Vini in Alto Adige: un libro li racconta

Attualità
di Sara Missaglia
12 marzo 2025
A Milano, Palazzo Bagatti Valsecchi ha ospitato la presentazione, a cura del Consorzio Vini dell’Alto Adige, del libro che racconta storia e presente di un territorio vinicolo unico e distintivo del panorama italiano
Un’opera per lasciare traccia della propria storia e per delineare l’impegno nel guardare al futuro: il Consorzio Vini Alto Adige, nelle vesti di curatore, ha coinvolto oltre 40 redattori per realizzare un volume che, nato dall’idea di un gruppo di entusiasti esperti di vino, intende offrire una panoramica completa sulle nuove intuizioni della viticoltura del territorio e, soprattutto, sulle connessioni tra cultura, arte, architettura e comunità. L’obiettivo è quello di mostrare una visuale completa sul mondo vitivinicolo altoatesino attraverso un susseguirsi di immagini e di parole per presentare ciò che è stato, ciò che è e ciò che, con ogni probabilità, diventerà il vino dell’Alto Adige, inteso come bene culturale.
L’evento a Milano
Palazzo Bagatti Valsecchi è intriso di storia e nei corridoi circondati da opere d’arte si respira la tradizione: avrebbe potuto essere una presentazione istituzionale, vista anche la solennità del luogo, ma Andreas Kofler e Eduard Bernhart, Presidente e Direttore del Consorzio e Kathrin Werth, Responsabile Marketing, con la moderazione del sommelier e comunicatore Andrea Amadei, hanno dato vita a una conferenza fresca, efficace e mirata: un incontro, anche nello stile, vuole essere un segnale di contemporaneità. La pubblicazione del libro avviene sotto gli auspici di un anniversario importante, che festeggia i cinquant’anni della Doc Alto Adige.
Autrici e autori
Nella scelta di affidare il volume ai contributi di molti, c’è la volontà di fare squadra: non è solo la condivisione di professionalità e di esperienze, ma risponde a un criterio di aggregazione di cui l’Alto Adige vuole farsi promotore. Tra i nomi spiccano storici dell’arte, produttori, architetti, giornalisti e critici enologici, enologi, agronomi, filosofi giornalisti, studiosi di scienze naturali e di letteratura, artisti e archeologi.
L’impianto del libro
Il volume si divide in cinque grandi capitoli, che si propongono di raccontare il vino dell’Alto Adige da punti di vista diversi: il territorio vinicolo, la storia vitivinicola locale, lo sviluppo della produzione e del consumo, la cultura e l’economia del vino con i suoi protagonisti. Il territorio dell’Alto Adige è un vero e proprio mosaico di terroir dalle caratteristiche uniche: ogni area vinicola, dalle zone meridionali quasi mediterranee di Oltradige e Bassa Atesina, passando per Bolzano sino ai vitigni più settentrionali a sud dell’arco alpino in Valle Isarco, ha caratteristiche diverse, in un vero e proprio puzzle fatto di ricchezza pedoclimatica e sociale. E ancora la Valle dell’Adige, il meranese e l’eroica Val Venosta: un viaggio che ha mete uniche, all’insegna di una proposta che è ricchezza.
Il territorio
L’Alto Adige è tra i territori dimensionalmente più limitati del nostro Paese, con circa 5000 viticoltori che lavorano all’interno di 5600 ettari vitati. Una superficie media per azienda di circa un ettaro, e una produzione inferiore all’1% del totale della produzione di vini in Italia, a un’altitudine dei vigneti che va dai 200 metri sul livello del mare a circa 1000. Dimensionalmente piccoli ma grandi nella qualità: le più prestigiose guide enologiche internazionali confermano, con i numerosi premi assegnati alle cantine dell’Alto Adige, il percorso di successo. La valutazione rappresenta una sorta di certificazione per i viticoltori e gli enologi: nonostante le sue dimensioni ridotte, l’Alto Adige viene premiato soprattutto per la sua composizione eterogenea: per il 64% produce vini bianchi, ma è il pinot nero ad aver ottenuto i punteggi più alti. L’essenza dell’Alto Adige sembra proprio risiedere nella somma delle sue singole parti, in un insieme che definisce il suo stile. Per comprendere meglio la varietà di terreni, è molto interessante capire come si siano formati: plasmati da forze della natura nel corso di 20.000 anni, dal punto di vista geologico il territorio si presenta diviso in due: nella parte settentrionale ci sono rocce metamorfiche che nel loro passato all’interno della Terra hanno subito una profonda trasformazione della struttura cristallina a causa di pressione e temperatura. Nella parte meridionale predominano invece le rocce magmatiche e sedimentarie, che si formano in seguito alla solidificazione di rocce fuse e dal consolidamento e rimodellamento di depositi. La linea di confine tra queste due principali unità geologiche viene definita linea insubrica. Il clima influisce sulla viticoltura e l’Alto Adige presenta una grande varietà di climi anche in un’area molto limitata. Per la produzione di uve di qualità sono necessari le corrette temperature, luce adeguata e una sufficiente quantità di precipitazioni. Per ottenere la piena maturazione fisiologica, l’Alto Adige ha adattato il materiale di impianto e le tecniche di coltivazione alle condizioni climatiche prevalenti di un ambiente alpino, seguendo variabili come l’altitudine, l’orientamento, l’esposizione e la pendenza: in Alto Adige non esistono due vigneti uguali. Le varietà bianche sono a loro agio con l’aumentare dell’altitudine: nei vini bianchi fanno la differenza acidità e freschezza, mentre nei rossi struttura e corpo sono fondamentali. In questo contesto, l’escursione termica tra il giorno e la notte fa la differenza. Come scrive Peter Dipoli nel libro, viticoltore e commerciante di vino diplomato presso l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, “per i grandi vini occorrono zone vocate, perché la vite è una pianta molto esigente. Solo le zone giuste esaltano il carattere dei vitigni, creando le condizioni per ottenere ottimi vini”.
Il concetto di zona
È sempre Dipoli che spiega che il concetto di zona è nel DNA della viticoltura dell’Alto Adige: i viticoltori e i mastri cantonieri sanno esattamente dove una varietà cresce bene e dove può nascere un grande vino. Non è un caso che molti toponimi siano stati tramandati nel linguaggio popolare. Dall’ottobre 2024 l’Alto Adige ha completato la zonazione attraverso l’identificazione e il riconoscimento di 86 unità geografiche aggiuntive (UGA). Si tratta di un passo importante nella direzione dell’unicità: la zonazione inoltre assicura che in futuro non solo venga coltivato il vitigno ottimale, ma venga applicata una redazione delle quantità di raccolto e venga garantita la provenienza del vino, con l’indicazione del vigneto nel quale sono state allevate le uve. In etichetta potranno essere citate come UGA, al fianco della denominazione Alto Adige DOC, zone straordinarie come Gries, Mazzon, Eppan Berg o Brental. Si tratta di un percorso avviato dal Consorzio Vini Alto Adige diversi anni fa e che nasce dalla consapevolezza che la qualità delle uve del vino è determinata dal terroir e dal microclima. Il libro è corredato da una mappa ufficiale delle Unità Geografiche Aggiuntive dell’Alto Adige DOC. Se a questo si aggiunge il fatto che nell’agenda 2030 che il Consorzio ha messo a punto come codice di autodisciplina e che prevede che tutti i produttori dell’Alto Adige dovranno essere il più sostenibili possibile, è chiaro che territorio e ambiente giocano una partita da protagonisti.
La degustazione
Al termine della presentazione non poteva mancare una degustazione con alcune delle referenze più interessanti del panorama vitivinicolo altoatesino: un momento per toccare con mano il livello qualitativo altissimo di questi vini e soprattutto la loro identità assoluta con il terroir da cui provengono. Le cantine San Paolo, Terlano, Peter Dipoli, Tramin, Mayr Josephus, Weingut Gottardi e Egger Ramer hanno portato in degustazione i grandi vini bianchi del territorio, dallo chardonnay al pinot bianco, dal sauvignon al gewürztraminer, per arrivare poi alla schiava, al lagrein e al pinot nero. Proposte importanti e di grande interesse: nel contesto di un luogo solenne come Palazzo Bagatti Valsecchi, la presentazione del libro e la degustazione dei vini dell’Alto Adige è stata “rock”, giovane e aggregante.