Chianti Colli Fiorentini, cresce l’anima Bio

Chianti Colli Fiorentini, cresce l’anima Bio

Degustando
di Alessandro Franceschini
06 dicembre 2023

Seconda edizione a Firenze dell’Expo dedicato al Chianti dei Colli Fiorentini, organizzato dal Consorzio. Marco Ferretti: «La maggior parte delle nostre aziende sono biologiche e altre in conversione»

«L’ultima annata è stata sicuramente una delle più difficili con la quale ci siamo confrontati, anche se poi l’esperienza dei produttori ci ha consentito di portare a casa uva molto interessante». Non si può che iniziare da un commento sull’ultima vendemmia con Marco Ferretti, presidente del Consorzio del Chianti Colli Fiorentini, che ha organizzato a Firenze la seconda edizione dell’Expo, manifestazione nata per far conoscere questo storico vino sia agli operatori del settore che agli appassionati. 

Difficile fare stime uniformi, vista la notevole estensione dei confini di una denominazione che coinvolge, da sud-ovest a sud-est, molti comuni della provincia fiorentina all’interno di un’area geografica di 51.300 ettari, che rappresenta  l’11% dell’intera area del Chianti. «Il periodo tardo primaverile è stato umido e abbiamo avuto forti attacchi di peronospora – continua il presidente –. Le perdite variano da areale ad areale, vanno a macchia di leopardo, da chi ha perso il 60% a chi il 30%. Dipende dalla località e dalla capacità di gestione del vignaiolo». 

Con il global warming si guarda anche a nord 

Se il territorio è certamente molto esteso e comprende 18 comuni, la composizione dei terreni è però abbastanza uniforme e caratterizzata, quanto meno nei luoghi più adatti alla coltivazione delle vite, da substrati arenacei, calcareo marnosi, da scisti argillosi, da sabbie e ciotolami. Le esposizioni sono quasi tutte rivolte da sud-est a sud-ovest, ma qualcosa sta cambiando anche qui. «Gli impianti che una volta non sarebbero mai stati presi in considerazione, come quelli esposti a nord, oggi lo sono. Ci ritroviamo a dover programmare il futuro in modo differente. Sono evidenti a tutti i cambiamenti climatici in atto. Sono 38 anni che lavoro qui e il cambio del periodo della vendemmia è una cartina di tornasole: siamo passati dall’iniziare a raccogliere le uve il 20 settembre, concludendo la vendemmia a ottobre, all’ultima settimana di agosto, finendo già verso il 15 settembre, con il sangiovese già maturo anche per le Riserve».

Regna il sangiovese, ma il canaiolo desta sempre più interesse

Se il sangiovese è, ovviamente, l’uva principe del Chianti Colli Fiorentini e il disciplinare ne prevede l’impiego tra il 70 e il 100%, non mancano sia la possibilità di utilizzare nel blend vitigni a bacca bianca (massimo 10%), varietà internazionali (massimo 15%) e altre autoctone, a partire dal canaiolo. «C’è un’interessante lavoro sul canaiolo da parte di diversi produttori – ci spiega sempre Marco Ferretti – sia per il blend del Chianti Colli Fiorentini con il sangiovese che poi anche al di fuori, in purezza, come vino IGT. Questo perché è un’uva prettamente fiorentina, è presente da sempre, ci sono scritti che parlano di un vino florentinum nel ‘700 nel quale l’uva canaiola la faceva da padrona: probabilmente per il fatto che dà vini più freschi e godibili nel breve periodo». Nelle Riserve, invece, che devono sostare in cantina almeno 2 anni prima della commercializzazione, dei quali almeno 6 in legno, la maggior parte dei produttori opta solo per il sangiovese.

Una denominazione a vocazione biologica

La produzione è ormai stabile, mediamente e al netto di annate particolari come l’ultima, intorno al milione di bottiglie circa (sono 610 gli ettari rivendicabili per il Chianti Colli Fiorentini), delle quali il 60% sono prodotte dai consorziati che sono il 52% della denominazione, cioè 27. «Un dato molto interessante da sottolineare - conclude il presidente - è che circa 2/3 delle aziende consorziate sono certificate biologiche». Non una moda da queste parti, considerando che qui hanno iniziato veri e propri pionieri del biologico dell’intera regione, come Tenuta San Vito e Fattoria San Michele a Torri. «È importante nominarle perché hanno fatto da capofila e convinto anche altri a questo importante passaggio». Un percorso che, infatti, continua, considerando che ci sono anche molte altre aziende in conversione.

La degustazione   

Se la dimensione meno urlata nei profumi, ma altrettanto fresca e piacevole, con tannini più docili e una struttura complessiva più agevole, è probabilmente la dimensione all’interno della quale il Chianti Colli Fiorentini si muove con maggior facilità, è pur vero che non mancano casi che riescono a donare interpretazioni assolutamente convincenti anche con il passare degli anni. È quanto emerso durante la sessione di degustazione che quest’anno ha compreso 45 vini di 13 aziende, con un appendice finale dedicata al Vin Santo locale.  

Nei vini di “Annata” – la degustazione offriva millesimi dal 2022 sino al 2018, che ovviamente mostravano profili anche molto differenti tra loro – quando la dimensione floreale riesce ad accostarsi a quella più classicamente fruttata, emergono bottiglie di ottimo respiro, con trame tanniche più docili rispetto alle versioni Riserva, ma altrettanto grintose: è il caso dei campioni di Lanciola (Chianti Colli Fiorentini 2022), Tenuta San Vito (Chianti Colli Fiorentini Darno 2022), Malenchini (Chianti Colli Fiorentini Diletta 2022) e Fattoria di Fiano (Chianti Colli Fiorentini Ugo Bing 2020). Un produttore, quest’ultimo, che mostra grande personalità anche nelle versioni Riserva nelle annate 2020 e 2017. Ma più di un campione, tra i vini con più anni sulle spalle, mostrano una bella distensione aromatica, con una gestione del rovere ben eseguita, tannini di grana fine e una componente sapida che, quando presente, rende il sorso più complesso e dinamico: è il caso di Fattoria San Michele a Torri (Chianti Colli Fiorentini Riserva San Giovanni 2020) o Castello di Poppiano Guicciardini (Chianti Colli Fiorentini Riserva 2016).

Il Vin Santo? C’è chi punta su note dolci e ricche e chi insegue invece l’ossidazione, che se ben eseguita dona un quadro molto intrigante e tradizionale. In quest’ultima versione citiamo Castello di Poppiano Guicciardini con il Vin Santo della Torre Grande 2012, mentre Fattoria a Fiano, con una versione lungamente invecchiata del 2003, mostra il lato più dolce, ricco e opulento.