I Fior d’Arancio del Conte

I Fior d’Arancio del Conte

L'aromatico italiano
di Massimo Zanichelli
06 marzo 2025

Differente da quello Bianco, il Moscato Giallo non è meno eclettico e ha un maggiore impatto aromatico. In uno dei suoi terroir d’elezione, i Colli Euganei, ha un’intera Docg dedicata. Nel panorama locale spiccano i vini del Conte Emo Capodilista.

Nel mondo variopinto del Moscato, quello Giallo, che si ritiene originario della Siria (da cui il nome Moscato Sirio), ha una carica aromatica più intensa rispetto al Bianco. Nei Colli Euganei – territorio incantevole quanto poco conosciuto della provincia padovana (parte sud-occidentale del capoluogo), caratterizzato da colline coniche soprannominate “monti” e, specie nella parte nord della denominazione, terreni di origine vulcanica – questo vitigno ha preso il nome di Fior d’Arancio e come tale è protagonista di una Denominazione di Origine Controllata e Garantita, staccata dalla più generica Doc e dedicata alle tipologie fermo, Spumante e Passito. Una panoramica sulle capacità e virtù di questo vitigno è offerta dall’impeccabile produzione del Conte Giordano Emo Capolista, nobile gentiluomo di campagna la cui famiglia, nata nel 1783 dall’unione tra i padovani Capodilista e i veneziani Emo, ha alle spalle una storia millenaria costellata da 22 generazioni. Il bacino produttivo è suddiviso tra La Montecchia, tenuta di raro incanto ubicata su un colle di Selvazzano Dentro, a nord del territorio, e il podere a Baone, nella parte sud della denominazione. 

Ci si allieta con il Piùchebello 2023 (da un antico nome della famiglia), felice unione del moscato giallo con quello bianco della Montecchia a gradazione alcolica moderata (11,5%) come l’aromaticità del vino, un soffuso intrico di salvia e altre erbe aromatiche a contatto con un palato succoso, fresco, poco terpenico e molto sapido, dritto e persistente. 

Ci si intrattiene con il Colli Euganei Fior d’Arancio Spumante Dolce, prodotto con il metodo Martinotti (autoclave), fragrante di zagara e mandarino, cremoso-schiumoso nella carbonica, di dolcezza temperata e godibile, dal finale piacevole e sfizioso.

Ci si addentra nell’empireo con l’Acinidoro 2018, le cui uve, provenienti dalla Montecchia, vengono fatte appassire fino a dicembre, mentre il vino fa poi fermentazione e maturazione in acciaio. Di colore arancio intenso e brillante, sfoggia un naso di scorza d’arancio, di nuance di mandarino, di buccia di kumquat, mentre il palato offre elementi mentolati, erbe aromatiche (rosmarino), acidità agrumata di pompelmo, scorza di limone e mandarino, zenzero e un lieve tannino finale che conferisce sapore e contrasto.

Ci si esalta con il Colli Euganei Fior d’Arancio Passito Donna Daria 2019 (il nome è un omaggio alla figlia del Conte Alberto da Baone, che durante il periodo medievale rilanciò la viticoltura euganea), le cui uve, fatte appassire fino a dicembre, provengono dal vigneto Monte Castello di Baone, dove il clima è più caldo e i terreni vulcanici di trachite e basalti si mescolano ad altri più sedimentari di natura marnoso-calcarea. Colore arancio intenso, denso, vivo. Profumi di agrume candito, sentori mediterranei assortiti e complessi (rosmarino e alloro, mirto ed elicriso), note di albicocca secca e sentori di fico. Palato denso, viscoso, con fittezza di sensazioni e input (zagara, arancio, bucce d’agrume, macchia mediterranea), profondo e avvolgente, permeante e contrastato, con finale di erbe aromatiche, di albicocche secche e un sorprendente senso salmastro che probabilmente arriva dalla macerazione (il tannino guarnisce e contrasta).

Si viene folgorati dal Cuore di Donna Daria, un vino che esce dagli schemi: è il frutto di un blend in parti uguali di 10 annate del Donna Daria – la quarta versione, sempre non millesimata (lotto 18322E), va dal 2005 al 2017 – conservate in damigiana con permanenza di un anno in anfora dopo l’assemblaggio e sei mesi di affinamento in bottiglia. Qui tutto diventa estremo: il colore è marrone scuro come quello di un Vin Santo; l’olfatto è trasfigurato: mallo di noce, carruba, fico secco, erbe aromatiche, note balsamiche e liquirizia, manco fossimo a Pantelleria; la bocca è opulenta, di voluttuosa viscosità, cremosissima e balsamica, di grande nitore e profondità, con note di fico secco, che ci sembra quasi di addentare, babà, zabaione, macchia mediterranea, elicriso. Chiusura imperiosa e incessante di caramello mou con accensione di eucalipto e nuvola di tannino.