Valtellina terra di biodiversità e di eroiche imperfezioni

Valtellina terra di biodiversità e di eroiche imperfezioni

Abbinamenti
di Valeria Mulas
13 ottobre 2023

In Valtellina sussistono da secoli tracce di ecosistemi diversi, ossatura di una biodiversità etnobotanica che si trasforma in formaggio, vino e miele con caratteristiche uniche e, per certi versi, eroiche. Se n’è discusso a Cheese.

La XIV edizione di Cheese è stata dedicata ai prati stabili e alla loro salvaguardia. Veri e propri serbatoi di biodiversità grazie alla presenza di api, insetti, erbe, arbusti e animali selvatici, i prati stabili sono ecosistemi di bellezza, natura e salute. Sono un patrimonio culturale, perché la loro presenza è strettamente legata ai pascoli di vacche, di pecore e di capre che traggono benessere dalla libertà del brucare e producono un latte più sano e ricco di antiossidanti e vitamine.

Se ne parla, con non poco orgoglio, anche durante l'evento dal titolo Ape’ro sur l’Herbe dedicato alla Valtellina, dove la moderatrice della serata Benedetta Gori – ricercatrice etnobotanica e divulgatrice scientifica – apre le danze concentrando l’attenzione proprio sulle caratteristiche di questo lembo di terra che, nei secoli, non ha smesso di portare e trasportare con sé le tracce di ecosistemi diversi, che qui si sono scontrati e poi armonizzati in un unicum anche enogastronomico. 

Striscia di terra lunga e stretta, questa valle è cresciuta come sutura nello scontro tra le placche Euroasiatiche ed Africane che segnarono, milioni di anni fa, la nascita delle nostre Alpi. La Valtellina se ne sta lì proprio come una linea di demarcazione e attraversandola da ovest ad est sono lampanti i suoi contrasti, che sono anche le sue più intrinseche caratteristiche: la parte di montagna che guarda a sud, coperta di vigne di nebbiolo, con i suoi 2500 chilometri di muretti a secco (Patrimonio Immateriale dell’Umanità dal 2018) è l’anima che resta della Paleo-Europa; mentre sul versante opposto, quello “africano”, troviamo i pascoli, il cui latte dà origine ai formaggi di Valtellina. 

Vino e formaggio, che si guardano da lati opposti, si scrutano e a valle si uniscono a tavola. La storia della Valtellina forse si potrebbe raccontare banalmente così. Ma le storie semplificate rischiano sempre di non dare luce alla bellezza dei particolari e diventare meri prodotti, senza più storia, imballati in plastiche di conservazione per le corsie dei supermercati. Per questo Cheese quest’anno riparte dalla base, dai prati, dalle distese di fiori ed erbe spontanee che seguono le stagioni, i venti, i ritmi e i gusti degli insetti impollinatori, dando ogni volta profumi diversi, che diventano aromi e caratteristiche organolettiche specifiche sempre nuovi nei formaggi, così come nel miele. 

E il vino? Sappiamo bene l’influenza del terroir sul nostro magico nettare, sappiamo quanto questo delicato equilibrio tra clima, microclima, suolo e mano dell’uomo sia sempre più minacciato dai cambiamenti climatici, dalla carenza di impollinatori, dallo sviluppo di malattie, così come sappiamo che le pratiche per un vigneto più sostenibile da tempo includono proprio l’inerbimento. 

Ecco perché non stupisce che sul palco di questo piccolo evento, tra i tanti di Cheese, siano riuniti Piero Sardo - presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus -, Paolo Ciapparelli - fondatore del Presidio Slow Food dello Storico Ribelle -, Carlo Mazzoleni - referente del Presidio Slow Food dello Storico Ribelle -, Valentina Romegioli - produttrice del Presidio Slow Food della capra orobica, azienda Figoni Giovanni -, Giulia Facchin - apicoltrice, referente dell’azienda Delebee Apicoltura - e Isabella Pelizzatti Perego - export manager della cantina Ar.pe.pe. Un parterre ricco di personalità per raccontare tre Presidi Slow Food (lo Storico Ribelle, il Furmàcc del Féen, il Matuscin) un miele di alta montagna e due grandi nebbioli.

Quando Paolo Ciapparelli prende la parola, è la storia dello Storico Ribelle a farsi forma: 12 casari che si opposero alle pratiche del disciplinare del grande Consorzio del Bitto DOP per continuare a fare il loro formaggio in modo ancestrale. Ciapparelli mette in luce quanto proprio l’attenzione ai prati stabili, al pascolo d’alpeggio e quindi al latte crudo derivante sia da vacca che da capra, fossero i punti chiave di quella lotta nata nel 1995 ed oggi ancora così attuale. 

Dallo Storico Ribelle si passa al Furmàcc del Féen, un formaggio a latte crudo, magro o semigrasso di uso quotidiano che si produce da settembre a giugno a fondovalle, quando le vacche tornano dall’alpeggio. L’ultimo formaggio, ma il primo negli assaggi, è il Matuscin, una chicca prodotta con solo latte di Capra Orobica, che dal 2015 è riconosciuto come Presidio Slow Food. 

L’assaggio di tutti e tre i formaggi è accompagnato dalla produzione 2023 di miele di montagna dell’azienda Delebee, che quest’anno vede una percentuale importante di rododendro e dei relativi sentori. I profumi dei tre assaggi e dello stesso miele mettono tutte in luce note di fieno fresco o essiccato, di erbe di campo, di fiori, fino ad arrivare alla speziatura dello Storico Ribelle che vira verso sentori di zafferano. 

Sono tutte produzioni in cui l’errore fa parte pienamente del processo di creazione. Molte sono, infatti, le variabili che la mano dell’uomo non può controllare e altrettante sono quelle in cui il potere di modifica è ridotto al minimo. La natura è la vera padrona di queste produzioni che a buon diritto possiamo chiamare dell’imperfezione e che vedono proprio nel ciclo che va dai prati di alpeggio alla flora batterica, dalla mungitura al formaggio, la forza di essere diversi. 

La stessa potenza che il nebbiolo, qui detto chiavennasca, non nasconde. Vitigno nobile e difficile, il nebbiolo qui ha trovato una delle sue case di elezione e si svela questa sera in due calici tanto diversi tra loro quanto altamente rappresentativi. 

Il primo assaggio è della Cantina Ar.pe.pe: si tratta del Rosso di Valtellina 2021, che con le sue note di frutti di bosco, di iris, di violetta, con i suoi sbuffi balsamici e la grande freschezza di beva si sposa meravigliosamente con i primi due assaggi di formaggi. Per lo Storico Ribelle, con un invecchiamento di più di un anno, ci viene in soccorso il sorso complesso ed elegante del Valtellina Superiore Inferno 2020 di Marco Ferrari. 

Vini eroici le cui cifre stilistiche sono la fatica del lavoro manuale e il tempo dell’attesa. Un altro tassello che descrive la Valtellina come terra di biodiversità e di eroiche imperfezioni.