Quando un passito sfida le convenzioni

Quando un passito sfida le convenzioni

Abbinamenti
di Alessandro Franceschini
28 gennaio 2025

Quattro piatti dello chef Giuseppe Pastorino e altrettante annate del Marzemino passito della Cantina San Michele di Capriano del Colle. Un esperimento per provare a riscrivere qualche schema.

Dolce e salato insieme? Non è una novità, né all’interno delle preparazioni culinarie, né nell’abbinamento con il vino, sebbene spesso quest’ultimo connubio non venga approfondito e sperimentato quanto si potrebbe (e dovrebbe, se pensiamo all’emorragia di consumi dei vini dolci in Italia).

Sullultimo numero della rivista di AIS Lombardia (ViniPlus di Lombardia N° 28 - Novembre 2024), un esperto sommelier e docente come Gabriele Merlo, nell’articolo dal titolo “I sorprendenti contrasti tra dolce e salato” ha proprio analizzato questo versante della delicata arte del matrimonio tra cibo e vino, cercando di sfatare alcuni tabù e sottolineando come spesso “l’unione tra mondi che, solo apparentemente, sembra non possano mai andare d’accordo, può rivelare piacevoli e inaspettate sorprese”.

È questo il motivo per il quale un recente esperimento testato dalla Cantina San Michele di Capriano del Colle, piccola enclave vitivinicola lombarda che si arrampica sul Monte Netto in provincia di Brescia, l’abbiamo accolto con grande curiosità. 

Può un vino rosso dolce e passito riuscire a confrontarsi con un menu interamente salato, dall’antipasto al secondo, e senza la classica presenza di un dessert con il quale amabilmente abbinarsi senza troppe difficoltà?

Il vino

Il vino in questione si chiama semplicemente M. Ottenuto da uve Marzemino in purezza – dalle parti del Monte Netto è presente dal XVI secolo con la dominazione veneziana e sono presenti diversi biotipi – dopo la vendemmia viene lasciato appassire per 3/4 mesi, per poi fermentare in vasche di acciaio per circa 20 giorni. Segue una maturazione in tonneau e barrique per 6 mesi e infine un affinamento in bottiglia di almeno un anno. 

“Storicamente il marzemino dalla nostre parti non è mai stato vinificato in purezza, ma con merlot e barbera, ma dal 2011 è possibile vinificarlo anche da solo” ci spiega Mario Danesi, che conduce l’azienda dal 2011 insieme alla sorella Elena. Questo passito, che non esce sotto il cappello della locale denominazione, nasce nel 2009, sfruttando alcune caratteristiche che quest’uva si porta in dote: “Ha una buccia spessa, un grappolo spargolo e un’ottima acidità”. Da una vigna che ha raggiunto i 36 anni di vita e con rese basse intorno al 20%, San Michele ne ricava circa 2000 bottiglie all’anno: dal 2024 la decisione di mettere in commercio solo la versione ottenuta da una vasca perpetua dove, dal 2011, vengono unite più annate per cercare di ottenere un vino più equilibrato, elegante e che sappia coniugare insieme le peculiarità di ogni singolo millesimo.

Gli abbinamenti

Quattro piatti preparati dall’executive chef del ristorante l’Alchimia Giuseppe Pastorino (e presenti in carta), e altrettante bottiglie di M. Il risultato? Molto più convincente di quanto ci si potesse aspettare sulla carta e la dimostrazione di quanto i pregiudizi vadano lasciati da parte quando si vuole sperimentare con intelligenza.

Ci sono alcuni dettagli da rimodulare, che in questo caso fanno la differenza, considerando che ci si muove su un terreno minato dove ogni piccola sfumatura può far cadere il piatto della bilancia dell’equilibrio dalla parte del piatto o del vino molto facilmente.

La sensazione complessiva è che se un intero pranzo o cena fosse modulata su questi registri risulterebbe alla fine probabilmente ridondante e faticosa. L’inserimento di almeno uno di questi piatti in abbinamento all’M passito, all’interno di un menù con più varianti, renderebbe, invece, l’esperienza sicuramente molto accattivante e convincente. 

Insomma, l’espressione “vino da meditazione”, ben presente anche nella scheda aziendale di questo vino, è ancora naturalmente sensata, ma forse è il caso di aggiungere qualche variante ed eccezione alla regola generale.

M- S.A e Capasanta scottata, Pancetta di Suino Nero di Parma, vellutata di ceci e rosmarino

Il vino, prima edizione ottenuto dalla vasca perpetua e che in questo caso unisce quattro annate (2011, 2015, 2016 e 2020), è probabilmente il più delicato dei quattro e riesce a unire sia note più aggressive, minerali e ferrose, che classiche sfumature fruttate che ricordano i mirtilli in confettura. Al palato la trama tannica è pressoché assente, mentre non manca una discreta acidità e una pronunciata sapidità. Ed è proprio quest’ultima, ben presente anche nel piatto, sebbene intrappolata dal sorso dolce, nel finale a emergere con forza, “vincendo” la gara della persistenza nel finale. Molto interessante e centrato, invece, l’abbinamento con la vellutata di ceci, che rende il connubio molto più equilibrato del previsto.

M 2011 e Tortelli di Castelmagno e arancia con salsa mugnaia e salvia

Il vino ha un carattere decisamente speziato al naso, con le parti fruttate sempre ben pronunciate e mai sopra le righe. Con l’ossigenazione si arricchisce di sfumature di carrube, amaretto e lievi note di cacao e arancia candita, che trovano una qualche corrispondenza anche con il piatto. Nonostante questo è forse l’abbinamento più complicato anche se, potenzialmente e con qualche correzione, quello che potrebbe diventare tra i più interessanti. Già perché la salsa ben si sposa con il vino se avesse una dose maggiore di Castelmagno al suo interno ma, soprattutto, se l’arancia, che domina con la sua prorompente aromaticità, fosse meno preponderante. Idea giusta, ma da rimodulare.

M 2009 e Rombo poché, spuma di funghi, foie gras e limone salato

È l’abbinamento più convincente di questo esperimento. La prima annata in commercio di questo vino in questo momento ha un naso tutto incentrato su note di castagne, cioccolato e agrumi canditi, mentre al palato ha una dolcezza importante ma equilibrata, con meno freschezza e più avvolgenza rispetto alle altre in degustazione. Nel piatto la presenza del foie gras, come vuole d’altronde la tradizione, è quella di uno sparring partner perfetto per un connubio più facile da addomesticare rispetto alle altre preparazioni. Il rombo è quasi una comparsa in questo gioco di sapori molto pronunciati e di personalità, ma l'abbinamento è di bella fattura complessiva.

M 2015 e Pollo latte e miele dell’Azienda Agricola Scudellaro, crema di carote e curry

Anche in questo caso un millesimo che ha una sua pronunciata personalità e rende il vino molto originale, con note di torrefazione, caramello salato, croccante di mandorle e una bella vena balsamica. Si tratta di un abbinamento centrato perché la struttura della carne, molto tenera e delicata, dolce grazie alla crema di carote, trova una piacevole corrispondenza con il vino. Vince quest’ultimo, però, alla fine e, anche in questo caso, una centratura con una dose forse maggiore di curry, avrebbe reso l’abbinamento non solo più equilibrato, ma anche divertente.