Introduzione a LA FRANCIA DEL VINO – seconda parte

Introduzione a LA FRANCIA DEL VINO – seconda parte

Approfondimento Francia
di Susi Bonomi
23 dicembre 2021

Prosegue il racconto di Samuel Cogliati con una breve rassegna, fra pregi e difetti, delle regioni vitivinicole francesi, sempre secondo la personale interpretazione del relatore.

Passate in rassegna le varie diciture che si possono trovare sulle etichette dei vini francesi, Samuel Cogliati si addentra nella storia, nella geografia e geologia, fra denominazioni e vitigni che popolano le diverse regioni vitivinicole francesi. Non si può certo entrare nel dettaglio, ma il taglio della narrazione assume un carattere quantomeno insolito, molto personale e a volte tagliente, che dà quel valore aggiunto che ci si aspetta da un divulgatore che sa assumersi le proprie responsabilità.

Il filo conduttore è, ancora una volta, Introduzione alla Francia del vino, il libro che Cogliati ha scritto e di cui è anche editore. Ma andiamo per gradi.

A partire dalla mappa che riporta tutte le regioni vitivinicole di Francia, che altro non è che l’insieme della cartografia enografica francese, balza subito all’occhio come circa un quinto della superficie nord-ovest della regione – individuabile tracciando una linea ideale che va da Vannes a Charleville-Mézières e che passa leggermente a sud della capitale - è quasi sprovvisto di vigneti. Storicamente non era così perché Parigi è stata, in passato, una delle grandi regioni produttrici di vino di Francia. L’esclusione del quinto nord-occidentale, che riguarda Piccardia, Normandia e Bretagna, è evidente, poiché fare del vino di qualità a queste latitudini è un po’ illusorio anche se oggi, con il cambiamento climatico in atto, si sta iniziando a produrre in modo un po’ meno “episodico” di quanto si è fatto finora. Nella zona del Massiccio Centrale, invece, non c’è vigneto, ma in questo caso la lacuna ha ragioni storiche e non geografiche. Non c’è nulla, in termini di terroir, che gli precluda la produzione non solo di vino, ma addirittura di grandi vini, ma il fatto che non vi siano vigneti è imputabile all’esodo rurale che, a fine ‘800 – inizio ’900, ha portato buona parte della popolazione verso la capitale.

Samuel CogliatiPassando a trattare le regioni vitivinicole effettive, Cogliati adotta un criterio di tripartizione che si riannoda – in modo chiaro e senza tergiversazione – alla sua schiettezza espressiva e di valutazione. In maniera arbitraria e attraverso considerazioni del tutto personali, raggruppa le regioni francesi nelle tre macro-categorie che vedremo di seguito.

Partendo da sud-est e muovendoci in senso orario, partiamo per questa insolita indagine.

Regioni poco note/sottovalutate/sottoesposte

Corsica
È una regione sottovalutata e sottoesposta, di evidente stampo mediterraneo, in cui sono presenti tutte le condizioni naturali per produrre grandi vini. Il clima è straordinario per soleggiamento, ventilazione, escursioni termiche e pluviometria. La conformazione topografica/morfologica è eccezionale: il mare che circonda l’isola ha uno straordinario effetto regolatore e, a eccezione della linea di costa orientale, è montuosa, con i vigneti posti su declivi, le cui pendenze e i versanti sono ideali per la viticoltura. Il patrimonio ampelografico è vasto: buona parte dei vitigni presenti sull’isola richiamano quelli dell’areale tirrenico, come il vermentino e le varietà locali di rossi toscani. Ma l’iper-produttività del passato non le ha giovato. Per fortuna, a partire dalla metà degli anni ’80 del secolo scorso, giovani vignerons sono riusciti a portare i vini còrsi a un livello mediamente alto rivalutandone il potenziale effettivo. La Corsica fa comunque fatica a emergere perché, da sempre, è una realtà raccolta, chiusa su sé stessa, i cui vini sono reperibili solo localmente o a Parigi, difficilmente altrove. E questo è davvero un peccato.

I vini Rosati della ProvenzaProvenza
Spostandosi verso nord-ovest incontriamo la Provenza, regione poco nota, sottovalutata e sottoesposta, ma anche equivocata. Conosciuta soprattutto per i suoi vini rosati ne è, allo stesso tempo, vittima. Sposando tale tipologia ha senz’altro goduto di uno straordinario volano di rilancio commerciale nato molti decenni fa ed esploso a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, guadagnando popolarità e visibilità. In Francia, infatti – a differenza dell’Italia –, c’è una vera e propria mania per i rosati nonostante la qualità media sia mediocre. Prima regione al mondo per produzione di rosati AOC è proprio la Provenza che, potenzialmente, sarebbe in grado di esprimere vini bianchi e rossi qualitativamente molto superiori rispetto al rosato stesso. Ce lo dimostrano alcune AOC, due su tutte, Palette e Bandol, la prima per i vini bianchi e la seconda per i rossi, schiacciate, purtroppo, dalla notorietà e dal peso del rosato. Ancora oggi, Infatti, l’80% della produzione di Bandol si concentra sui vini rosati - anche pregevoli – e solo il 10% è dedicato ai vini rossi capaci, però, di raggiungere vette qualitative altissime. E la moda, indubbiamente, ha la sua responsabilità.

Rodano Sud
Dal punto di vista enologico, il Rodano deve essere suddiviso in Sud e Nord. E una delle regioni più sottovalutate di Francia è il Rodano del Sud che paga sicuramente il dazio della notorietà delle celebri denominazioni d’origine del Nord, in particolare Hermitage, Côte-Rôtie, Condrieu, e da queste rimane offuscata. In realtà, in termini geologici, climatici e ampelografici, è un territorio a cui non manca veramente nulla e dove ha trovato il suo habitat ideale il grenache, uno dei vitigni francesi più sottovalutati, che nulla ha da invidiare alla syrah che ha reso celebre il Rodano del Nord. Diversi sono i motivi per cui prestare maggiore attenzione a questa regione vitivinicola: i vini del Rodano del Sud, oltre ad avere uno standard qualitativo mediamente alto, sono più facilmente reperibili di quelli del Nord – potendo contare su una produzione dieci volte superiore –, e godono di un rapporto qualità/prezzo decisamente non paragonabile.

Languedoc-Roussillon
Territorio estremamente complesso e complicato, trattasi in realtà di due regioni distinte che vengono raccolte e assimilate per vicinanza e sulla base di aspetti climatici e di terroir. Ma espressività e vissuto storico sono assai differenti: il Languedoc è stato per secoli – in particolare dall’800 in poi – uno dei territori meno valorizzati dalla mano dei vignaioli, destinato all’approvvigionamento di vini da taglio, con produzioni massicce a basso standard qualitativo. Questo approccio non ha messo in luce la qualità del suo terroir né ha giustificato quella dei suoi vitigni che, quando coltivati secondo un approccio agronomico adeguato, sono in grado di restituire vini di altissimo profilo. Quello che accomuna queste due regioni sta tutto nella tradizione: la produzione dei Vin Doux Naturel, vini fortificati che di “naturale” hanno poco, ma godono di fama internazionale, a partire dal Banyuls del Roussillon.

Sud-Ovest
È una delle regioni più difficili da individuare, circoscrivere e identificare, di tutta la Francia perché si descrive “per sottrazione”. «Per decidere quali territori interessa, occorre prendere il quarto sud-occidentale del paese, eliminare il Languedoc, sottrarre il Roussillon, fare astrazione del Bordolese, e tutto ciò che rimane è il Sud-Ovest», spiega Samuel. Ne risulta un quadrante estremamente diversificato ed eterogeneo, incostante e diversificato anche in termini di livelli qualitativi, con scarsissimi appigli in termini di identità comune. Questo perché sono presenti vitigni diversi, un gran numero di denominazioni e di tipologie. A livello di comunicazione sicuramente tutto ciò non giova, ma in termini di potenziale, qualità e varietà espressiva non ha uguali proprio perché è una delle pochissime regioni di Francia che può vantare, anche a un livello qualitativo elevato, tutte le tipologie espressive. Possiamo trovare: vini rossi leggeri beverini, immediati o strutturati da grande invecchiamento; vini bianchi secchi di grande beva o strutturati capaci di invecchiare; vini bianchi dolci da appassimento, anche botritizzati; vini bianchi dolci effervescenti, sia frizzanti sia spumanti, anche in versione secca e rosata. Qui, neanche a dirlo, i prezzi dei vini sono assolutamente abbordabili.

Savoia
La Savoia ha un’identità legata soprattutto ai vini bianchi secchi, molto spesso e complessivamente, sopravvalutati a causa del cospicuo afflusso di turisti invernali che comprano facilmente etichette locali «accarezzando e rincorrendo un sogno di facile tipicità». Però, in rari casi e fortunatamente in numero crescente, i vini della Savoia possono dimostrare di essere di elevata caratura con una personalità rispettabile. In particolare, da segnalare, le denominazioni Chignin e Chignin-Bergeron e l’enclave di Ayse legata alla presenza del gringet, un vitigno che si trova solo qui, distribuito su poche decine di ettari, che ha la straordinaria capacità di regalare sia vini secchi tranquilli sia spumanti metodo classico di alta levatura.

Alsazia
Territorio di grandissimo potenziale, innanzitutto geologico e litologico, l’Alsazia è un’altra regione vitivinicola francese ingiustamente sottovalutata, l’unica a poter vantare tutti i substrati geologici che si possono immaginare, da quelli argillosi a quelli ciottolosi, dai granitici ai calcarei, ai sabbiosi e limosi e, persino, vulcanici. Oltre a ciò vanta una promiscuità straordinaria che si avvale del gioco delle altimetrie e delle faglie, e quindi delle esposizioni, che ha indotto parte dei produttori a conservare tanti vitigni che nel tempo si sono selezionati in funzione della loro capacità adattativa al terroir e hanno conferito all’Alsazia un’eccezionale diversificazione e imprevedibilità espressiva permettendole di offrire una gamma infinita di vini bianchi – da quelli più aromatici ai neutri – giocando sul grado di maturazione, sull’appassimento e, pertanto, sul residuo zuccherino. In notevole crescita è il comparto spumantistico che dimostra di avere un potenziale equiparabile a quello della Champagne, senza dimenticare che l’Alsazia ha un notevole potenziale produttivo, di ottima qualità, per i vini rossi da pinot nero. Paga però lo scotto di un inevitabile raffronto con la vicina Borgogna «che è uno dei grandi errori che non si devono fare, perché in un pinot nero alsaziano non si deve cercare il tipo di espressività che si ricerca in un borgogna rosso. Il pinot nero in Alsazia esprime altro tipo di qualità, innanzitutto una leggiadria che abbastanza raramente i vini rossi borgognoni sono in grado di esprimere», sottolinea Cogliati.

Regioni di moda/rivalutate/fraintese

SancerreLoira
Catalogata, per Cogliati, fra le regioni fraintese, la Loira è una delle regioni più complesse da analizzare, estremamente ampia, diversificata e spesso trattata, in termini di comunicazione, in modo piuttosto “semplificato”. Si incorre con una certa facilità all’equivalenza Loira = sauvignon blancoppure Sancerre, ma è un errore, e una banalizzazione, perché in Loira, non si fanno solo vini bianchi: vi si trovano rossi di grande profilo e caratura, ad esempio, sotto le denominazioni Saumur, Bourgueil o Chinon. Oltre a ciò ci si dimentica che questo è il territorio del muscadet, sottovalutato persino dagli stessi produttori, che invece è in grado di dare vini «che meritano di essere annoverati fra i grandi bianchi di Francia, anche perché nascondono una qualità insospettabile e insospettata: un’eccezionale capacità di invecchiare». A questo vitigno Cogliati ha dedicato una monografia.

Jura
Regione sottovalutata e quasi sconosciuta fino a una quindicina d’anni, dello Jura si è parlato moltissimo nell’ultimo decennio, «un po’ perché la Borgogna si è indirizzata verso fasce di prezzo impraticabili per i più» e quindi ha cercato di incarnare un’alternativa meno esosa per tanti appassionati, e anche perché questi ultimi hanno scoperto che lo Jura non è solo patria di vini ossidativi ma vi sono anche vini bianchi secchi da chardonnay, vinificati alla “borgognona”. Il differente potenziale espressivo del terroirregala bianchi più asciutti, più profondi e stratificati, forse più duri, meno opulenti e meno grassi di quelli della Borgogna, ma più minerali e capaci di invecchiare. Lo Jura è anche un territorio di rossi secchi, «colpevolmente poco conosciuti», che fanno leva su due vitigni di razza, trousseau e poulsard, difficili da coltivare e non molto diffusi, ma che danno, se ben prodotti, «vini rossi secchi di grande raffinatezza, di leggiadria floreale e di gran classe».

Beaujolais
Irrisolta la sua appartenenza alla Borgogna, il Beaujoulais fa riferimento a un vitigno di origine borgognona, ma che dalla famosa regione è stato bandito, e che esprime il meglio di sé su una matrice di tipo granitico. Parliamo del gamay che riesce a dare risultati lontani dal cliché che gli viene cucito addosso, di vino novello: capace di invecchiare, alla lunga, sa confrontarsi e confondersi con i migliori pinot neri.

Regioni note/sopravvalutate/sovraesposte

Bordeaux/Bordolese
Territorio noto, meno sovraesposto della Champagne o della Borgogna che beneficiano – in termini di comunicazione – di un’attenzione mediatica imponente, il nodo cruciale è capire se Bordeaux sia sopravvalutata. «Io mi prendo la libertà di dire, senza tante esitazioni, che sì, è sopravvalutata. E questo non tanto perché non sia in grado di dare dei grandi, se non grandissimi vini, e non solo rossi, e non solo dolci, ma anche bianchi secchi di cui quasi non si parla…», ma perché non è ragionevolmente giustificabile che qualsiasi cosa prodotta a Bordeaux sia di alta levatura. Infatti, la maggior parte della produzione – estesa su ben 100.000 ettari – finisce nella GDO, intesa come «sbocco naturale di vini di largo consumo e di livello qualitativo ordinario», che non merita certo attenzione, ma che si avvantaggia andando a traino dei grandi Bordeaux di reputazione, di storia e di blasone.

BorgognaBorgogna
È la regione delle 100 denominazioni d’origine, più di ¼ del totale delle AOC francesi, e dei circa 1.200 climat rivendicabili – per la stragrande maggioranza di essi – in etichetta. Climatè il termine che in Borgogna viene usato per identificare i vigneti nella loro definizione più “chirurgica”, su scala più microscopica. La Borgogna gode di una fama immensa, ma «probabilmente paga oggi uno scotto violento, cioè vedere i propri vini praticamente venduti a un prezzo inaccessibile – soprattutto se si pensa alla Côte d'Or, alla Côte de Nuits o alla Côte de Beaune – ormai appannaggio delle tasche pesanti». Ed è davvero un peccato, si rammarica Cogliati, perché «questa tendenza sta trascinando fuori dall’osservazione, dal panorama degli appassionati francesi e del mondo intero, un’intera regione che oramai segue la logica della speculazione finanziaria, che è quanto di peggio possa succedere a una regione vitivinicola».

Per fortuna, la Borgogna non è solo Côte d'Or: Chalonnais, Mâconnais, Chablis eGrand Auxerrois, sono regioni con un potenziale qualitativo che il futuro si premurerà di dimostrarci e che, in molto casi, nulla hanno da invidiare a Beaune, Gevrey, Volnay, Meursault o Pommard: hanno solo goduto di meno attenzione e minori investimenti. Al territorio del Grand Auxerroix, la parte più settentrionale della Borgogna, Cogliati ha voluto dedicare una monografia.

Champagne
La Champagne, neanche a dirlo, fa parte delle regioni note, sovraesposte – «non si parla quasi d’altro, in questo periodo, come se ci dirigessimo a grandi passi verso la fine del mondo» –, ma è anche una di quelle sopravvalutate: certo, «è in grado di dare alcuni dei più grandi vini spumante metodo classico del mondo, se non della galassia, ma vige il fraintendimento, l’equivoco, che tutto ciò che sia prodotto in Champagne sia matematicamente e necessariamente di altissimo profilo. E non è così». Questo luogo personifica il concetto, l’idea di eccezione perché qui si è deciso, da 250 anni a questa parte, di avere un approccio produttivo, tecnico, espressivo e tipologico completamente diverso, non solo per la sua collocazione geografica – essendo la Champagne il luogo vitivinicolo più a settentrione di Francia –, ma anche concettuale.

Se si vuole conoscere veramente questa regione, comunque, vi invitiamo a seguire il Master Champagne, corso che Samuel tiene con cadenza annuale, proprio in AIS Milano.