La Torta Paradiso

La Torta Paradiso

Non solo vino
di Andrea Grignaffini, Nicola Bonera
29 novembre 2024

Quintessenza di celestiale dolcezza, è la Torta Paradiso. Soffice consistenza dal profumo inconfondibile, questo dolce nasce dall’incontro di pochi ingredienti, semplici e genuini, lavorati secondo tecniche ben precise

Tratto da ViniPlus di Lombardia - N° 27 Novembre 2024

Leggenda narra che la prima Torta Paradiso venne sfornata a Pavia, creata dalle sapienti mani del pasticcere Enrico Vigoni proprietario dell’omonima Pasticceria fondata nel 1878 e tutt’ora in attività nel cuore della città lombarda. Fu il Marchese Cusani Visconti a commissionare al Vigoni una torta che restasse fresca e soffice per alcuni giorni; all’assaggio, la moglie del Marchese restò colpita dal suo gusto eccezionale al punto da paragonarla nientemeno che al paradiso. Il talentuoso pasticcere depositò la ricetta originale e oggi, a distanza di qualche secolo, essa si prepara ancora nella stessa identica maniera. Altre versioni attribuiscono invece la paternità del dolce a un frate erborista della Certosa di Pavia; i confratelli, estasiati, definirono quella torta paradisiaca e solo successivamente, il Vigoni, avrebbe avuto la fortuna di apprendere la ricetta dai monaci certosini codificandola nella versione che è arrivata ai giorni nostri. Burro, zucchero semolato e amidi (metà farina 00 e metà fecola di patate) in uguali proporzioni, uova intere, un pizzico di sale e per aromatizzare bacca di vaniglia e la buccia grattugiata di un limone non trattato: di questo si compone il divino dolce simbolo di Pavia, oggi incluso nella lista dei PAT, prodotti agroalimentari tradizionali, della Lombardia. Al burro a temperatura ambiente va aggiunto lo zucchero e gli aromi, l’impasto si monta incorporando più aria possibile fino ad ottenere una consistenza vellutata e spumosa che rende superflua l’aggiunta di lievito. Si uniscono le uova e poco a poco le farine, setacciate, e un pizzico di sale, avendo cura di non sgonfiare il composto. Dopo un passaggio di mezzora in forno, una volta raffreddato, il dolce si completa con un’abbondante spolverata di zucchero a velo. Regina dei dolci casalinghi, è approdata nel mondo della più fine arte pasticcera; oltre all’iconica Torta Paradiso della Pasticceria Vigoni, celebre è la versione del maestro Iginio Massari, dove il burro è chiarificato e intenso è l’aroma di vaniglia, oppure la rivisitazione del mastro pasticcere Salvatore de Riso, che l’arricchisce di un mix di scorzette di agrumi accentuando la freschezza del profilo aromatico.

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A evocare i ricordi e i semplici sapori di un tempo, accanto alla Paradiso, in una dolce quanto contraddittoria abbondanza di fonti che esclude qualsiasi certezza sulle diverse origini e sulle effettive differenze, ci sono altre leggendarie “torte da credenza” che devono ad un’analoga lista d’ingredienti manipolati a regola d’arte il segreto della loro squisitezza. La Sabbiosa, ad esempio, diffusa in tutta la Pianura Padana, dal Mantovano al Vicentino e fino al Rodigino, è un dolce le cui origini risalirebbero al XVIII secolo e sono tutt’ora contese da veneti e lombardi. La ricetta combina cinque ingredienti principali (farina, fecola, burro, uova e zucchero); la lavorazione dell’impasto e la cottura determinano, nell’archetipo ideale, l’impalpabile consistenza di una nuvola. Come quella della Sabbiosa prodotta dalla Forneria Manidi, premiata nel 2019 dall’Accademia della Cucina Italiana “prodotto di eccellenza del territorio”: specialità della nota pasticceria di Belgioioso, viene sfornata sin dal 1888 secondo una ricetta segreta tramandata di generazione in generazione messa a punto dal fondatore Luigi Manidi. Similmente, la buona riuscita della Torta Margherita, l’intramontabile “dolce delle feste” delle comunità rurali del Centro e Nord Italia di una volta e la cui invenzione si deve, secondo alcune teorie, a Pellegrino Artusi (che sembra ottenesse la sua leggerissima consistenza usando solo fecola di patate come amido), dipende da un meticoloso lavoro di montatura a frusta degli albumi. Si differenzia dalla stretta parente Paradiso per metodo di preparazione; mentre in quest’ultima si inizia unendo burro e zucchero, nella Torta Margherita si parte invece montando lo zucchero con le uova, cercando di incamerare quanta più aria possibile per un impasto ben gonfio. Anch’essa senza lievito, si serve con una generosa nevicata di zucchero a velo.

L'abbinamento di Nicola Bonera

Cado dalle nubi

Prendendo in prestito un titolo di successo della comicità irriverente, potremmo immaginarci immersi in queste nuvole voluttuose, fatte di impasti soffici e sbuffi di zuccheri, come trasportati dai venti. Queste torte di tradizione sono apparentemente semplici, con pochi ingredienti, ma il segreto sta tutto in come si montano gli impasti; se ben eseguiti al palato avviene quasi un miracolo, con un boccone voluminoso che in un istante si trasforma in un nonnulla, lasciandoci con il pensiero ossessivamente rivolto al successivo assaggio. La buona dose di burro fa da veicolo per le essenze di vaniglia e limone, facendo sì che il palato rimanga permeato di aromi. I vini dovranno essere di garbo, dal giusto piglio aromatico ma dalla struttura composta e lineare, mai coprente. Freschezza ed eventuale effervescenza aiuteranno a preservare l’aroma del dolce incorniciandolo in un quadro minimalista, in un susseguirsi di volumi differenti, più gonfi all’inizio e più rilassati verso la deglutizione. L’eleganza del vitigno moscato bianco, reso nobile dal terroir di comuni come Santo Stefano Belbo e Canelli, magari con qualche anno di evoluzione alle spalle per esaltarne la componente balsamica e vanigliata, è la soluzione d’obbligo per godere degli aromi burrosi e agrumati.

Non solo vino: anche un miscelato moderatamente alcolico con prodotti territoriali o autoprodotti potrebbe essere un buon accompagnamento, sfruttando quel pezzo di Mediterraneo incastonato tra le montagne che si chiama Lago di Garda.

Cocktail Garda: 30 ml di succo di limoni del Garda spremuti freschi, 25 ml di liquore ai fiori di sambuco, preparare in un calice da vino bianco capiente con abbondante ghiaccio tritato, colmare con 30 ml di cedrata e 30 ml di Lugana spumante brut.

Moscato d’Asti Docg L’Astralis – Mongioia, da uve moscato bianco che subiscono una lentissima parziale fermentazione con lieviti indigeni, affinato per due anni in bottiglia.

Moscato d’Asti Vigna Vecchia – Ca’ d’Gal, da uve moscato bianco, affinato per 5 anni in bottiglia in speciali casse colme di sabbia.