Alla scoperta dei macerati sulle bucce della Liguria

Alla scoperta dei macerati sulle bucce della Liguria

Degustando
di Sara Missaglia
24 maggio 2022

Anche in Liguria hanno trovato terreno fertile i vini bianchi macerati sulle bucce, non necessariamente orange nel bicchiere. Una degustazione a Mare&Mosto, organizzata da AIS Liguria, ha approfondito questa affascinante tipologia.

La buccia al centro, quasi a sottolineare che si tratta di un elemento imprescindibile per testimoniare ed esprimere l’identità di vitigno, territorio e annata. Durante la recente edizione di Mare&Mosto – Le Vigne Sospese, la più grande rassegna sul vino e olio ligure organizzata da AIS Liguria, una degustazione dedicata ai vini macerati liguri dal titolo Bucce di Liguria ha consentito di approfondire la conoscenza con una tipologia che ha trovato terreno fertile anche in Liguria.  

La fermentazione a contatto con le bucce per i vini bianchi è un processo che non ha nulla di nuovo e risale a oltre 6000 anni fa, in quella che chiamiamo “culla del vino”, ovvero la Georgia. Anticamente erano i “qvevri”, grandi anfore di terracotta ipogee sigillate con cera d’api e pietre, ad ospitarla. Produrre vini con contatto pellicolare è un’arte antica, e se i vini cambiano insieme alla società e al gusto, tutto può tornare. Un universo non nuovo, quindi, ma rivisitato, dove la produzione rappresenta un vero e proprio ritorno alle origini.

La masterclass, condotta da Marco Rezzano, Delegato AIS Genova e referente didattico, Augusto Manfredi, vice Presidente AIS Liguria e Davide Sacchi, Relatore AIS, ha avuto il sapore di qualcosa di eversivo e scardinante i luoghi comuni, i pregiudizi e gli stereotipi che spesso si hanno su questi vini. Una degustazione “disruptive”, come si direbbe oggi, condotta con competenza e con molti elementi di indagine ma anche con un pizzico di ironia e di pragmatismo, che ha comportato la selezione di ben 22 campioni.

Un tasting articolato ad ampio spettro, da Levante a Ponente, un vero viaggio non tanto alla ricerca di verità certificate ma di molteplici sfumature. Si tratta di ricchezza, non di dispersione, a sottolineare ancora una volta quanto l’universo del vino sia scoperta, sperimentazione, innovazione sempre più con-fusa nella tradizione. 

Non è stato facile, all’inizio del loro ingresso sul mercato, prendere confidenza con questa tipologia: vini difficili da comprendere e diversi nel gusto rispetto alle aspettative che l’occhio tende a sviluppare attraverso la degustazione visiva. Sensazioni al palato nuove per uve bianche, affini ai vini rossi anche se nel calice il colore è diverso. A questo bisogna aggiungere che i difetti del passato, vale a dire la presenza di sentori olfattivi anomali, hanno pregiudicato e rallentato il loro apprezzamento, amplificando lo scetticismo.

Non è stato semplice, quindi, catalogare i vini e portare in degustazione numerose batterie per condividere un percorso che oggi non è solo moda ma qualità. Con AIS Liguria la degustazione ha fatto rima con l’ispezione: in primo luogo dal colore, che può trarre in inganno per le nuance che virano all’oro antico, al rame, a tonalità più ambrate avvicinandosi al colore dei vini passiti. In realtà sono tutti vini secchi, e molti hanno comunque un colore paglierino, che ricorda le vinificazioni in bianco. 

Orange Wine, ma non necessariamente vini aranciati o arancioni, al di là dell’intensità del giallo e dell’ambra. Ad esempio il Colline del Genovesato Bianco IGP Equinozio 2021 di Andrea Bruzzone è la chiara testimonianza di come le tecniche di macerazione ben applicate portino nel calice un vino molto delicato, con sentori che vanno dalla mela gialla grattugiata alla fragranza delle erbe aromatiche. I profumi non risultano mai prepotenti e spinti, ma sono intensi e ben bilanciati. In bocca arriva per prima la sapidità, marcata con una precisione di gusto e di grande pulizia. È un vino che testimonia quanto non sia necessario “esagerare”, e quanto invece una mano leggera nella macerazione possa generare un tannino piacevole e una buona persistenza. 

Una molteplicità di vitigni vinificati: bianchetta, malvasia, trebbiano, rossese bianco, massarda addirittura a piede franco, con vigne di oltre cent’anni, come nel caso dell’Amiral San Biagio della Cima 2021 della Maccario Dringenberg in provincia di Imperia: un vino che presenta note affumicate di salmastro, con una bocca dotata di profondità salina. La massarda veniva utilizzata anticamente per rafforzare le acidità del rossese, che nella versione bianco è un vitigno molto interessante e da riscoprire. I vini presentano un bouquet olfattivo di grande piacevolezza: fiori gialli, ginestre, zagare, immersi in una sapidità territoriale che evoca il mare, il sole e la purezza. Nei vini la parte mediterranea è evidente: mirto, macis, erbe aromatiche come la melissa, la verbena, la borragine, elemento tipico del territorio ligure. Non mancano i caratteri tipici del vermentino, che in questi vini è spesso il protagonista: elevatissima sapidità anche nel caso di frutta più evoluta, con note di agrumi canditi, di cedro, arancio, mandarino, chinotto. 

Il Poggio alle Api della cantina I Cerri 2020 è un vino di grande eleganza, da albarola in purezza: con un colore di grande fascino che ricorda l’oro antico si presenta come una sintesi di profumi eleganti, che virano al miele e a componenti iodate, con un’acidità incontrovertibile. Una bellissima freschezza che testimonia la compiutezza del prodotto. Nell’osservare i colori siamo spesso indotti a immaginare un vino vellutato, morbido, dall’elevato contenuto glicerico: in realtà questi vini sorprendono al palato per una freschezza sorprendente, che arriva con un taglio netto, verticale, un vero e proprio graffio da rasoio. La partenza sono sempre uve bianche, il cui mosto viene lasciato a contatto con le bucce per giorni, settimane, mesi e addirittura anni: una vinificazione in rosso protratta nel tempo, in grado di generare vini diversi rispetto a quelli vinificati naturalmente in bianco. Al palato le sensazioni sono quindi differenti: da quelle più aggraziate e più delicate, a quelle dove l’estrazione dei tannini e degli aromi dalle bucce dà vita ad un vino più complesso, articolato, dove struttura e identità sono reinterpretate dalla fermentazione di contatto. Spesso i macerati sono vinificati in anfora, ma anche in cemento, in tini di larice, in acciaio o altri materiali: anche in questo caso la diversificazione nell’uso del recipiente risponde a criteri stilistici di ogni singola cantina, in assenza di regole precostituite. 

U Veciu è il vino da rossese bianco in purezza della cantina Possa di Riomaggiore: in sé ha tutto il carattere delle Cinque Terre. La buccia viene lasciata per 80 giorni in tini di larice stuccati: chiudere il vino e dimenticarsi tutto, o quasi, come in Giorgia. Una pratica estrema che all’estrazione delle bucce aggiunge l’impatto del legno di larice, con sensazioni resinose: scorze di agrume, arancia, Kumquat, zagare, con le astringenze che si avvertono con evidenza al palato. Un vino salato, materico, che ricorda il profumo del comò di una vecchia casa. Se è vero che i grandi vini sono sempre sapidi, questo macerato ha avvolgenza e grinta, con virate olfattive verso l’agrume, la macchia mediterranea e quote balsamiche di grande personalità. 

Il Fortezza 2020 e il Particella 906 2021 di Luna Matter arrivano invece da vigneti nella zona di Sarzana: piante molto vecchie di albarola, trebbiano e malvasia per il primo vino, e di vermentino in aggiunta alle uve precedenti per il secondo, la cui fermentazione avviene per lungo tempo sulle fecce fini: sono vini che presentano un perfetto amalgama tra sapidità e freschezza, con una scia di ritorni fruttati, note iodate, ricordi floreali e balsamici. Sono molto affilati al palato, con una sensazione amarotica finale che ricorda il nocciolo di mandorla, per una chiusura di lungo respiro ed eleganza. La bocca è asciutta e non cade mai nel dolciastro: ben esprime i vitigni e le essenze resinose si fondono in quelle salmastre, con virate verso la frutta candita. 

E infine il pigato, che trova in questa vinificazione una modalità espressiva molto interessante: ad esempio il Pigato Peppone 2015 dell’azienda agricola VisAmoris di Imperia, che raggiunge i sette anni di permanenza in botte grande: un vino con un corredo speziato di grande personalità, con una chiusura tra il tabacco di pipa e l’anice. È ancora il pigato Spigau Senza Tempo 2011 della Cantina Rocche del Gatto dalla Riviera Ligure di Ponente, e il pigato Spigau Sette Vite dello stesso millesimo: vini che sfidano il tempo, dotati di struttura e armonia che con l’evoluzione sviluppano sentori ossidativi, eliminati attraverso chiarificazioni. 

Vini emozionanti, che vengono proposti come vini da tavola. L’ultimo pregiudizio che la degustazione si propone infatti di scardinare è il fatto che possano risultare vini difficili da interpretare o da proporre in abbinamento: nella realtà i vini si rivelano molto gastronomici, idonei all’abbinamento di piatti territoriali sia di mare e di terra. L’approccio deve essere necessariamente diverso, dal punto di vista sia culturale che delle competenze: probabilmente è necessario un nuovo mindset, che trovi un linguaggio aggiornato per comunicare e comprendere questi vini e ne incentivi la conoscenza, il consumo e l’apprezzamento.