La finezza di un'intuizione che ha plasmato le avversità. Champagne - Parte prima
Approfondimento Francia
di Alessandro Di Venosa
24 agosto 2020
Penultimo appuntamento della rassegna “Annessi e Connessi” di AIS Lombardia: uno straordinario Luisito Perazzo ci guida alla scoperta di segreti e aneddoti che hanno portato alla nascita dello champagne
Di Champagne ce n’è uno solo. Ogni altro vino spumante, per quanto eccelso, non potrà mai essere Champagne. Sarà sempre e solo un vino che spuma.
Così disse un gaudente francese per descrivere questo prodotto dalle qualità straordinarie. Per raggiungere gli altissimi standard richiesti, tanti sono gli elementi che intervengono, ma più di tutti hanno un ruolo determinante passione, storia, terroir e, non da ultimo, il nome, il marchio della Maison.
Guidati dal nostro Virgilio, uno stupefacente Luisito Perazzo, partiamo con il nostro viaggio ripercorrendo la storia dello champagne. Un susseguirsi di eventi, esperimenti, grandi personalità, fallimenti, sacrifici e risultati inaspettati. Tutti ingredienti che, nel corso dei secoli, hanno portato ai vini che oggi deliziano i palati di tutto il mondo.
Cenni storici
Furono i Romani che, durante la loro espansione, portano le tecniche di coltivazione della vite in Francia, seguendo principalmente due vie commerciali: una, via terra, che dal sud del paese puntava direttamente verso la Champagne; l’altra, via mare, che seguiva la direzione nord-ovest, per arrivare a Bordeaux. Anche Plinio il Vecchio racconta, attraverso i suoi scritti, di vini meravigliosi assaggiati nella città di Ay, già allora straordinario punto di riferimento del mondo vinicolo.
Nel V secolo l’arcivescovo di Reims narra dei sistemi di coltivazione della vite e dell’uso del vino, destinato ai soli fini ecclesiastici, durante la celebrazione della Messa. Successivamente comincia a essere venduto ai pellegrini di passaggio, generando introiti che venivano reinvestiti per l’acquisto di nuovi appezzamenti o per un miglioramento degli strumenti di lavoro.
Il X secolo vede l’avvento di uno sviluppo “laico” della produzione con diversi signorotti proprietari terrieri che si rivolgono con successo alla media-alta borghesia proponendo i propri vini e raggiungendo ben presto la notorietà anche presso le corti più importanti d’Europa. Uno sviluppo sostenuto anche da un particolare contratto d’affitto che impegnava l’affittuario a garantire la produzione annuale di una certa quantità di uva e vino.
La Guerra dei Cent’anni (1337-1453), tra i Regni di Francia e d’Inghilterra, segna la crisi del commercio dei vini francesi sul mercato inglese a favore di quello fiammingo che, complice anche la vicinanza di confine, diventa il principale interlocutore.
Tra il XIII e il XIV secolo nasce la definizione di Vin Français con la quale, per onorare la capitale, si fa riferimento ai vini prodotti nel comprensorio di Parigi includendo tutto l’areale che, dall’estremo occidentale parigino, arriva fino ai territori della Champagne. Per mantenere elevati gli standard qualitativi, considerate le elevate difficoltà produttive dovute in gran parte alle latitudini estreme, viene redatto un regolamento che obbliga i produttori a non considerare le uve atte a essere vinificate nel caso di annata climatica non perfetta.
Di particolare rilevanza, ai fini della qualità, è la vicinanza ai territori di Borgogna. La nota Querelle des vins, anche conosciuta come Competizione Storica, durata 120 anni, avrebbe dovuto stabilire quali, tra vini - quasi esclusivamente rossi - di Champagne e di Borgogna, fossero i migliori. In Champagne si era puntato sul pinot noir allo scopo di farne un vin rouge e competere con i vini di Borgogna ad armi pari. La “battaglia”, senz’armi e senza perdite di vite, fu più che altro filosofica, un confronto tra diversi stili e modi di vedere la stessa cosa. L’esito fu impietoso nei confronti dei pinot noir della Champagne tanto che i produttori decisero di esplorare una nuova tipologia produttiva, per soddisfare soprattutto il raffinato gusto inglese.
Il popolo d’Oltremanica apprezzava particolarmente i vins clair di Bordeaux e non avrebbe affatto disdegnato l’idea di assaggiare la stessa tipologia prodotta in questa zona. Così si cominciano a produrre i cosiddetti vins gris, una tipologia produttiva che domina il mercato per ben 200 anni fino al 1662 quando, per uno strano scherzo del caso, gli inglesi trovano la formula che dà vita ai primi vini con spuma. All’epoca il vino arrivava dalla Francia in piccole botti ed imbottigliato su suolo inglese aggiungendo una certa quantità di zucchero che, inevitabilmente, faceva ripartire la fermentazione. L’anidride carbonica che rimaneva chiusa all’interno della bottiglia si sprigionava alla sua apertura regalando ai vini quel pizzicore che piace tanto ancora oggi. Questo nuovo gusto si diffuse rapidamente nel Regno d’Inghilterra, complice anche Carlo II, e per tutta la nobiltà inglese diventerà un prodotto imprescindibile.
La vera svolta arriva però con la nota figura di Dom Pierre Pérignon, canonico all’età di 19 anni e responsabile della cantina dell’Abbazia d’Hautvillers dai 30 anni fino alla morte, avvenuta a 77 anni. Inizialmente scettico verso i vini con la spuma, passato qualche tempo ne intuisce le reali potenzialità qualitative e commerciali di fino a stilare un piccolo vademecum di regole da seguire.
- Coltivare i terreni migliori: privilegiare i terreni collinari a quelli pianeggianti
- Basse rese e uve provenienti da vigne più vecchie
- Prediligere l’uva a bacca nera invece di quella a bacca bianca in quanto maggiormente stabile a livello di colore
- Differenziare i cru e assemblare le uve (uvaggio) e non i vini (taglio)
- Assaggiare le uve prima della vinificazione
- Pressatura soffice e utilizzo del mosto fiore
- Sostituire i vecchi tappi con nuovi tappi di sughero
- Utilizzare bottiglie con vetro più spesso
Bisogna disprezzare la quantità, che ne fa un vino molto comune, e puntare sempre alla qualità, che rende ben più onori e profitti.
Il successo fu tale che alla morte di Dom Pierre Pérignon la sua abbazia era arrivata a possedere il doppio dei terreni vitati rispetto al momento in cui egli era divenuto chef de cave.
I pionieri
A seguito dell’eccellente lavoro fatto da Dom Pérignon, una serie di importanti figure si susseguono dando ulteriore impulso allo sviluppo di questo straordinario prodotto. Primo fra tutti Luigi XV che, con Regio decreto del Maggio 1728, delibera sulla possibilità di distribuire commercialmente il vino prodotto su tutto il territorio francese direttamente in bottiglia, in ceste da 50 o 100 pezzi per facilitarne il trasporto e velocizzare l’immissione sul mercato.
Nel 1729 Nicolas Ruinart, commerciante di stoffe di origine tedesca, trovandosi a Reims in quegli anni, ne intuisce il potenziale e fonda quella che è la più antica Maison di champagne. Appassionato e amante del buon vino, è Napoleone Bonaparte, grande amico di Jean-Remy Moët, nipote di Claude Moët, fondatore della Maison omonima (ora Moët et Chandon). La leggenda racconta che qui Napoleone si rifornisse di champagne prima di ogni battaglia per poterne poi festeggiare la vittoria. E si narra che, malauguratamente, prima di Waterloo non lo fece, col risultato che tutti conoscono! E ancora, nel 1844 Adolphe Jacquesson inventa la capsula con la gabbietta e con l’ampelografo Jules Guyot ridefinisce le regole per l’allevamento della vite migliorandone sensibilmente la qualità del frutto.
Tante sono state anche le donne che hanno contribuito al successo dello champagne. Come Barbe-Nicole Ponsardin vedova di François Clicquot che, a soli 25 anni, dimostra grande intuito e spirito di intraprendenza. Nel 1804 tenta la prima vinificazione in rosato e nel 1818 inventa la Table de Remuage, antesignana della pupitre. E ancora Jeanne Alexandrine Louise Mélin Pommery che nel 1874 dà vita alla tipologia Brut, così da soddisfare i palati inglesi mentre in patria era preferita la tipologia dolce, almeno fino al 1920.
Il progresso
Lo champagne, così come lo conosciamo oggi, è frutto di numerosi accorgimenti del processo produttivo, e non solo. Eccone alcuni:
- 1801 – Chaptalisation. Ad opera del chimico Chaptal, il processo prevede l’aggiunta di zucchero direttamente nel mosto, utile soprattutto in quelle zone dove le uve non giungono a perfetta maturazione.
- 1825 – Le tireuses. Messa a punto di macchine per spillare il vino dalle botti e metterlo in bottiglia, automatizzando il processo.
- 1827 – Macchina tappatrice.
- 1828 – Gli “immigrati” tedeschi. Da decenni avevano iniziato ad insediarsi nella regione; nel 1828 Johann-Joseph Krug fonda l’omonima azienda, seguito un anno più tardi Joseph Jacob Bollinger.
- 1836 – Rèduction Francois. Jean-Baptiste-François, farmacista curioso, intuisce l’importanza di dosare correttamente la quantità di zucchero da aggiungere prima della seconda fermentazione per evitare lo sviluppo di un’eccessiva pressione interna che causava lo scoppio di molte bottiglie. In quegli stessi anni Pasteur studia e comprende meglio l’azione dei lieviti.
- 1844 – Macchina per il dosaggio e lavaggio.
- 1877 – Macchina per legare i tappi.
- 1884 – Degorgement à la glace. In precedenza il processo prevedeva un travaso da una bottiglia all’altra con perdita di gas, profumi e colore.
La “strana” età dell’oro e il XX secolo
L’età dell’oro in Champagne va dal 1889 al 1909: in questi 20 anni si collocano 12 grandi annate. “Strana”, perché nel 1888 fa la sua comparsa la fillossera a partire dall’Aube fino ad arrivare, nel 1892, a Reims e nella Marne. Un vero flagello si abbatteva su tutta Europa, ma non qui, complice il clima particolarmente rigido che rallentò l’attacco dell’afide permettendo ai vigneron di intervenire tempestivamente espiantando e sostituendo le piante attaccate, evitando così di dover bruciare il vigneto.
Questi sono anche gli anni della nascita delle prime associazioni come ad es. l’Union des Maisons de Champagne (1882) e il Syndicat General des Vignerons (1904) ancor oggi in attività.
I primi anni del XX secolo segnano grandi momenti di crisi e disordini. Diventano sempre più forti i contrasti tra i vigneron e le grandi Maison, accusate dai primi di acquistare uve da Loira, Alsazia e Borgogna, nonostante fossero definiti i confini territoriali a nord (Champagne Delimitée) e, successivamente a sud, nell’Aube (La Deuxième Zone). Siamo nel pieno delle Rivolte Champenoise dei vigneron che si dirigono verso le sedi delle Maison distruggendo edifici e cantine.
L’avvento della Prima Guerra Mondiale infligge un altro duro colpo alla già precaria situazione: i mercati vanno in crisi, entra in vigore il proibizionismo americano, i grandi produttori sono fermi e i viticoltori non hanno a chi vendere le uve. È questo il momento in cui nasce la figura del Récoltant-Expéditeur, colui che produce il vino in completa autonomia. Ma anche per la neonata realtà le difficoltà non mancano, tant’è che tra il 1920 e il 1960 nascono le cooperative molte delle quali ancora oggi presenti sul mercato come, ad es., la CIVC (Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne).
Infine, ricordiamo alcune pietre miliari del XX secolo:
- 1927 – La Deuxième Zone viene accorpata alla Zone d’Origine.
- 1936 – La Champagne adotta l’Appellation d'Origine Contrôlée (AOC).
- 1952 – Si definisce il concetto di Millesime.
- 1968 – Claude Cazals brevetta la giropalette, anche se è certo che i primi utilizzi di questo strumento furono fatti in Cataluña.
- 1984 – Vietato il tiraggio prima del 1° gennaio dell’anno successivo la vendemmia.
- 1995 – Vietato, a livello Europeo, l’utilizzo della parola Champagne o Metode Champenoiseper tutti i vini prodotti al di fuori della regione.
- 2001 – Nasce lo Champagne de Vignerons: 500 viticoltori si associano per dare vita a questo nuovo marchio collettivo.
È arrivato il momento di fermarci. Nella seconda parte della recensione parleremo dei fattori di qualità necessari per raggiungere gli elevati standard di queste produzioni, faremo una carrellata sui numeri e sui ruoli degli attori in gioco, chiudendo con una panoramica su vitigni e territori.