L’originalità espressiva dei vini dello Jura
Approfondimento Francia
di Tiziana Girasella
27 aprile 2023
Una piccola regione, entrata ormai nel cuore di tanti appassionati, svela attraverso sei vini, raccontati e degustati da Samuel Cogliati Gorlier durante l’ultima edizione di Enozioni a Milano, la propria personalità e il proprio carattere unico e originale.
È la più piccola regione di Francia quella di cui ha parlato Samuel Cogliati Gorlier durante l’ultima edizione di Enozioni a Milano: piccola, sì, e anche geograficamente situata in posizione laterale e marginale, fuori dai grandi traffici, ma al tempo stesso famosa in tutto il mondo soprattutto per i suoi grandi vini bianchi prodotti in stile ossidativo senza ricorrere alla fortificazione. Non sono stati però questi il fulcro della degustazione, che a ben vedere costituiscono solo il 3-4% della produzione totale, bensì i vini rossi ivi prodotti, principalmente da vitigni autoctoni.
Cenni geografici e ampelografici
Situata nella parte occidentale della Francia, lo Jura a est è posto alle pendici di un massiccio montuoso che divide la Francia dalla Svizzera e che è una delle zone più fredde e nevose della nazione, mentre a ovest confina con la pianura della Bresse.
Il suo vigneto è distribuito in una fascia geografica di ridotte dimensioni, il Revermont, lunga una cinquantina di chilometri da nord-est a sud-ovest e larga tra i 2 e i 5 km. È abbastanza omogenea dal punto di vista geologico: presenta infatti una matrice essenzialmente marnosa, con zone più argillose e altre più calcaree.
Lo Jura vanta un’elevata varietà tipologica, espressiva e cromatica, che la rende paragonabile solo a Loira, Alsazia e Sud-Ovest, che però presentano ben altri numeri di ettari vitati. Il quadro ampelografico è composto essenzialmente da 5 vitigni principali, con tre varietà rosse e due bianche: pinot noir, trousseau, poulsard (o plussard, come viene chiamato a Pupillin), chardonnay e savagnin. Con specifico riferimento alle varietà a bacca rossa, il pinot noir rappresenta il 13% di tutta l’estensione vitata dello Jura e il 37% dei vitigni rossi, il trousseau l’8% della superficie vitata e il 22% dei rossi, il poulsard il 14% e il 40%, rispettivamente.
Negli ultimi anni trousseau e poulsard vengano vinificati separatamente, mentre storicamente si trovavano spesso in assemblaggio in quanto tra loro complementari: il poulsard è un vitigno tendenzialmente ossidativo, con leggera dotazione tannica e ridotta capacità cromatica (tanto da essere spesso utilizzato per la produzione di vini rosati); il trousseau è, invece, speziato, con dotazione fenolica e tannica più generosa, meno ossidativo e con maggiore capacità cromatica.
Quanto al rapporto con la Borgogna, da cui è separata solo dalla pianura della Bresse e della quale costituisce un’immagine speculare, si possono riscontrare punti di contatto e altri di differenziazione. La matrice geologica è abbastanza simile, mentre la struttura morfologica e pedologica risultano geograficamente opposte. Inoltre, il clima è più freddo e piovoso. Lo Jura, inoltre, per lungo tempo ne ha subito la dominazione politica, amministrativa e militare, rappresentandone il comprensorio popolare e contadino. Interessante osservare come molte delle sue cantine più antiche siano state costruite proprio sotto la dominazione del Ducato di Borgogna. A seguito di questi continui contatti è presumibile ipotizzare che siano transitati pinot noir e chardonnay: il pinot noir è stato il vitigno predominante, in termini quantitativi e in epoca prefillosserica, anche se non è mai stata realizzata un’attività di ricerca qualitativa tale da mettere alla prova un vitigno così complesso da coltivare e valorizzare, pur sussistendone i presupposti geografici sia di terroir che climatici. Diversa fortuna ha invece avuto lo chardonnay, che, essendo lavorato alla borgognona (ossia facendo fermentazione alcolica, malolattica e affinamento direttamente in botte piccola) ha raggiunto un livello qualitativo elevato tale da non aver proprio nulla da invidiare a quello della Borgogna. Di fatto, la facilità di lavorazione dello chardonnay ha certamente consentito di ottenere più rapidamente e in maniera più efficace dei buoni risultati.
La degustazione
Arbois Trousseau 2011 - Domaine De la Pinte
Appartiene alla denominazione di origine Arbois, che costituisce la parte più settentrionale, con il comprensorio più vitato e la maggior produzione dello Jura. La 2011 è stata un’annata difficile, caratterizzata da sbalzi termini e discreta piovosità.
Ha veste cromatica granato che vira verso il bruno e una modesta concentrazione colorante. Apparentemente, affidandoci al mero piano visivo, sembrerebbe un vino maturo. Il quadro cambia, però, non appena lo si mette al naso. Nonostante un’espressione iniziale lenta, che oscilla tra sentori linfatici da cui emergono gli asparagi, e una speziatura diversificata, si svela presto su note di leggera pungenza eterea e sensazioni di frutti di bosco acerbi e ribes. La componente fruttata è intensa e avvolgente, con frutta integra. Aprendosi, inizia poi a offrire sensazioni animali, di cuoio e pelletteria: un naso quindi piuttosto complesso che, dopo qualche minuto, rivela anche fiori appassiti, continuando su note di cosmesi, ma più dolci e definite. All’assaggio l’impatto è guidato da una dinamicità che lo rende croccante e snello, nonostante una presa tannica di riguardo e un equilibrio che fa emergere una parte morbida. Riempie bene la bocca, ripropone un’aromaticità coerente al naso e termina con una persistenza non solo quantitativamente rilevante, ma anche di estrema finezza: il tannino, di grande eleganza, ha note ammandorlate e di scorza d’arancia e sprigiona un aromatico fruttato, regalando infine note di cacao amaro.
È un vino gustosissimo, attraente, equilibrato e aggraziato, che bilancia perfettamente la pseudo-dolcezza aromatica con un’acidità tonica e citrina che continua a far salivare la bocca. Ha grande potenzialità di abbinamento gastronomico, ad esempio con il pollo di Bresse o con la selvaggina da piuma.
Cotes du Jura Pinot Noir En Barberon 2011 - Domaine Andrè e Mirelle Tissot
Prende il nome dal singolo lieu-dit da cui è prodotto, denominato, appunto, En Barberon. Il colore vira all’aranciato, risultando un po’ più chiaro del precedente. Il bouquet è inizialmente a metà tra la frutta sotto spirito e una certa laccatura che lo fa somigliare a un vino di Borgogna. Si rivela intenso e più aromatico del precedente, ma meno diversificato: ha un’innegabile ed elegante piacevolezza, una matrice chiaramente fruttata ma, a differenza del primo vino, non si ritrova la stessa ampiezza olfattiva. È più dolce e sensuale, più lezioso e immediato del precedente.
Col passare del tempo acquista maggior complessità olfattiva, con piacevoli sentori vegetali di agretti e humus. L’assaggio è coerente: piacevole, ma senza l’ampiezza e la profondità del vino che lo ha preceduto. È più fluido, leggiadro e disimpegnato, riuscendo a coniugare carattere e facilità di beva. Anche la persistenza non ha la stessa coralità del precedente, risultando in tutto e per tutto più semplice, cosa che lo rende perfetto per l’aperitivo.
Arbois Poulsard 2013 - Domaine Jacques Puffeney
La 2013 è stata un’annata fredda e non facile da portare a completa maturazione le uve. Le tonalità cromatiche di questo campione sono abbastanza simili a quelle del precedente, ma il naso risulta più concentrato su sensazioni agrumate e fruttate più acidule, piccanti, con qualche nota di zenzero. Bocca succosa e dinamica, è tuttavia timido e tenue. Presenta, comunque, avvenenti sfumature di cioccolato al latte accompagnate da sensazioni di uva passa. A una seconda olfazione si aggiungono anche note verdi. Al palato ricorda il pinot nero, ma si riscontra qui una maggior connotazione tannica asciutta che provoca una patinatura sia sulla lingua che sul palato e che si unisce a una percezione acidula che lo rende tonico, diretto, preciso e longilineo, anche se con limitata complessità gustativa. Anche la vocazione gastronomica fa pensare ad abbinamenti semplici: si pensi a un panino col cotechino o piatti tendenzialmente di maiale, dalla consistenza non solo grassa, ma anche gelatinosa.
Facendo un bilancio parziale, si può individuare un comune denominatore nei primi tre vini - pur nella diversità di vitigni e annate - nella finezza e in una eleganza che rende difficile stabilire quali dei tre sia da preferire.
Arbois Pupillin 2012 - Domaine Houillon – Overnoy
Il calice risulta condizionato da un tappo non perfetto. Il naso è più intimo, discreto, meno intenso dei vini che lo hanno preceduto, concentrato com’è su una vegetalità lacustre e quasi acquitrinosa, una speziatura asciutta, quasi pepata e leggermente catramosa. È un po’ più ruvido e rustico, leggermente terroso, con note casearie che fanno pensare a un Groviera o a un Comté. Lasciandolo qualche minuto nel calice, inizia ad articolare una varietà olfattiva che il precedente vino non aveva, sprigionando sentori fruttati, di foglie macerate, tè nero e zucca al forno. All’assaggio, nonostante il problema iniziale legato al tappo, sorprende per un’interessante connessione acido/tannica, una potenza e un’energia vibrante, rivelandosi un vino di volume e profonda sapidità, dinamico ed estremamente materico, con note di tabacco e fieno. È succoso, fisico e ripropone in maniera molto precisa in bocca la dimensione terrosa percepita all’olfatto; ha una complessità aromatica e una durata difficile da arginare. È interamente vinificato senza solfiti, per cui fragilizzato, ma risulta comunque maestoso, corposo, con una intensa aromaticità, toni di cacao amaro e note ferrose.
Si tratta di vini dalla grande personalità, con piena presenza gustativa e ricchezza aromatica, per i quali si può parlare di una potenza senza peso. Nessuno di essi è, infatti, muscolare, presentando tutti grande proporzione, elemento distintivo che si trova molto raramente nei vini rossi francesi.
Con gli ultimi due assaggi si cambia completamente registro.
Arbois Pupillin Savagnin - Domaine de la Renardière (assemblaggio delle annate 2011-2012-2014 e 2016)
Non è categorizzabile come Vin Jeaune per il fatto che non tutte le annate sono rimaste 6 anni ad affinare in botte scolma sous voile come previsto dal disciplinare di produzione.
L’impatto olfattivo è classicamente fumoso, al di sotto del quale si percepisce un frutto sorprendentemente integro: cedro maturo e pesca, il tutto rafforzato da una dolcezza eterea afferente allo smalto. Ha un bouquet al tempo stesso penetrante e delicato, caratteristica dei vini ossidativi non fortificati. All’assaggio ha un’eleganza, una potenza e una definizione di frutto incredibili: le sensazioni fruttate percepite al naso ritornano in maniera precisa e dirompente, risultando al tempo stesso eleganti e delicate. Samuel afferma che quando un vino, che ha tutti i presupposti in termini di materia prima, affronta da subito una sapiente e oculata ossidazione, diventa immortale. Al sorso il vino si rivela ancora giovane, lievissimo e profondissimo, con una stoffa acido/sapida eccezionale e un finale molto raffinato diviso tra mandarino e liquirizia.
Negli ultimi 50 anni si è arrivati all’idea che nel vino debba esserci l’integrità del frutto iniziale: esso però è prodotto del processo biochimico della fermentazione che non si limita solo a creare alcol e anidride carbonica, ma che trasforma radicalmente i precursori aromatici presenti nell’uva. Il vino non sarà, quindi, mai il frutto da cui proviene, ma sempre qualcosa di più ricco. Nel processo rientra, anche e certamente, l’ossidazione, fenomeno vitale e irrinunciabile nella creazione del vino, lungi dall’esserne un difetto: il problema si può porre semmai quando è l’unica nota percepibile, cosa che in questi vini non capita mai!
Macvin du Jura 2014 - Domaine Les Dolomies
Si tratta di una mistella con fortificazione del mosto non fermentato attraverso acquavite di vinacce prodotto con tutti i vitigni dell’azienda nell’annata precedente. La presenza dell’acquavite di vinacce è chiaramente leggibile nel naso smaltato, piccante, con toni di peperone verde. Dall’altro lato si riscontra una dolcezza fruttata che ricorda il succo di frutta o la frutta molto matura. All’assaggio è sorprendente, con un frutto maturo, grasso e solare: evoca il melone perfettamente maturo e al tempo stesso i canditi del panettone. Ha versatilità gastronomica eccezionale: potrebbe essere abbinato a una cacio e pepe, una gricia o ancora a una pizza ai 4 formaggi con formaggi particolari come lo stilton, addirittura con le ostriche o con l’agnello al forno.