Da Capriano al Colle. Lo sviluppo del territorio e della sua viticultura

Da Capriano al Colle. Lo sviluppo del territorio e della sua viticultura

Degustando
di Davide Bonassi
25 settembre 2008

Tre Sindaci, di Capriano al Colle, di Flero e di Poncarale presenti, a testimonianza che il rilancio di un territorio richiede unità d’intenti, il saper andare oltre le divisioni amministrative o, per meglio dire, di campanile...

Un Parco Agricolo Regionale di recente costituzione, quello del Monte Netto, a fornire un assist prezioso. Una coltura, quella della vite, a dominare da sempre su questo altipiano calcareo argilloso alzatosi di alcune decine di metri dalla Pianura Padana in epoca quaternaria, terra generosa di vini apprezzati da sempre sulle tavole bresciane. Da tutto questo ha preso spunto sabato scorso la serata promossa dal Consorzio Tutela Vini DOC Capriano del Colle, svoltasi a Palazzo Bocca, sede municipale di Capriano. Feroldi Francesco, Presidente del Consorzio, ha ricordato i numeri di questa realtà vitivinicola: dai 30 ha del 1990 si è arrivati oggi a circa 50 ha vitati; da un sesto d’impianto di circa 1500/2000 ceppi/ha nel 1990 si è passati oggi a quasi 6000 ceppi/ha. Il tutto per una produzione media annua di circa 2700 hl di vino. Ormai in parte già in cantina, la vendemmia 2008 si presenta ottima per qualità non già per quantità a causa dell’eccessiva piovosità di giugno, epoca della fioritura, con conseguente scarsa impollinazione e allegagione. Clou dell’incontro l’intervento del relatore, avv. Innocenzo Gorlani, che con un intervento dotto e appassionato ha messo sul tavolo la ruralità come concetto chiave per le future azioni di sviluppo del territorio. Ruralità che dizionario alla mano significa carattere, tradizione culturale e di comportamento di una popolazione o di una regione contadina. Ruralizzare il territorio qui sul Monte Netto, dopo che negli ultimi trent’anni si è passati dal boom industriale, alla deindustrializzazione e all’approdo ad una società post-industriale, assume il significato di risvegliare una cultura attenta ai valori della campagna, recuperando tratti che questi luoghi hanno avuto e stanno rischiando di perdere definitivamente. L’invito a rieducare alla ruralità si è levato forte, inteso come invito alla conservazione della terra, cioè al rispetto e alla difesa dell’ecosistema, a governare e fruire della terra razionalmente, cioè con buon senso, per impedirne il depauperamento delle ricchezze che offre. In questo quadro mi piace pensare che quell’uso nel titolo della serata del termini “viticultura” (variante ammessa dai dizionari del più corretto termine viticoltura) stia ad indicare che il produrre uva e da questa vino non sia soltanto un processo economico e tecnologico, ma soprattutto un fatto culturale distintivo di una comunità. PROSIT!

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