La magia della Loira in sei tappe

La magia della Loira in sei tappe

Approfondimento Francia
di Ilaria Ranucci
26 settembre 2022

A Enozioni a Milano 2022, una masterclass, insieme a Guido Invernizzi, per risalire gli 800 magici km della route du vin della Loira. Sei differenti calici per scandagliare con attenzione vini e territori dal fascino immutabile.

Un tempo i fiumi erano una delle più veloci vie di transito e uno dei luoghi di viaggio per eccellenza. Anche per questo erano uno dei fattori considerati nella scelta di impiantare vigneti oltre al fatto che la prossimità a corsi d’acqua è un importante fattore di mitigazione del clima. Questi sono buoni motivi per amare la Loira e apprezzare il viaggio che abbiamo fatto durante Enozioni 2022 insieme a Guido Invernizzi, grande appassionato di viaggi e di vino e nostra eccellente guida. Senza fretta, e con tutta l’attenzione rivolta ai calici, abbiamo risalito la Loira: 800 magici km di route du vin, 2.000 anni di storia, una produzione variegata che, in circa 57 mila ettari, produce vini con ampia varietà di vitigni e tipologie.

Guido InvernizziPurtroppo – i vini erano davvero buoni! - solo sei, e tutte intriganti le tappe, che ci hanno visto incontrare sei vini, da vitigni e zone diverse. Siamo partiti dalla foce e precisamente dalla zona del Muscadet. Il clima è atlantico, mite e freddo e, purtroppo, soggetto a gelate primaverili. Vini sapidi - anche grazie ai suoli - tratti da un vitigno di riferimento, il melon de bourgogne, le cui caratteristiche abbastanza neutrali sono valorizzate dalla permanenza sui lieviti portandolo a esprimere il terroir. E il vino che ha segnato la nostra sosta nel Pays Nantais porta proprio il nome di un suolo, Orthogneiss, una roccia metamorfica. Produttore: Domaine de l‘Ecu. Vintage 2018 per un vino dal bel colore dorato che si è presentato con eleganti sentori agrumati al naso e un sorso coinvolgente, sapido e citrino. Perfetto abbinamento per molluschi e crostacei.

Spostandoci verso l’interno, la seconda tappa è stata l’Anjou dove comincia ad attenuarsi, pur restando percettibile, l’effetto dell’oceano. Anche qui grande tradizione vitivinicola e un terroir da ricordare caratterizzato dal tuffeau, una roccia calcarea piena di organismi fossilizzati e detriti di conchiglie, misto a particelle di sabbia, lasciate dal vecchio mare di Falun, ora estinto, che ricopriva l’ovest della Francia dai 16 ai 3,5 milioni d’anni fa . Nel bicchiere un vino espressione di un vitigno di solito associato soprattutto alla Borgogna, ma presente anche in Loira, il gamay, vitigno che ama i suoli vulcanici e si esprime quindi bene in quest’ultima propaggine del bacino armoricano. Il vino è Solissime Châteaumeillant AOC 2014, del produttore Henri Bourgeois. La qualità del calice è evidente: bel colore nebbioleggiante, profumi di frutta e fiori, ma anche speziatura e note animali, grande freschezza e articolazione all’assaggio.

La terza tappa ha davvero bisogno di poche presentazioni perché denominazione, produttore e vino sono celeberrimi. Siamo arrivati a Savennieres, più lontana dall’oceano e quindi con clima semicontinentale. È uno dei territori di riferimento per lo chenin blanc vinificato secco. Nel calice il prodotto della interazione tra uno dei produttori di riferimento della biodinamica, Nicolas Joly, e una vigna dai suoli diversi e con perfetta esposizione, il Clos de la Coulée de Serrant. Quest’ultimo dà il nome al vino nel nostro bicchiere, annata 2010: un’esplosione di profumi, dall’albicocca, al miele, alle erbe officinali, per arrivare ai terziari, cera d’api, betadine, nota iodata. Altrettanto coinvolgente in bocca, potente, con un finale lungo e pieno.

I viniTappa successiva, Sancerre, 3.000 ettari di denominazione su cui si esprimono diversi terroir: argille bianche, silex, graves, sabbie. Siamo nel centro Loira e il clima porta con sé una grande escursione termica che favorisce l’espressione dei profumi. A rappresentare la zona un vino dell’annata 1985, Sancerre Première Coulée de Silex di Gitton Pére et Fils ottenuto dal vitigno sauvignon blanc. Oltre trent’anni portati benissimo a partire dal bel colore dorato carico. Naso tutto fuor che stanco, che presenta anche sentori insoliti come la senape e il carciofo, oltre una lieve nota di asparago. Vibrante e citrino in bocca, ancora pieno di energia.

Ad aspettarci subito dopo, il paese di Rabelais, Chinon, Patrimonio dell’Unesco. Una denominazione di 2400 ettari prevalentemente dedicata ai rossi ma che si presenta anche con interessanti rosè. Il clima è relativamente caldo e secco, arrivando a 2100 ore di sole annue. Godiamo insieme di un vino di prodotto in poche migliaia di bottiglie da vitigno cabernet franc, tra i più noti della denominazione. Si tratta del Chinon AOC Le Croix Boissée 2015, di Bernard Baudry che esprime bene la grande capacità espressiva del vitigno, pur avendo probabilmente bisogno di tempo per esprimersi al massimo. Nell’assaggiarlo ne abbiamo apprezzato il naso elegante, fruttato e vegetale, il sorso sapido e fresco, la magistrale gestione del legno.

Tappa finale, una chicca, Les Vignes de L’Ange Vin Le Regard 2006 di Jean-Pierre Robinot. Vitigno, il pineau d’aunis, coltivato in zona dal dodicesimo secolo e riconoscibile per la caratteristica nota pepata. Prodotto nei pressi del fiume Sarthe, a Chahaignes, tra Tours e Les Mans, da un vigneto di 40 anni su tuffeau, esposto a sud. Una spremuta di frutta croccante e spezie, camomilla e sentori balsamici, perfetta espressione della tipicità del vitigno capace di portare in scioltezza i suoi sedici anni.

Cosa possiamo dire? Un bel viaggio!