alla pavese” al fi ne di sfamare lo stanco, sconfi tto ed avvilito Re. Una volta tornato in Francia dopo essere stato riscattato dalla prigionia, Francesco I richiederà spesso ai propri cuochi di corte di replicare la preparazione di quella che era stata la sua unica consolazione nel giorno della disfatta: la “Soupe à la pavoise”. Una sorta di primo riconoscimento storico da parte francese (tra l'altro al più alto livello, ovvero quello della Corte), dell'estro italiano in cucina. Ma questo piatto presente in diversi famosi ricettari e spesso, purtroppo, non correttamente valorizzato dai ristoratori della propria terra natale, rappresenta una creazione gastronomica vera e propria o un'invenzione letteraria? Ovviamente ci piace pensare che la prima sia l'ipotesi corretta, anche perchè siamo da sempre degli appassionati di quei lontani eventi del 1525, di cui abbiamo scritto già a partire dall'anno 2000. Permangono, tuttavia, forti dubbi sulla reale possibilità della contadina di trovare degli alimenti in luoghi al tempo così vicini agli accampamenti dei militari, dove le razzie dovevano essere frequentissime. La preparazione della zuppa è relativamente semplice: si friggono nel burro delle fette di pane (la contadina del XVI secolo potrebbe averle fatte rosolare nel lardo), si mettono in una scodella, si coprono con del formaggio grattugiato
e vi si rompono sopra due uova. Volendo si può aggiungere un pizzico di sale e di pepe. Al momento di servire vi si versa sopra del brodo bollente che ha la funzione da far rapprendere leggermente gli albumi.
Probabilmente alla Repentita non venne utilizzato un brodo di carne, bensì un brodo di borlande o “borragine”(Borrago officinalis come è defi nita scientifi camente), brodo che all'epoca era sempre pronto per la zuppa serale della famiglia dedita al lavoro dei campi. Un piatto, quello della Zuppa alla pavese, che l'ultranovantenne Aldo Sacchi, decano dei cuochi lombardi recentemente scomparso, ricordava di aver più volte preparato nei grandi Hotel e ristoranti milanesi, come il Savini, l'Excelsior Gallia, la Vecchia Centrale ed il Regina, per i giocatori di importanti squadre di calcio in trasferta, quali il grande Torino, la Juventus e la Roma, che lo apprezzavano in quanto energetico e digeribile.
Ma Sacchi ha proposto la famosa zuppa anche a Zurigo, Tripoli ed in importanti strutture alberghiere di località di villeggiatura italiane, quali Cortina e Forte dei Marmi e grande era il suo rimpianto per l'assenza di questa preparazione proprio dai menù dei ristoranti della sua provincia.
Per quanto riguarda l'abbinamento non sappiamo se a sua Maestà sia stata servita della
semplice acqua (che tra l'altro a quei tempi aveva spesso problemi di igiene) o se, visto
l'alto lignaggio del personaggio si sia cercato di reperire del vino. Nonostante la vicinanza
dell'Oltrepò pavese quest'ultimo sarà stato probabilmente ottenuto da viti coltivate in pianura, pratica ancora in uso, anche se rarissima, nel pavese, soprattutto in Lomellina, per alcune piccolissime produzioni familiari. Vista la non particolare struttura del piatto
potremmo provare l'accostamento con un vino bianco dai sentori sottili e penetranti di mela e caprifoglio, carezzevole, suadente e persistente come un Cortese o, in alternativa,
un vino che all'esame olfattivo si presenti delicato con note di mela golden, accenni di prugna e salvia, sapido, fresco e di buona persistenza come un piacevole Riesling
Oltrepò pavese.

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