Alla ricerca della freschezza. Nuova identità per il Pinot Nero Giorgio Odero di Frecciarossa

Alla ricerca della freschezza. Nuova identità per il Pinot Nero Giorgio Odero di Frecciarossa

Degustando
di Alessandro Franceschini
10 giugno 2025

Con il millesimo 2021, da poco in commercio, cambia la vinificazione di uno dei vini simbolo dell’azienda di Casteggio con l'utilizzo dei grappoli interi. Obiettivo: preservare l’acidità e contenere la componente alcolica

Se adeguarsi e adattarsi ai cambiamenti è, come affermava un certo Darwin, l’unico modo per sopravvivere, mai come in questo momento la viticoltura deve inevitabilmente trovare soluzioni per affrontare i mutamenti di un clima che non ammette né improvvisazioni, né tanto meno immobilismo. Lo sanno, evidentemente, molto bene anche dalle parti di Casteggio, in Oltrepò Pavese, in una delle più storiche realtà di questo territorio, Frecciarossa, dove nella sua più che centenaria storia di cambiamenti ne hanno già dovuti affrontare diverse volte.

Più siccità, meno acidità. Il cambio di paradigma in cantina

«Non riusciamo più ad avere le acidità che vorremmo e allora abbiamo deciso di vinificare il nostro pinot nero con il grappolo intero, compresi i raspi». A illustrare il cambio di paradigma che contraddistingue la nuova annata in commercio di uno dei vini più iconici dell’azienda, il Pinot Nero Giorgio Odero, è Valeria Radici Odero, ormai da anni al timone dell’azienda e che ha già portato a bordo anche il figlio Pietro. «Nella storia della nostra azienda abbiamo sempre avuto la fortuna che almeno in ogni generazione qualcuno si è appassionato a questo progetto ed ha portato qualcosa di suo». E così se il bisononno, Mario Odero, cominciò a imbottigliare per primo i vini e a portarli in Inghilterra con lo stratagemma di usare nomi francesi in etichetta, mentre la madre Margherita, laureatasi pionieristicamente in Agraria nel 1963, diede una spinta fondamentale alla vinificazione in rosso del pinot nero, ora tocca a Valeria rimanere al passo con i tempi e con le nuove sfide da affrontare, che devono fare i conti soprattutto con i cambiamenti climatici.

Valeria Radici OderoNel 2022 hanno iniziato ad usare il caolino, una polvere di argilla bianca, per proteggere le foglie dalle temperature troppo elevate, mentre per cercare di preservare l’acidità, fondamentale per ottenere un pinot nero equilibrato ed elegante, a partire dall’annata 2020 hanno deciso di non diraspare più, utilizzando i grappoli interi. «D’altronde anche in Borgogna è sempre esistita la scuola di pensiero che ha portato avanti anche questa pratica. È stato un primo test per imparare». Una cautela fondamentale con una varietà tanto nobile quanto delicata e difficile come il pinot nero. «Al primo assaggio mi dissi: ho sbagliato tutto, perché la nota verde mi sembrava eccessiva. Poi, invece, ho imparato che bisogna saper aspettare, e lo abbiamo capito con la nuova annata, la 2021». Quella che entra ora in commercio.

Non solo vengono usati i grappoli interi con i raspi, ma vengono anche pigiati con piedi, per un’estrazione più delicata. Segue una fermentazione spontanea con lieviti autoctoni in tini di legno tronco-conici «dove lasciamo anche dei grappoli interi, così come avviene anche nella macerazione carbonica, perché si creano poi note aromatiche molto interessanti».

Non è in realtà la prima volta che questo storico pinot nero vinificato in rosso, prima annata nel 1989, vede cambiare la sua ricetta in cantina. Nel 2016, ad esempio, la vinificazione, prima di allora solo in acciaio, passa in legno e, sempre da quell’annata, i tappi in sughero monopezzo lasciano il campo ai moderni e più affidabili Diam. Le bottiglie sono rimaste sempre 6.000, anche se l’obiettivo nel prossimo futuro è di arrivare almeno a 10.000 visto il successo di questo vino e la sua richiesta, grazie all’aggiunta di un vigneto esposto a nord, che si andrebbe a unire alle uve raccolte invece, sino ad ora, dal singolo appezzamento esposto a sud-ovest. 

La degustazione

Nel bicchiere? «È un vino più fresco e ancora spigoloso probabilmente in questo momento, ma è quello che volevamo ottenere. È anche meno alcolico, perché con la nuova vinificazione si abbassa di almeno mezzo grado il vino» sottolinea Valeria. Una caratteristica, quella della spigolosità che in realtà può destabilizzare chi è abituato a sorsi più morbidi e di facile approccio, che in realtà non caratterizzavano neanche in passato questo vino ma che, complice l’innalzamento delle temperature, certamente avrebbero potuto connotarlo in futuro. Eventualità che in azienda, con questa nuova tecnica, si pensa, almeno per ora di aver scongiurato. «Dipende, poi, da annata ad annata decidere cosa fare, non c’è una regola precostituita» aggiunge il consulente enologico Cristiano Garella.

Difficile fare un confronto con la precedente vinificazione, nonostante una bella verticale – Frecciarossa, a partire dal 2007, conserva ogni anno almeno 500 bottiglie di questo Pinot Nero e le mette anche in commercio – organizzata durante la presentazione in azienda abbia messo in luce soprattutto l’ottima capacità di sfidare il tempo di questo vino. Il nuovo millesimo ha dalla sua una prorompente carica fruttata, che ricorda sia le prugne che i piccoli frutti, di bella incisività, ma anche delicate note floreali e speziate che rendono il quadro olfattivo già ora di bella finezza. Il sorso ha certamente freschezza e una trama tannica ruspante, ma di buona grana. Delle ottime premesse che lasciano ben sperare anche per la futura evoluzione, naturalmente, come hanno dimostrato alcuni vecchi millesimi in degustazione: le annate 2012 e 2013, sebbene molto diverse tra loro, non mostrano segni di cedimento o primi accenni terziari mantenendo un’ottima vivacità al palato. Eleganti, complessi, ricchi di sfaccettature, in ottima forma in questo momento, i millesimi 2016 e 2019.