La Puglia in rosa

La Puglia in rosa

Degustando
di Alessandro Franceschini
04 ottobre 2010

Produrre un vino rosato è un’arte: un lavoro di cesello e di maniacale attenzione soprattutto in cantina durante le operazioni di vinificazione. Uno splendido gioiello sulle nostre tavole

Tratto da L'Arcante 14

Rosati di Puglia"Il rosato è una tipologia, non è un colore". E' severo, fermo, quasi lapidario Stefano Garofano quando ci spiega cosa sia per lui il rosato o quanto meno cosa dovrebbe essere, per consumatori, produttori e operatori della filiera uno dei vini portabandiera della viticultura pugliese. Nelle Puglie, in effetti sarebbe più corretto l'antico plurale vista la diversità culturale e sociale che si percepisce già con il solo sguardo attraversando questa regione stretta e lunga, il rosato ha lunghe tradizioni. Se vogliamo povere e contadine, in grado però, come spesso capita in questi casi, di rappresentare in modo convincente la viticultura di una regione ricca di diversità, complessità e contraddizioni. "Il rosato in teoria ha bisogno di grande attenzione e investimenti di qualità. Purtroppo, poi, sul mercato, è considerato una seconda scelta". Il figlio del grande Severino Garofano (fautore dei più grandi vini che probabilmente la Puglia abbia prodotto), che insieme al padre conduce oggi l'azienda Masseria Monaci a Copertino, punta l'indice su uno dei problemi che non solo il rosato pugliese, ma quello italiano, incontra sul mercato e sulla stampa di settore: uno scetticismo diffuso.

Di chi sia la colpa non è l'obbiettivo del nostro breve reportage, però è un fatto incontrovertibile che questa vera e propria categoria, che oltre alla Puglia ha tra i suoi grandi interpreti regioni come l'Abruzzo o l'areale del Lago di Garda piuttosto che del Lago di Caldaro, sia tuttora troppo spesso considerata una via di mezzo, un compromesso, più che una scelta ben precisa: a tavola, quando vogliamo abbinare un vino ad un piatto, in enoteca, quando dobbiamo acquistare una bottiglia da consumare a casa, raramente il rosato è una prima scelta. Lustri di commercializzazione di prodotti francamente molto distanti anche da una sufficiente correttezza formale e di esecuzione non hanno certo agevolato la diffusione di un'identità ben precisa ed affermata. Non possiamo poi dimenticare il recente tentativo europeo di voler consentire la produzione di rosato mescolando sapientemente bianco e rosso: una di quelle pittoresche, se non, semplicemente, folli proposte che avevano fatto inorridire chi ha sempre creduto in questa tipologia e confondere ancora di più i pensieri di chi ha sempre creduto con sospetto che questa pratica fosse ampiamente diffusa tra osti e ristoratori.

Le complessità del rosato

Produrre rosato è un arte: un lavoro di cesello e di maniacale attenzione soprattutto in cantina durante le operazioni di vinificazione. Giuseppe Pizzolante, enologo di realtà pugliesi come la Cantina Sociale di Copertino piuttosto che di Duca Carlo Guarini o Santi Dimitri, sottolinea come la nascita di questa tipologia abbia radici abbastanza antiche, legate soprattutto alla nascita della grande commercializzazione del vino pugliese all'estero durante l'800: "Con la tecnica del salasso dopo la vendemmia ottengo un mosto ricco di alcol e colore" - quello che appunto serviva da spedire nel nord Europa per colorare vini scarichi e trasparenti - "Lo scarto era un liquido rosato scarico che veniva bevuto in famiglia dai contadini".  

Vigneto di NegroamaroQuesta tecnica, tuttora praticata da molti produttori pugliesi, non è così semplice da gestire, specie se si punta alla qualità: la svinatura di un 20%-30% dalle vasche, in acciaio o in cemento (ne abbiamo viste, o meglio, riviste molte), che i contadini pugliesi chiamavano "lacrima", deve avvenire prima della fermentazione, cercando il più possibile di ottenere un liquido limpido e trasparente da travasare successivamente altrove per far partire la fermentazione. Ci devi credere: le aziende che abbiamo visitato, quelle che hanno sempre investito tempo e denaro in questa tipologia, vivono la contraddizione tra una cura meticolosa in cantina e la sciatta percezione del mercato non senza una punta di rabbia. Sentimento che in alcuni casi, in passato, si è tramutata in abbandono di questa tipologia, in altri in vestizione del rosato con abiti che non gli sono propri.

Oggi, per fortuna, un certo fermento nei confronti del rosato in generale e quindi, naturalmente, anche nei confronti di quello pugliese c'è e si vede: tralasciando l'exploit, sia in termini di vendite che di volumi delle versioni metodo classico e charmat degli anni scorsi (non tanto pugliesi quanto del nord d'Italia e soprattutto di Champagne), che però rispondono a logiche di mercato e di comunicazione completamente differenti dalle versioni ferme, una certa curiosità nei confronti di rosati di carattere e personalità è tornata a farsi sentire. Rimanendo in terra pugliese, verrebbe da dire: "non più solo Five Roses". Non che la produzione di rosati pugliesi abbia avuto sino ad ora solo questa pietra miliare come unico rappresentante: certamente no. Ma per molti quando si pensa ad un rosato degno di questo nome prodotto in questa regione è molto probabile che spunti nella memoria al primo posto questa icona pugliese. La storia ed il passato di questo vino hanno d'altronde radici ben profonde all'interno della stessa storia della viticultura italiana: fu il primo rosato ad essere imbottigliato poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Si utilizzò addirittura una bottiglia di birra, data la scarsità di vetro poco dopo il periodo bellico (una visita al museo della cantina Leone de Castris a Salice Salentino, oltre che vivamente consigliata, è anche un'occasione per vedere dal vivo qualche esemplare di quelle prime annate degli anni '40).

Le scelte agronomiche e di cantina

Negroamaro e malvasia nera di Lecce, ma a seconda delle zone di produzione e dei differenti disciplinari, anche montepulciano, sangiovese, bombino. Cambiano i terreni, nonché il clima e così se ci spostiamo dalla Daunia nel foggiano fino alle punte estreme ed assolate del Salento il rosato pugliese sa donare aromaticità alquanto distanti. Due partite si giocano al momento con una certa importanza: una in vigna e l'altra in cantina. Alberello o spalliera? E quindi: raccolta a mano o meccanizzazione? Qui i pareri non sono tutti uniformi. C'è una certa meccanizzazione nel Salento, ultimamente, ma solo se è presente la spalliera: "Con l'alberello non puoi meccanizzare, però è il sistema che maggiormente si autoalimenta e riequilibra naturalmente" ci dice ancora Stefano Garofano. Ma il problema non è solo l'abbandono o meno di un sistema di allevamento antico come l'alberello: l'età media di molti conferitori di uve è oramai molto alta ed il rischio del mancato ricambio generazionale, come ci sottolineano alcune importanti cantine sociali della Regione, sarà un problema da affrontare quanto prima.

In cantina, qui come altrove, è possibile trovare distese infinite di barriques come ancora tonneaux o botti grandi. Note firme dell'enologia moderna (da Cotarella a Chioccioli) o invece un'autarchia che lascia poco spazio a contaminazioni esterne alla regione. Nei rosati è difficile cercare di trovare caratteri uniformi: c'è chi punta all'estrema dolcezza, anche con residui zuccherini apertamente avvertibili, chi invece preferisce una visione più distesa, nervosa, che ha bisogno di tempo e mesi in bottiglia prima di essere equilibrata. Logiche diverse, per mercati diversi. Il cemento, che qui ha sempre trovato una delle sue patrie, da molti viene recuperato, da altri non è mai stato abbandonato, ma semplicemente modernizzato con la vetrificazione ed il controllo della temperatura.

Vecchie Bottiglie di leone de CastrisLa Comunicazione

Il rinascimento del rosato pugliese parte ovviamente anche dalla passione e testardaggine di chi poi il vino lo deve vendere, proporre e consigliare. Ed è sintomatico che una rassegna dal nome eloquente "Rosati in terra di Rosati", giunta alla XVII edizione e che quest'anno ha avuto al suo interno un programma fitto ed articolato di eventi, nasca proprio dal desiderio di due ristoratori al fine di far conoscere meglio, agli stessi pugliesi, questa tipologia. "E' una manifestazione che nasce senza soldi pubblici dall'idea di alcuni ristoratori pugliesi per coinvolgere i produttori di rosato. Abbiamo sempre pensato che il rosato potesse rappresentare l'arma per diffondere i vini di Puglia". Chi parla è Francesco Nacci, patron dello splendido Relais "La Fontanina" situato a metà strada tra Ceglie Messapica e Ostuni. Insieme al compianto Angelo Ricci (proprietario di quel vero tempio della gastronomia pugliese che porta tuttora il nome di "Al fornello da Ricci" ed è oggi condotto con talento dalla figlia) idearono questa manifestazione, oggi organizzata insieme dall'associazione Buona Puglia: una degustazione alla cieca che ha potato alla selezione di venti rosati (svoltasi durante l'ultima edizione del Vinitaly) e poi un tour in giro per le piazze, i ristoranti e le enoteche pugliesi per tutta l'estate.

La Degustazione

Attraverso la collaborazione di "Rosati in terra di Rosati", nasce il nostro wine tour in Puglia insieme ad un gruppo di giornalisti italiani ed esteri, coordinati da Franco Ziliani. Qui di seguito una selezione delle migliori etichette degustate alla cieca presso il Relais "La Fontanina" e presso le molte aziende visitate. 

Azienda Monaci - Girofle Salento IGT Rosato 2009 - Copertino (LC)

Vitigni: negroamaro

Nel 1995 Severino Garofano, irpino trapiantato in Puglia, dopo un'intera carriera presso altre aziende (la lunga direzione della Cantina Sociale di Copertino e le tante consulenze presso aziende che hanno realizzato tra i più grandi vini pugliesi di sempre) inizia quest'avventura nell'ex Masseria Mellone, con 30 ettari di cui 18 a vigneto. Il Girofle (chiodo di Garofano in francese) è un grande esempio di rosato pugliese, che non cede ad alcun compromesso: tocchi minerali, succo di mandarino e di prugna al naso, un centro bocca di sostanza e materia, grande freschezza ed un finale che ricorda la scorza di arancia e gli agrumi. Esemplare.

Copertinum - Spinello dei Falconi Salento IGT Rosato 2009 - Copertino (LC)

Vitigni: negroamaro e malvasia nera

La Cantina Sociale Cooperativa di Copertino nasce nel 1935 ed oggi ha circa 350 soci, potendo contare su circa 400 ettari vitati ad alberello. Vende quasi tutto il milione di bottiglie che produce all'estero (i paesi scandinavi sono da sempre un loro punto di riferimento). Il famigerato rapporto qualità/prezzo in tutti i vini prodotti dall'azienda è praticamente commovente. Lo Spinello dei Falconi è un rosato abbastanza scarico nel colore, ma didattico e beverino come pochi. Note minerali, floreali di rosa ed insieme un frutto di ciliegia ben calibrato e maturo. Deciso in bocca, attraverso freschezza ed equilibrio spinge alla beva senza indugio.

Michele Calò & Figli - Mjère Salento IGT Rosato 2009 - Tuglie (LC)

Vitigni: negroamaro e malvasia nera di Lecce

Siamo nella denominazione Alezio, anche se da quest'annata l'azienda esce come IGT. 14 ore senza pressione delle uve: con il peso i grappoli esplodono e quando il cappello di vinacce comincia a sollevarsi viene svinato quel 30% di contenuto dalle vasche di cemento che poi diventerà rosato. Ha ancora bisogno di bottiglia, specie in un annata come questa, non semplice da gestire: l'eleganza delle note di basilico e menta deve fare i conti anche con note verdi sin troppo accentuate che nascondono la componente fruttata presente, ma in secondo piano. Freschezza e sapidità sono il timbro di fabbrica presente anche questa volta, in grado di donare slancio e piacevolezza.

Agricole Vallone - Vigna Flaminio Rosato Brindisi DOC 2009 - Contrada Flaminio (BR)

Vitigni: negroamaro e montepulciano

Delle tre tenute di Agricole Vallone (Castelserranova e Iore le altre due), quella posizionata nell'agro brindisino a due passi dell'Adriatico produce vini inimitabili come il Gratticiaia ed il passito Passo delle Viscarde. E questo rosato non è da meno quanto a personalità: piccoli i frutti rossi di ribes, lampone e fragoline di bosco con note di menta, rosa e melone. Bocca equilibratissima, sapida, quasi salata, fresca e morbida insieme.

Masseria Li Veli - Rosato Salento IGT 2009 - Cellino San Marco (Br)

Vitigni: negroamaro

Dopo che gli Avignonesi hanno venduto la loro storica azienda in quel di Montepulciano, questo lembo di Salento è praticamente diventato la loro seconda patria. 33 gli ettari di proprietà, 22 dei quali allevati ad alberello con il sistema delle settonce di origine romana. Note aranciate nel colore così come nell'aromaticità che ricorda la scorza di agrumi insieme ad un frutto di ciliegia di discreta definizione.  C'è buona materia in bocca, un lieve tannino a tratti amarognolo, ma un'acidità rinfrescante e ben fatta.

Palamà - Metiusco Rosato Salento IGT 2009- Cutrufiano (LC)

Vitigni: negroamaro

Cosimo Palamà ha ereditato l'azienda dal padre ed a partire dalla fine degli anni '80 ha iniziato un'opera di modernizzazione e meccanizzazione dei vigneti e della cantina. Metiusco, dal greco "Io mi inebrio": certamente il timbro olfattivo non è di quelli che è facile dimenticarsi. Acceso, potente sia nel colore vivo e profondo così come nell'aromaticità giocata su note di ciliegie mature intense e potenti. Discreto l'impatto gustativo, dove non manca freschezza e persistenza.

PaoloLeo - Fuxia Rosato Salento IGT 2009 - San Donaci (BR)

Vitigni: negroamaro

Esuberante, già a partire dalla scelta dell'etichetta, con un frutto molto intenso ed a tratti sovraestratto è poi bilanciato da una trama di buona tessitura, con beva fragrante e discreta sapidità. Riposa per 5 mesi in acciao.

Tormaresca - Calafuria Rosato Salento IGT 2009 - San Pietro Venotico (BR)

Vitigni: negroamaro

Le uve provengono dalla tenuta Maìme di San Pietro Vernotico: qui gli Antinori hanno investito da tempo insieme alle tenute presenti nella zona di Castel del Monte. Il Calafuria rappresenta una versione di rosato ben costruita, con la componente fruttate semplice, dolce, di buona esecuzione. In bocca non manca freschezza ed un rientro giocato su note di scorza di arancia ed agrumi.

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