Barolo e Barbaresco si danno nome e cognome

Barolo e Barbaresco si danno nome e cognome

Degustando
di Alessandro Franceschini
15 ottobre 2009

Nascono le menzioni geografiche aggiuntive, che certificano la storica mappatura dei vigneti di Langa. Per il Barbaresco le prime bottiglie che riporteranno in etichetta le menzioni già ufficializzate dal disciplinare saranno immesse in commercio a partire dal 2010.

Tratto da L'Arcante 10

La prima notizia è che i Barolo 2005 si preannunciano essere decisi, vigorosi, con acidità di tutto rispetto e tannini di bella trama e stoffa. Vini che daranno le giuste, probabilmente grandi, soddisfazioni sulla distanza, come si deve nel caso del re dei vini, o quanto meno del re del nebbiolo, specie nelle annate più classiche ed austere. La seconda è che i cugini di Barbaresco, che si affacciano con i millesimi 2006, probabilmente non hanno quello spessore, quel centro bocca e quelle complessità come successo in altre annate, ma non peccano certo in aromaticità e finezza. Nei giorni che hanno accompagnato le degustazioni in anteprima riservate alla stampa ed agli operatori di settore (buyer internazionali ed enotecari nostrani) dei due vini principe dell’enologia piemontese, insieme ai nebbiolo provenienti dal comprensorio del Roero, organizzate da quella splendida rassegna di nome Alba Wine Exhibition giunta alla quattordicesima edizione, non sono mancati neanche quest’anno spunti, curiosità ed indicazioni. Al di là, ovviamente, della degustazione cieca di molti dei millesimi di questi tre comprensori (167 i produttori che hanno presentato uno o più campioni), le novità quest’anno riguardavano anche le modifiche ai disciplinari di Barolo e Barbaresco, in particolare l’inserimento ufficiale di quella mappa dei vigneti che tanto caratterizza, da sempre, i vini della riva destra del Tanaro. Se c’è, infatti, in Italia, una zona che fa del singolo vigneto uno dei suoi tratti distintivi, questa è sicuramente la Langa: da sempre è quasi riduttivo, se non fuorviante, parlare solo di Barolo o Barbaresco. Non solo risulta basilare cominciare con il distinguere le singole peculiarità dei nebbioli provenienti dai distinti comuni che vanno a disegnare le due denominazioni (undici per il Barolo e quattro per il Barbaresco), ma è addirittura fondamentale scendere nel dettaglio delle singole sottozone, se non addirittura dei singoli vigneti, tale è la complessità dei terreni, l’esposizione nonché l’interpretazione da parte di ognuno dei tanti attori che lavorano da queste parti. Da sempre, per chi, è proprio il caso di dirlo, si “ammala” di nebbiolo, e di Langa in particolare, discettare circa le diversità interpretative di un singolo vigneto ha sempre rappresentato un gioco, una passione, a volte maniacale, ma comunque tremendamente seria, volta alla ricerca del più piccolo dettaglio che potesse distinguere le peculiarità di una bottiglia: non è mai stato sufficiente non solo parlare di Barolo, ma neanche specificare se provenisse, per esempio, da Castiglione Falletto piuttosto che da Serralunga d’Alba. Era necessario capire anche da quale vigneto le uve di nebbiolo provenissero per carpirne l’essenza, se da Pernanno o Villero, giusto per citarne due a caso del comune di Castiglione, piuttosto che da Parafada, Gabutti o Prapò, nel caso invece ci riferissimo ai vigorosi e mai domi vini di Serralunga. Si è sempre, quindi, discusso di vigne da queste parti e si sarebbe continuato a farlo anche se la mappatura di quelle d’ora in poi si chiameranno solo e soltanto “menzioni geografiche aggiuntive” non fosse giunta in dirittura di arrivo. Certamente, la mancanza di un elenco certificato che non tanto e solo mettesse chiarezza a confini per molti versi già noti e stranoti ai più, ma che quanto meno fosse scritta e riconosciuta per legge all’interno del disciplinare di produzione, era una carenza non secondaria, specie in comprensori così ricchi di storie e complessità. “Delimitare le menzioni geografiche aggiuntive del Barolo è stato un compito assai arduo, raggiunto con fatica – ha affermato l’enologo Claudio Rosso, Presidente del Consorzio Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Roero – E’ stata necessaria una forte volontà e determinazione per giungere a un accordo che tenesse conto delle tante e diverse esigenze espresse dai produttori”. Questo il problema: benché, infatti, molte delle sottozone, oggi menzioni, fossero note ai più (ed ampiamente già utilizzate in etichetta), al momento della stesura ufficiale di una mappa precisa e, soprattutto, condivisa, sono arrivati, come è prassi in questi casi, i problemi, che nella maggior parte dei casi dovevano tener conto delle esigenze, anche commerciali, perché no, di molti. Ecco quindi, osservando la prima mappa presentata al ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, saltare subito all’occhio come sia presente, tra le undici del comune di Manforte D’Alba, per esempio, una grande area di nome Bussia, che assorbirà in sé, se non ci saranno cambiamenti dell’ultima ora, altre storiche sottodenominazioni come quelle della Bussia Soprana, della Bussia Sottana o addirittura di Pianpolvere, storicamente separate ed ognuna con una propria identità. Al di là, comunque, di compromessi, che non dubitiamo abbiano causato non poche discussioni tra produttori e uomini del Consorzio, il merito di questa definitiva definizione geografica all’interno del variegato e complesso mondo del Barolo, è quella, tra le tante, di aver dato maggior risalto ad un’infinità di aree ben delimitate che altrimenti rischiavano di finire schiacciate dalla notorietà di quelle più famose e conosciute dagli appassionati. Le menzioni geografiche però, è bene sottolinearlo fin dall’inizio, non sono dei “cru classificati” come nel modello francese: niente graduatorie quindi, nessuna connotazione di superiorità di un areale rispetto ad un altro, nonostante le quotazioni di mercato piuttosto che il gusto degli appassionati abbiano da sempre dato maggior importanza a determinati vigneti e meno ad altri. Le menzioni geografiche indicano, quindi, un’origine ancor più precisa dei vini prodotti tra le colline intorno a Barolo e Barbaresco: le uve dovranno provenire, se riportano in etichetta una di queste menzioni, solo da quelle particolari zone geografiche. Una volta specificata la menzione geografica, i produttori potranno, se lo desidereranno, aggiungere anche l’ulteriore menzione di “vigna” seguita da ulteriore toponimo. Non avremo quindi una suddivisione tra grand cru e premier cru come in Borgogna, che di fatto stabilisce una superiorità qualitativa (e quindi di mercato) dei primi rispetto ai secondi, ma una certificazione di nomi collettivi appartenenti a più produttori. Cannubi a Barolo piuttosto che Monvigliero a Verduno o ancora Ravera a Novello indicano zone che appartengono a più produttori, ognuno dei quali ne possiede una o più frazioni o porzioni: tutti potranno riportare in etichetta la stessa menzione geografica aggiuntiva (come è sempre accaduto d’altronde). Le singole vigne, all’interno di una comune menzione, invece, sono patrimonio del singolo produttore.

Quante sono le menzioni geografiche?
E’ bene, prima di tutto, sottolineare come l’iter per il Barbaresco si sia già concluso (febbraio 2007) ed a buon diritto si possa definire come il primo vino in Italia che ha saputo delimitare ed inserire nel suo Disciplinare le menzioni geografiche aggiuntive. Per il Barolo, come abbiamo già detto sopra, mancano ancora dei passaggi istituzionali prima dell’inserimento ufficiale all’interno del Disciplinare. Nel caso del Barbaresco le prime bottiglie che riporteranno in etichetta le menzioni geografiche aggiuntive ufficializzate dal Disciplinare saranno immesse in commercio a partire dal 2010. Ad oggi, sono 65, anche se a breve 66, con l’aggiunta della menzione Ronchi del comune di Barbaresco. In realtà sarebbero 72, ma per il momento 6 menzioni non sono state inserite nel Disciplinare perché sinora non sono state mai utilizzate da nessuna azienda. A Barolo, la proposta di mappatura conta ben 177 menzioni geografiche aggiuntive divise tra gli undici comuni che vanno a comporre la denominazione (36 a Barolo, 21 a Castiglione Falletto, 1 a Cherasco, 3 a Diano d’Alba, 8 a Grinzane Cavour, 39 a La Morra, 11 a Monforte d’Alba, 7 a Novello, 1 a Roddi, 11 a Verduno ed infine 39 a Serralunga d’Alba). In questi mesi, inoltre, il Consorzio ha realizzato anche una “Sistema Informativo Territoriale” su piattaforma Internet (GIS-WEB) che contiene, oltre alle mappe digitali delle menzioni geografiche aggiuntive del Barolo e del Barbaresco, anche supporti cartografici territoriali, quali la Carta Tecnica Regionale, le Mappe Catastali Numeriche nonché la carta delle esposizioni e quella delle pendenze.
L’indirizzo è: http://gis.oikosweb.com/gisweb/consorziotutela/

Le nuove annate
Tanti i vini testati nelle sessioni dedicate alla stampa, all’interno delle sale ben attrezzate del Palazzo Mostre e Congressi di Alba. Un’organizzazione come al solito pressoché perfetta che ha visto impegnati moltissimi sommelier della regione Piemonte durante le delicate operazioni di servizio dei vini durante quattro intense giornate che hanno visto avvicendarsi più di 200 campioni di 167 produttori di Barbaresco, Barolo e Roero.Vi presentiamo qui 10 campioni, scelti tra le tre denominazioni.

Cascina Val del Prete, Roero DOCG 2006 Bricco Medica – Priocca (CN)
Dagli 11 ettari vitati di proprietà, Mario Roagna ricava circa 40.000 bottiglie complessive, tra le quali anche poco più di 3000 di questo nebbiolo della riva sinistra del Tanaro. Buona la calibrazione aromatica al naso, dove alle note di viola si vanno ad aggiungere quelle di ribes e lamponi maturi, dolci e fini al tempo stesso. Bocca in divenire in questo momento, con tannini quasi gessosi, ma di bella grana, così come l’acidità, ben presente ed integrata, che dona slancio ad un finale di bella persistenza.

Matteo Correggia, Roero Riserva DOCG 2005 Roche D’Ampsej – Canale (CN)
La prematura morte (giugno 2001) di uno dei protagonisti della rinascita roerina degli anni novanta, non ha interrotto il grande lavoro in azienda, portato avanti dalla moglie Ornella Costa e dal giovane e motivato gruppo di lavoro che si era formato intorno alla carismatica figura di Matteo Correggia. Dei due campioni portati in degustazione, ci piace segnalare questa riserva, che al naso è ancora in debito di tempo rispetto all’integrazione con il rovere e con una dolcezza del frutto ancora in fase di definizione, ma che in bocca colpisce per freschezza, slancio sapido e tannini di bella tessitura a grana.

Cascina delle Rose, Barbaresco DOCG 2006 Rio Sordo – Barbaresco (CN)
La piccola azienda familiare condotta da Giovanna ed Italo possiede vigneti di grande qualità appartenenti a menzioni di grande fascino come Tre Stelle, da quest’anno vinificato separatamente, e soprattutto Rio Sordo. La finezza espressiva, giocata su cenni di violette, erbe officinali e decise note minerali, ma anche menta e liquirizia e tante spezie, tipiche di questo cru, anche in questo millesimo non mancano. Slancio, tannino sottile, centro bocca di carattere ed una capacità di far parlare vitigno e territorio come solo i vini di razza sanno fare.

Rizzi, Barbaresco DOCG 2006 Nervo Fondetta – Treiso (CN)
Sono solo 4000 le bottiglie prodotte da questa menzione di grande solidità e spessore da parte dell’azienda Rizzi, ormai solidamente nelle mani del giovane Enrico Dellapiana. Di gran bella apertura aromatica già in questo momento, coniuga in modo esemplare lamponi maturi, ribes freschi e note di rosa decise e di grande profondità. Tannino nervoso e rinfrescante, gioca con successo sul difficile equilibrio tra avvolgenza e freschezza acida.

Fratelli Barale, Barbaresco DOCG 2006 Serraboella – Neive (CN)
L’azienda ha sede a Barolo, ma oltre ad avere vigneti a Castellero, Cannubi e Bussia, si cimenta anche nella denominazione cugina tra le vigne della menzione Serraboella di Neive. Solitamente più scontrosi e difficili, specie in gioventù i nebbioli di questo comune, se ben condotti riescono a dare grandi soddisfazioni specie sulla distanza: rientra in questa categoria questo interessante campione, inizialmente contratto, ma di bella fattura, con note di spezie dolci ed un floreale intenso, preciso ed espressivo. Fresco, di convincente apertura nel centro bocca, chiude con un tannino deciso, vigoroso, di giovanile esuberanza, come è prassi da queste parti.

Michele Chiarlo, Barolo DOCG 2005 Cerequio – La Morra (Cn)
La grande forza del terroir: ogni anno le vigne di questa grande menzione, Cerequio, segnano, indiscutibilmente, vitigno e vino in modo personale e deciso ed il vino di Michele Chiarlo ne è un grande interprete: attacco al naso deciso, potente ed elegante al tempo stesso, con note di ciliegie mature, sfumature di rabarbaro e china. Tannino di grande tessitura, già ben integrato e piacevole ora, con una chiusura fresca e di grande persistenza.

Cavallotto, Barolo DOCG 2005 Bricco Boschis – Castiglione Falletto (CN)
L’anfiteatro naturale del Bricco Boschis, che è possibile scorgere dalla cantina di Alfio e Laura Cavalletto, è uno dei paesaggi più spettacolari da ammirare in Langa, con la vista che si perde verso due altre storiche menzioni come Vignolo e Monprivato. Il nebbiolo che ne deriva sa essere sempre elegante ed aristocratico, di grande austerità in annate classiche come si preannuncia essere la 2005. Complesso, con sfumature del frutto multiformi ed un uso del legno calibrato, sfodera tannini polverosi tipici di questo comune, aggressivi e decisi in gioventù quanto fondamentali per la sua longevità.

Giacomo Fenocchio, Barolo DOCG 2005 Bussia – Monforte d’Alba (CN)
Tra le 80.000 bottiglie prodotte complessivamente dall’azienda condotta da Claudio Fenocchio, trovano spazio anche quelle prodotte sulle menzioni Villero e Bussia. E proprio quest’ultima grande e tradizionale menzione, ci ha colpito per equilibrio tra componente alcolica, struttura di grande nerbo ed incisività espressiva al naso. Cremosità del frutto al naso, con note di ciliegia e pesche sciroppate, rose quasi appassite ed un tocco agrumato. Tannini vivi, non ancora integrati ma di grande tessitura. Raggiunta la quadratura del cerchio, darà grandissime soddisfazioni agli amanti dei nebbioli della Bussia.

Schiavenza, Barolo DOCG 2005 Prapò – Serralunga d’Alba (CN)
I vini provenienti da Serralunga si caratterizzano sempre per tannini di grande aggressività in gioventù, quasi impressionanti per potenza e masticabiltà. Il campione di Luigi Pira ne è un classico esempio: deciso, di grande incisività e persistenza, saprà dare il meglio di sé nel tempo per merito di una completezza gustativa di razza. Al naso l’espressività dolce e ben delineata dei piccoli frutti di bosco con sfumature mentolate e di erbe officinali delinea un’aromaticità di bella eleganza e fine cadenza.

Bartolo Mascarello, Barolo DOCG 2005 – Barolo (CN)
E’ la prima annata che Maria Teresa, figlia del compianto Bartolo ed oramai saldamente alla testa di questa storica e tradizionale azienda di Barolo, gestisce completamente da sola, dalla vendemmia sino alla vinificazione, ovviamente sempre seguendo il solco tracciato dal padre. Esordio migliore non poteva essere: nonostante la normale ritrosia a darsi in gioventù, tipica dei nebbioli targati Mascarello, Maria Teresa è riuscita ad interpretare come meglio non poteva un’annata così classica ed austera. Dall’unione di uve provenienti dai comuni di Barolo e La Morra (Canubbi, San Lorenzo, Rué e Rocche) ne è scaturito un vino sottile, elegante, dal fascino floreale al naso, così come vibrante per acidità, nerbo e trama tannica, di grande grana e fittezza. Un grande “esordio”.

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