Zibibbo calabrese

Zibibbo calabrese

L'aromatico italiano
di Massimo Zanichelli
22 luglio 2025

Conosciuto per i vini passiti, specie a Pantelleria, e più in generale in Sicilia, lo zibibbo ci sorprende con una brillante versione secca dalla costa tirrenica della Calabria.

Il moscato non conosce confini, anche nella varietà moscato d’Alessandria, più noto come zibibbo, celebre per il Passito di Pantelleria e per altri vini dolci (ma anche secchi) della Sicilia. Eppure questo vitigno non smette di stupire per le sue diramazioni impensabili. L’ultima in ordine di tempo che mi è capitato d’intercettare è stato all’ultima edizione di Piccolo è bello, manifestazione dedicata ai piccoli produttori etnei e siciliani che si è tenuta a Catania lo scorso fine giugno e che quest’anno aveva come ospite una cantina calabrese che produce uno Zibibbo secco assolutamente da conoscere. L’azienda agricola si chiama Sofi di Piale, si trova a Villa San Giovanni, provincia di Reggio Calabria, e il titolare è Mariano Giuseppe Sofi.  Il vino in questione si chiama Tint’Oro e il suo nome disegna uno scenario storico-territoriale che mi viene raccontato dallo stesso Mariano.

«“Tinto” in spagnolo è il vino rosso e l’altopiano del Tintorello (probabile spagnolismo) è stato per secoli vocato alla produzione di questo tipo di vino fino all’abbandono delle coltivazioni e all’incedere dei pascoli negli anni Ottanta. È una pianura cretosa poco fuori dall’abitato di Piale, piccolo quartiere collinare di Villa San Giovanni che si affaccia sullo stretto di Messina. Dal Settecento al Novecento sotto la sua terra si è estratta la calce: al centro del pianoro, tra il torrente Campanella e i terrazzi che scendono verso la marina, sono ancora visibili i ruderi delle due fornaci della calcara storica. La scommessa è stata piantare uva bianca aromatica su un terreno che ha preso il nome dal vino rosso che vi si è sempre prodotto: questa terra non ha mai conosciuto una barbatella che non producesse uva nera. Ecco perché il vino si chiama Tint’Oro».

Ed è una scommessa vinta: il 2024, raccolto nella prima metà di settembre e vinificato in acciaio con tre mesi sulle fecce fini, ha un colore paglierino intenso e brillante che è il perfetto preludio alla profusione aromatica di erbe, salvia, rosmarino, mirto, muschio, gelsomino che questo vino emette a getto continuo. L’accensione solare e balsamica si riflette anche al palato: sorso polposo-succoso, fresco-tonico, saporito, invitante, irresistibile, lunghissimo.