I segreti del Rodano e le sue rivelatrici chiavi di lettura

I segreti del Rodano e le sue rivelatrici chiavi di lettura

Approfondimento Francia
di Susi Bonomi
03 ottobre 2022

Una masterclass dedicata ai vini del Rodano, una delle regioni di Francia più estese in termini vitivinicoli, accompagnati da Samuel Cogliati, alla scoperta di un territorio estremamente multiforme, diversificato, eterogeneo e imprevedibile rispetto a quello che siamo abituati a immaginare, raccontare, percepire.

«Il Rodano fa parte di quelle regioni colpevolmente sottoesposte, che si chiama in causa troppo raramente». Comincia così, Samuel Cogliati, la masterclass sui vini del Rodano dove sono ben 70.000 gli ettari di vigne che godono della denominazione di origine.

È un territorio multiforme che si snoda principalmente seguendo il corso del fiume lungo il quale sono stati piantati - nei primi secoli dopo Cristo - i primi vitigni francesi, ma che va letto, soprattutto, considerando la latitudine a cui si colloca. Infatti, se ci si sposta longitudinalmente, le differenze che si incontrano fra le AOC confinanti, non sono così evidenti. Per capire, invece, la vitivinicoltura la Valle del Rodano è necessario distinguere tra Rodano Nord e Rodano Sud, a cavallo, all’incirca, del 45° parallelo. Purtroppo, però, nell’immaginario collettivo, con “i grandi vini del Rodano” si vuole intendere, in realtà, quelli prodotti a settentrione, e questo è un «peccato mortale - sottolinea Samuel - perché il Rodano Sud è altrettanto interessante, se non più interessante».

Rodano Nord e Sud: le principali differenze

Innanzitutto, l’estensione: poche migliaia di ettari vitati nel Rodano Nord e un serbatoio grandissimo, peraltro sfruttato soprattutto nel ‘900 da una produzione poco esigente, quello del Sud. In quest’ultimo areale ricadono molte produzioni delle cantine sociali il cui «approccio dozzinale ha contribuito a costruire per il Rodano meridionale un’identità di vinello da supermercato, eccezion fatta per Châteauneuf-du-Pape, che ha una storia a parte».

Samuel CogliatiIl Nord è essenzialmente un territorio da monovitigno: syrah per i rossi, viognier i vini bianchi. A Sud si pratica l’assemblaggio con una moltitudine di soluzioni vinicole. Il perno attorno al quale ruota tutta la produzione dei vini rossi è il grenache a cui si possono aggiungere syrah, mourvedre, cinsault, e molti altri, e la tradizione bianchista del Sud punta su roussanne e marsanne.

A Nord si hanno, inoltre, piccole produzioni - in considerazione della sua estensione - con un alto posizionamento commerciale mentre il Sud, a eccezione di Châteauneuf-du-Pape, le produzioni sono ben più consistenti, in termini di volumi prodotti, con un posizionamento di mercato di fascia media e talvolta, purtroppo, bassa.

Per quanto riguarda il terroir, nel Rodano Nord la matrice è perlopiù cristallina-metamorfica, per la maggior parte di tipo granitico o scistoso mentre a Sud, disponendo di una tavolozza di vitigni diversi, si ha un terroir diversificato con prevalenza di calcare eciottoli, intervallato da alcune eccezioni in cui è sabbioso, limoso, argilloso.

Il clima è complessivamente di stampo mediterraneo, ma il Rodano meridionale è, ovviamente, più caldo e sta diventando sempre più arido e siccitoso a causa del cambiamento climatico. A complicare il quadro ci si mette anche il Mistral, un vento che arriva dal nord, freddo, che certamente aiuta sul piano termico, ma con la sua presenza frequente - fra i 100 e i 200 giorni l’anno - viaggiando anche a 100 km/h, contribuisce ad “asciugare” le vigne, soprattutto d’estate. Nel Rodano Nord, la situazione è migliore poiché, pur avendo un’impronta di tipo mediterraneo, ha più un clima di transizione che guarda il semicontinentale, teoricamente più adatto alla vite.

Dopo il doveroso inquadramento generale non resta altro che verificare con l’approccio diretto, il momento che tutti gli astanti aspettano, la degustazione, preceduta da un’attenta disamina della denominazione in approfondimento.

Côte-Rôtie

Ci troviamo a meno di 40 km a sud di Lione. È una denominazione molto piccola, 330 ettari in cui solo 280-290 effettivamente in produzione, esclusivamente rossista a base syrah, sebbene il viognier possa, a rigor di logica, partecipare all’assemblaggio fino a un massimo del 20%, assestandosi generalmente intorno al 6-7%. Sono una sessantina i Domaine che operano fin dall’epoca gallo-romana, ma che hanno ottenuto l’AOC solo nel 1940. Si sviluppa su 3 comuni: Ampuis, Saint-Cyr-sur-le-Rhône e Tupin-Semons in cui il primo è, senza dubbio, il più importante. Interamente disposta sulla riva destra del Rodano, è esposta prevalentemente a S-SE. Il dislivello dei vigneti è importante, con uno sbalzo altimetrico notevole concentrato in pochissimo spazio, poiché tutta la denominazione si trova a ridosso del fiume: da 180 m s.l.m. fino a 325 m di altitudine, con pendenze che possono superare il 60%. Sono presenti 73 lieux-dits, con una geologia omogenea: rocce metamorfiche (micascisti, gneiss, migmatiti) e una distinzione di massima tra i terroir del nord della denominazione con terra più rossa, più ferrugginosa, e le terre del sud che contengono più calcare, più chiare, che in alcuni casi tendono addirittura a essere biancastre. Da qui, il nome del vino che andiamo a degustare.

Côte-Rôtie Brune & Blonde 2011 – Philippe Guigal
Rodano Nord, riva destra, comune di Ampuis. Vitigni: syrah 96%, viognier 4% - età media delle viti: 35 anni. Terroir scistoso e siliceo-calcareo con ossidi di ferro. Resa: 35-40 hl/ha, macerazione di 3 settimane, affinamento in legno piccolo (nuovo 50%) per 36 mesi.

Guigal, uno dei produttori storici più rappresentativi e celebrati della Côte-Rôtie, propone questo vino frutto di assemblaggio delle uve provenienti da due diversi appezzamenti: a nord (la Brune) e a sud (la Blonde). Il naso sfoggia una maturità “dinamica”, con accenni animali, pelle, cuoio, e spezie. Un profilo aromatico da ascrivere a tre concause: il vitigno, il tipo di vinificazione - con una compartecipazione del rovere al bouquet, già piuttosto complesso - e l’evoluzione con i suoi effetti ossidativi e la “liberazione” dei precursori aromatici legati. Naso affascinante, scuro, di sottobosco, funghi, terroso, frutta tra la confettura e il sotto spirito. E ancora, componenti erbacee essiccate, fieno. In bocca è fresco, dritto, teso, con un finale astringente, polveroso, e un’interessante presenza amaricante, quasi di erbe officinali. Servito a 14 °C dà il meglio di sé, e non è assolutamente indebolito - come si potrebbe erroneamente pensare - in termini di complessità. Anzi: «riesce a sventagliarsi ampiamente in quella che è la sua maturità espressiva, mantenendo una dinamica tale che una temperatura superiore lo avrebbe penalizzato, addolcendolo e affaticandolo».

Tornando con il naso dopo mezz’ora si sentono emergere la liquirizia e una nota di mou, elementi che solo la temperatura più alta fa emergere. Il profilo diventa un po’ dolciastro e un po’ meno fine. «Vista la non tenuta nel calice, probabilmente non avrà una grande prospettiva di invecchiamento davanti a sé», constata Samuel.

(H)Ermitage

Proseguiamo il nostro viaggio spostandoci lungo il corso naturale del fiume. Le temperature aumentano, ovviamente, per effetto della latitudine ma, soprattutto, perché i vigneti sono collocati sulla riva sinistra del Rodano e hanno una esposizione prevalente S/S-O che fa sì che la vite prenda il sole per tutta la giornata. Il terroir, dal punto di vista litologico, è meno omogeneo di quello della Côte-Rôtie, pur essendo la denominazione più ristretta: solo 134 ha, tutti vitati. Varata nel 1937, insiste su tre comuni: Tain-L’Hermitage, Crozes-Hermitage e Larnage. 2/3 della produzione si concentra sui vini rossi a base syrahmentre il resto ruota intorno al binomio di vitigni a bacca bianca roussanne-marsanne.

Hermitage vuol dire romitaggio. Il nome probabilmente deriva dalla dimora eremitica del crociato Henri Gaspard de Sterimberg, che si ritirò sulla collina di Tain dall'anno 1224 e fondò un eremo (Ermitage) per dedicarsi alla preghiera e alla viticoltura. Difficile risalire alle vere origini, ma che la collina fosse vitata e in grado di dare vini eccellenti lo dimostra il fatto che, alla fine dell’800, prima che nascessero le AOC e quando a Bordeaux i vari chateaux vendevano il vino non con il nome del comune dal quale proveniva ma con il nome della proprietà, durante le annate sfavorevoli in cui l’uva stentava a maturare, si faceva ricorso al taglio con i vini del Rodano per mantenere alta la qualità. E in alcune etichette si poteva trovare, come dicitura di pregio, la scritta “hermitagé”, cioè tagliato con un po’ di vino dell’Hermitage.

Anche in questa zona i vigneti sono scoscesi; le rive del Rodano sono a 125 m s.l.m. e la vetta della collina dell’Hermitage si trova a 320 m d’altitudine, tutta vitata. Il terroir è costituito soprattutto da sabbie granitiche nella sua parte occidentale. Se ci spostiamo verso est, si trovano gneiss, micascisti e, nella parte bassa della collina, ciottoli alluvionali e suoli più fertili, come per il vino in degustazione.

Ermitage Les Greffieux 2007 – Michel Chapoutier
Rodano Nord, riva sinistra. Syrah 100%. Resa: 35 hl/ha. Fermentazione spontanea, affinamento in legno piccolo.

Naso più ampio, sereno, slegato e meno rigido del precedente; più goloso e più fruttato. C’è sempre una speziatura profonda, tenace. Pur avendo 4 anni in più rispetto al precedente, sembra più giovane. Ci sono sempre le note amare, officinali, medicamentose. Un erbaceo molto compatto. Una bocca rigorosamente tannica, ma soffice, quasi glicerica. Fitto, ma tutt’altro che pesante, libero e profumato, lungo, appena zuccheroso nel finale. Setosissimo, con una fusione magnifica dell’acidità. Vino di fibra.

Côte-du-Rhône

Spostiamoci ancora più a sud con la denominazione Côte-du-Rhône. Teoricamente questa interessa tutta la Valle del Rodano, ma a nord quasi nessuno lo produce più, preferendo puntare alle denominazioni più prestigiose. Sono oltre 170 i comuni che possono vantare questa denominazione, con più di 30.000 ha vitati, in assoluto una delle denominazioni d’origine più estese di tutta la Francia. Varata nel 1937, il 48% di tutto quanto prodotto nel Rodano ricade in questa denominazione: 90% vino rosso, 6-7% rosato e solo il 5% di vino bianco (5 milioni di bottiglie), fra l’altro molto buoni, come quello che andremo a degustare. I terroir sono vari ed eterogenei essendo l’area di denominazione molto ampia. Ciottoli vari, argille, loess, sabbie. I vitigni: utilizzati per il bianco? Grenache blanc, anche da solo ma spesso in assemblaggio con clairette, marsanne, roussanne, bourboulenc - che apporta grande freschezza - e viognier. Grenache blanc e roussanne sono vitigni di grassezza; la clairette è il vitigno della raffinatezza.

Côte-du-Rhône blanc Réservé 2005 - Château de Fonsalette – Emmanuel Reynaud
Riva sinistra del Rodano, comune di Lagarde-Paréol (Vaucluse). Vitigni: grenache blanc 80%, clairette 10%, marsanne 10%. Terroir argilloso calcareo. Fermentazione alcolica e malolattica spontanee.

Produttore piuttosto riservato, Emmanuel Reynaud, tanto che le informazioni sul vino sono da prendere con cautela (difficili da reperire) poiché in alcune annate è prodotto solo con grenache blanc mentre in altre c’è un po’ di marsanne e clairette, come si presume vi siano in questo vino.

Mettiamo il naso nel calice e ci rendiamo subito conto che è un vino di una giovinezza sconvolgente. Sembra addirittura un campione di botte. Alterniamo naso e bocca. Impressionante la pienezza e l’integrità del frutto, una parte erbacea defilata, il burro salato. Delicato, fresco, integro, quasi mostoso, carezzevole, fitto senza pesantezza, gustosissimo e di grande eleganza. Ci sono pochissime bottiglie di questo vino in circolazione. A dire il vero non rappresenta un campione rappresentativo della denominazione, poiché di livello molto superiore, ma è l’unico bianco della batteria e, quindi, godiamocelo! Ci si chiede quanti anni potrà mantenere le sue caratteristiche ottimali prima di decadere. Samuel arriva in soccorso: «Questa bottiglia potrebbe essere aperta a partire dal 2030 in poi. Non ha ancora sviluppato tutte le sue potenzialità. Addirittura, è ancora un po’ contratto. Ha solo iniziato a giocare con le canditure». Degustato completamente alla cieca avremmo potuto collocarlo in Alsazia.

Châteauneuf-du-Pape

Abbandoniamo controvoglia il nostro calice di bianco (anche perché vuoto!) per addentrarci nel meraviglioso mondo dello Châteauneuf-du-Pape di cui degusteremo 3 diverse annate dagli stili assai differenti. Ci troviamo 20 km a nord di Avignone. Il territorio si estende su 5 comuni: Châteauneuf-du-Pape, Orange, Courthezon, Sorgues e Bedarrides. Qualcuno ritiene che, con i suoi 3200 ha, sia troppo esteso, e non a torto. Non c’è un’omogeneità espressiva, né stilistica, né qualitativa. Possiamo trovarvi grandissimi vini e vini modesti.

È stata una delle prime AOC a essere istituita, nel 1936. È una denominazione prevalentemente di colore dove il rosso è il 94% della produzione e solo 6% è dedicata al bianco, fra l’altro, straordinario. Châteauneuf-du-Pape è nota per il suo leggendario disciplinare di produzione che consente di includere ben 13 vitigni autoctoni (grenache, syrah, mourvèdre, cinsault, clairette, vaccarèse, bourboulenc, roussanne, counoise, muscardin, picpoul, picardan e terret noir). A dire il vero, questi sarebbero più di 13 perché grenache e picpoul hanno 3 diverse varianti (noir, gris e blanc) e 2 la clairette (blanc e rose). In realtà, le aziende che li usano tutti sono rarissime. In linea di massima il grenache (il vitigno prevalente della denominazione), con la sua tendenza dolce ossidativa, è equilibrato dalla durezza, dalla speziatura e dalla amaritudine della syrah e del mouvèdre.

Anche la geologia è molto varia: calcare (durissimo e appuntito), galets roules, sabbia, argilla rossa. Il clima è caldo, siccitoso e ventoso.

I viniChâteauneuf-du-Pape rouge Clos des Papes 2015 – Paul Avril
24 appezzamenti: 32 ha. Vitigni: grenache noir 65%, mourvèdre 20%, syrah 10%, altri 5%. Terroir vari: galets roulés (quarziti), argilla, sabbie, calcare. Resa: 25 hl/ha. Fermentazione in vasca di cemento separata per ogni vitigno; affinamento di 12 mesi in botte grande e vasca di cemento.

Naso estremamente floreale: tanto gelsomino e un po’ di glicine. Speziatura più ridotta e decisamente più dolce dei precedenti. Naso riservato, quasi introverso, con il frutto messo in disparte, sottotraccia. Un po’ etereo, un po’ speziato, un po’ empireumatico (note di sigaro). Annata calda, la 2015. Stenta ad aprirsi. In bocca è molto buono, con una grana tannica virile, vigorosa, ma splendida. Salino, di evidente impronta minerale, succoso, linfatico, integro. Bocca magnificamente corrispondente con il naso.

Châteauneuf-du-Pape rouge Château La Nerthe 2008 – Famiglia Richard
Lieux-dits vari (57 parcelle): 92 ha. Vitigni: grenache noir 42%, syrah 39%, mourvèdre 15%, cinsault 4%. Terroir: ciottoli, sabbia, sottosuolo di molassa. Vinificazione in acciaio e legno. Malolattica in vasche di pietra, 12 mesi in botte.

È un vino che proviene da un assemblaggio più equilibrato, più ripartito tra i vitigni, rispetto al precedente. Il naso è più burroso, evoluto, più stuzzicante e allettante. Il naso è evoluto, con note di pasticceria e frutta sotto spirito. Eppure, nonostante il ruolo del grenache sia quello di evolvere velocemente, questo naso è in una favolosa forma espressiva, lontano dal cedere a tentazioni crepuscolari. Se fossimo alla cieca, lo potremmo confondere con un naso borgognone, e questo capita spesso per vini a preponderanza grenache. Nell’impatto ricorda un vecchio Gevrey-Chambertin.

Dopo il suo iniziale vigore, lasciato qualche minuto nel calice, si mostra meno espressivo. Si richiude e si asciuga, virando su note legnose e di erbe secche. Bocca di grande pienezza e freschezza, cristallina. Probabilmente non è ancora entrato nella sua fase migliore.

Châteauneuf-du-Pape rouge Pignan 2003 - Château Raya - Emmanuel Reynaud
Lieux-dits: Pignan (comune di Courthézon). Vitigni: grenache noir 100%. Terroir sabbioso bruno, con presenza di arenarie. Uve non diraspate. Breve macerazione di 10 giorni. Vinificazione in cemento, 2-3 mesi in vasca; affinamento di 12 mesi in demi-muid. Non chiarificato e non filtrato.

Naso sereno, “granuloso”, che fa pensare alla terra bagnata, alla fibra del tannino. Piccolissimi tocchi dispersi di frutta. Molto elegante con sbuffi balsamici a rinfrescare il quadro. Naso soave. Non c’è bisogno di commentare la bocca: profonda, soave, fresca. Samuel lo definisce semplicemente «stellare». E pensare che è prodotto con un vitigno che ha la tendenza a ossidare in un’annata torrida. Forse, rinunciare alla diraspatura, va a preservare il nerbo del vino. Se si mettessero punteggi questo sarebbe un vino da 100 punti. C’è di tutto, una fusione totale di tutte le sensazioni. Addirittura i capperi sotto sale, il bazar: cosa gli si può chiedere di più? La bocca è un rimando in tempo reale di dolcezza, freschezza, balsamicità, salinità, su una trama quasi impalpabile in cui il tannino fa da supporto.

Questo vino potrebbe reggere ancora per 10 anni, ma la cosa straordinaria è che scardina alcuni luoghi comuni dello Châteauneuf-du-Pape del ventunesimo secolo che soffre della reputazione di essere spesso troppo alcolico, sovraestratto, troppo dolce, troppo ammiccante, difficile da abbinare, non così portato all’invecchiamento. Questo vino sconfessa tutto. «Quando un grande produttore dà al terroir magnifico dove si trova, tutti i mezzi per dare il meglio di sé, si vince qualsiasi tipo di problema».

Così termina questa magnifica degustazione, ringraziando ancora una volta Samuel, per le scelte dei vini che decide di proporre: mai banali, mai scontati, sicuramente imprevedibili.