Vini subacquei, lo stato dell’arte della ricerca scientifica

Vini subacquei, lo stato dell’arte della ricerca scientifica

Attualità
di Alessandro Franceschini
23 novembre 2023

A Milano la start up Jamin ha mostrato i primi risultati scientifici sul cantinamento subacqueo condotti in collaborazione con l’Università di Firenze

Una cantina, la capostipite, si trova a Portofino, altre quattro affiliate sono in Emilia-Romagna, Calabria, Molise e Toscana ma, prossimamente, ne apriranno ancora altre quattro questa volta in Campania, Abruzzo, Sicilia e Basilicata. L’unica, sostanziale, differenza, rispetto a quelle classiche, diciamo terrestri, è che queste sono subacquee. 

Sta crescendo l’interesse, sia da parte delle aziende vinicole che degli investitori, per i cosiddetti vini subacquei, vale a dire “cantinati” sott’acqua, dopo essere stati regolarmente imbottigliati in superficie, seguendo rigide e selettive procedure per monitorare e verificare poi i cambiamenti sia in bottiglia che, soprattutto, nel bicchiere, una volta riportati sulla terra ferma.

A mostrare i primi risultati scientifici di questa innovativa forma di affinamento del vino è stata la società Jamin durante un convegno che si è tenuto presso l’Acquario di Milano. Nata nel 2015, la società fondata da Emanuele Kottakhs – il nome Jamin deriva da “giaminare” che nel dialetto dei marinai genovesi significa "lavorare duro" - è di fatto oggi leader di questo nuovissimo e pionieristico settore, avendo iniziato quest’avventura con la validazione e la commercializzazione del primo, ed in questo momento unico, Champagne UnderWater, affinato a 52 metri sotto il livello del mare nella Cala degli Inglesi all’interno dell’Area Marina Protetta di Portofino.

Crescita dei capitali e interesse dei produttori

Se nel 2021 la società aveva lanciato un equity crowdfunding che aveva conquistato la fiducia dei primi 294 associati, quest’anno si è trasformata in Società Benefit, ha visto l’ingresso di Antonello Maietta, ex presidente di AIS Italia e oggi alla presidenza del CDA, nonché un aumento di capitale di quasi 600.000 euro a fronte dell'obiettivo minimo fissato a 250.000 con l’arrivo di altri 115 soci. «È solo marketing? No. La ricerca universitaria ha dimostrato l’effetto positivo del cantinamento subacqueo» ha sottolineato Kottakhs durante l’introduzione del convegno, cercando di fugare l’abituale interrogativo che in questi anni è sempre sorto osservando altre operazioni simili, ma in realtà alquanto differenti, portate avanti privatamente da alcuni produttori.

In questo momento, secondo quanto emerso durante il convegno, ci sarebbero circa 400mila bottiglie di vini under water presenti nel mondo, 120 mila delle quali solo nei fondali italiani, e la previsione è quella di arrivare nel breve a circa 800/900 mila. L’operazione di immersione del vino in apposite ceste, che potenzialmente ogni singolo produttore potrebbe realizzare singolarmente, ha un costo – circa 25 mila euro – e ovviamente necessita di competenze specifiche, anche perché dopo 30/40 metri sott'acqua è necessario avere a disposizione professionalità non così semplici da reperire. 

Perché immergere del vino sott’acqua?

Eliminate le motivazioni esclusivamente di marketing e comunicazione, che comunque ci sono e vanno ovviamente studiate con attenzione, secondo Jamin l’operazione va incontro a notevoli vantaggi dal punto di vista della sostenibilità ambientale, argomento ormai da tempo sotto i riflettori dell’opinione pubblica e in cima ai pensieri di molti produttori. Sott’acqua, la refrigerazione delle bottiglie è naturale e consente un notevole risparmio energetico, inoltre non si ha bisogno di un magazzino, che invece consuma suolo e spazio. Prima di decidere se cantinare o meno delle bottiglie, vengono eseguiti una serie di test per valutare o meno l’idoneità: un numero limitato di bottiglie viene immerso a -52 metri nella prima cantina presente al largo di Portofino, viene monitorato con appositi sensori e in seguito riportato in superficie. Le bottiglie, una volta riposte questa volta in una cantina terrestre insieme ai campioni dello stesso lotto che non sono stati immersi nell'acqua, sono oggetto di una degustazione comparativa per analizzare le differenze e decidere se validare il prodotto o meno. «La sostenibilità è un bel driver, ma ci deve essere anche scientificità» ha aggiunto Kottakhs, e qui entrano in gioco, appunto, i risultati delle prime ricerche effettuate.

Come cambiano i vini dopo il cantinamento subacqueo?

Dopo 6 mesi a 52 metri sott’acqua, ad una temperatura costante di 12-14 °C e una pressione di 6 bar, e altri 6 mesi in una cantina terrestre, che differenze ci sono con gli stessi vini affinati per 12 mesi in superficie? Ad esporre i risultati, che sono stati pubblicati sul numero di aprile de “L’Enologo”, la rivista ufficiale dell’Associazione Enologi Enotecnici Italiani, sono state Valentina Canuti e Monica Picchi, ricercatrici del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari e Forestali (DAGRI) dell’Università di Firenze. Il test è stato effettuato su un’Albana Romagna Secco DOCG e due vini Bolgheri DOC, uno Rosato e uno Rosso. Se l’analisi chimica ha dimostrato la tenuta delle bottiglie, non essendo entrata acqua marina al loro interno, nei sei mesi da ottobre del 2021 a maggio del 2022 qualcosa è invece cambiato prendendo in considerazione altri parametri, come quello del colore. Nel caso dei vini bianchi, per esempio, l’intensità di quelli subacquei è risultata meno intensa, mentre all’opposto la stabilizzazione del colore dei vini rossi è avvenuta prima, e ancora nel caso dei rosati inizialmente, dopo 6 mesi in mare, il colore è risultato meno intenso, mentre dopo un anno le differenze di colore si sono assottigliate poiché il vino affinato in modo tradizionale ha perso intensità diventando più simile a quello affinato in mare. «Nei vini rossi la stabilizzazione del colore aumenta in mare. È come se l’affinamento ci impiegasse meno» ha commentato Alessio Bandinelli, enologo interno di Jamin. «Questo non significa una riduzione della longevità del prodotto. Anzi, la stabilizzazione del colore, per esempio dei rossi, è maggiore e potrebbe consentire un’evoluzione in bottiglia poi superiore».
Dal punto di vista sensoriale anche in questo caso, dopo una degustazione alla cieca, i risultati hanno mostrato comportamenti differenti tra la prima fase post emersione dal mare e quella successiva di stabilizzazione in cantina: nel primo caso è emersa una differenza nel caso dei vini bianchi e rossi e non per quelli rosé, mentre dopo la stabilizzazione di 6 mesi in cantina l’unico vino significativamente differente è risultato il rosé, mentre non è stata segnalata nessuna differenza né tra i vini rossi, né tra quelli bianchi.
Non resta, affermano i ricercatori, che aspettare i futuri sviluppi, che cercheranno di stilare un profilo sensoriale dei vini affinati sott’acqua, valutando anche le differenze a seconda dei tappi utilizzati. È evidente che siamo in una fase assolutamente pionieristica, dove è molto difficile, se non impossibile, fare confronti, in assenza di una preesistente letteratura scientifica, che sta nascendo proprio in questo momento.