«Diventare parte di esso». Degustazione filosofica di sei vini di Langa

«Diventare parte di esso». Degustazione filosofica di sei vini di Langa

Degustando
di Giuseppe Vallone
08 maggio 2023

Armando Castagno propone, in novanta minuti, un’intensa lezione di filosofia del vino. Partendo da Hegel e passando per Husserl e Heidegger, giungiamo alla degustazione di sei grandi espressioni territoriali dei vini di Langa quasi trasformati, senz’altro diversi nell’approccio al vino e al suo racconto.

Come Alberto Sordi davanti ai maccaroni dell’indimenticabile Un Americano a Roma, Armando Castagno ha raccolto il guanto di sfida lanciatogli dal titolista della quinta masterclass di Enozioni a Milano 2023. Come interpretare, infatti, il titolo «Fenomenologia di una Langa più riservata»? E, soprattutto, come declinarlo nel racconto di sei grandi vini andando oltre la statura degli stessi?

Ebbene, parafrasando la celebre battuta, quello che segue è, in breve sintesi, il resoconto di una lezione di filosofia del vino tenuta dal Prof. Castagno.

Armando CastagnoPartendo dalla fine del titolo, riservato è aggettivo attribuibile a «persona cauta, controllata, discreta nell’esprimersi e anche nel comportarsi» (così nel Vocabolario Treccani). Non vi è dubbio che, applicandolo al nostro contesto, il termine si sia tradizionalmente ben prestato al vino di Langa, «la Langa delle piccole cose». Armando sottolinea, però, che qualcosa sta cambiando: questa terra di contadini, che ha saputo elevarsi da una miseria nera, oggi si gode – o subisce? – il turismo. Ed ecco che la consueta riservatezza dei suoi vini si sta infragilendo, accecata dalle luci della ribalta internazionale che ne stanno mutando financo lo stile comunicativo.

Andando oltre, Armando si sofferma sulle tre accezioni del concetto di fenomenologia, termine che sta a significare la descrizione dei fenomeni, «ossia del modo in cui si manifesta una realtà» (Treccani):

  1. la prima accezione risale alla Fenomenologia dello spirito di G.W.F. Hegel (1807) e può sintetizzarsi nella «descrizione del modo in cui una realtà si presenta e si manifesta»;
  2. vi è poi la definizione di uso comune, secondo la quale per fenomenologia dovrebbe intendersi «il complesso dei fenomeni e dei fatti in quanto siano rilevabili con l’osservazione»;
  3. per finire, la speculazione filosofica di E. Husserl (1929) dà al concetto la forma di un «rapporto, tra il soggetto e il reale, depurato dal mondo»; per dirla con M. Heidegger, che di Husserl fu allievo, fenomenologia significa lasciar vedere in sé stesso ciò che si manifesta, senza l’occultamento proprio dei nostri pregiudizi.

La declinazione di questo concetto filosofico nella degustazione di un calice di vino non è puro esercizio accademico ma, anzi, ha risvolti etico-pratici di un certo rilievo. Il tentativo, ci spiega il nostro ospite, «è quello approcciare il vino non in condizione di supposta superiorità, nella posizione di demiurghi o di indagatori, bensì di sentirci parte di esso». Soltanto entrando nel flusso stesso del vino, diventando parte di esso, potremo comprendere appieno il modo in cui la (sua) realtà si presenta e si manifesta, secondo l’accezione data da Hegel.

Non solo. La concezione di Husserl va un po’ più in là: richiede, infatti, non solo di mettere da parte atteggiamenti più o meno inconsci di superiorità rispetto al vino, ma di abbandonare anche tutto ciò che di esso noi conosciamo, perché «sono tutte lenti che si frappongono tra la nostra (pura) coscienza e il calice». In altri termini, pretendere di avere un bagaglio nozionistico ed esperienziale di un determinato vino può rivelarsi un boomerangal momento di degustarlo, perché di esso vedremo e percepiremo soltanto ciò che assumiamo di conoscere. È necessario comprendere e accettare che il vino «ha un’origine che è chiamato a riflettere» e che esso, dice Armando, «ha per costituzione un elemento di radice, un radicamento a un luogo che comprende elementi naturali ma anche antropologici e socio-politici».

Fare dunque fenomenologia dei vini di Langa, com’è il caso di questa masterclass dal titolo sfidante, comporta la consapevolezza della loro diversità per matrice territoriale e annata, senza dimenticare l’ovvia comunanza di base ampelografica.

Idealmente, aggiunge Armando, un altro trait d’union può trovarsi nella Cappella del Barolo. Lavorando non in forma mimetica («ossia sulla forma, il quadro riproduce ma non è») ma in forma aniconica, basandosi - al contrario - sul colore, l’opera realizzata da Sol LeWitt e David Tremlett di proprietà della famiglia Ceretto, sollecita l’esperienza pregressa dell’osservatore, chiamato dunque – mentre la osserva – a metterci del proprio.

Così siamo chiamati noi a porci dinanzi al vino: non a mo’ di giudici, non con il nostro bagaglio di conoscenze e conseguenti pregiudizi – giusti o sbagliati che siano -, non con la foga «di valutare e omologare il gusto» bensì ponendoci in modo virginale davanti al calice, così da poter evitare di «prosciugare l’originalità» propria dei diversi vini.

«Vedere, senza vedere: la coscienza non ha occhi e nessun vino ci parla attraverso i sensi» conclude Armando. «Quando un vino è grande ci parla con un’intuizione eidetica», simile a quella della vista («io ho visto quindi io so»).

La degustazione

Barolo DOCG Roncaglie 2017 - Chionetti
La vigna di Chionetti si trova nella parte inferiore della MGA Roncaglie, nel comune di La Morra, a 310 m s.l.m. con esposizione Est – Sud/Est. I terreni sono composti da marne di Sant’Agata Fossili dal chiarissimo colore bianco-azzurro. Fermentazione in tino di rovere con 35 giorni di macerazione, affinamento di 24 mesi in botti di rovere francese.

Naso di viola e rosa rosa, pesca, liquirizia, una lieve fragolina, infuso di erbe e note di tabacco. All’assaggio è scattante, caldo e con una memorabile scia finale sapida che riecheggia di fiori.
Armando lo definisce un esempio di Barolo «moderno senza essere modernista», perché il suo corredo di profumi è vario e intenso pur senza cedere alle suggestioni del legno. Al contempo, vi intravede nitida l’impronta chiara della Roncaglia Sottana e il segno di un’annata molto calda come la 2017, che ha contribuito a disegnare un tratteggio etereo e di volatilità balsamica.

Barolo DOCG Parussi 2016 – Sordo Giorgio
Parussi si trova a Castiglione Falletto e la vigna di Giorgio Sordo si colloca a 270-290 m s.l.m., con esposizione Ovest – Sud/Ovest. Vinificazione in acciaio con macerazione di circa 42 giorni, affinamento di 24 mesi in botti di rovere di Slavonia da 35-50 ettolitri.

Armando definisce questo Barolo «roccioso, pietroso, minerale, quasi combusto». Immediato ed estroverso al naso, al palato la menta selvatica è inconfondibile e contribuisce a rinfrescare decisamente la beva. È un vino frutto di un’annata, la 2016, classica, energica e longeva. Probabilmente è meno virile e leggiadro del vino precedente, ma più austero e votato al futuro.

Barolo DOCG Coste di Rose 2014 – Marchesi di Barolo
Coste di Rose fa parte di Le Coste, una MGA che si trova immediatamente sotto l’abitato di Barolo, e attraversata a metà da una linea di faglia che ne demarca la natura dei terreni: la parte superiore è caratterizzata da sabbie di Diano – proprie di Castiglione Falletto –, mentre quella inferiore ha terreni composti dalle marne di Sant’Agata Fossili. Il vigneto di Marchesi di Barolo, che si trova in quest’ultima sezione, si colloca a 250-310 m s.l.m. con esposizione a Est. La 2014 è stata un’annata fresca, tardiva, sottile ed elegante. Vinificato in acciaio, poi malolattica in cemento, affinamento di 18 mesi in botte medio-grande e almeno 12 mesi in bottiglia.

Naso dolce, di frutta matura, accenni tostati e ricordi di vaniglia. In bocca è fine e scorrevole, il tannino è meno pronunciato e anzi più soffuso dei vini precedenti. Il finale fa emergere chiari aromi di arancia amara.

I viniBarolo DOCG del Comune di Castiglione Falletto 2013 – Cascina Fontana
Vigne poste a 275-320 m s.l.m. con esposizione a Sud/Ovest. La 2013 è stata un’annata che Armando definisce «romantica», fine ma di forte struttura.

Fermentazione in vetroresina, affinamento di 24 mesi in botti di rovere di Slavonia da 25 ettolitri, poi un anno di bottiglia. Non ha solforosa aggiunta.

Avvicinando il calice l’impatto è cupo e severo, ma è esattamente come dovrebbe essere perché è un vino che proviene da una vigna «torva», il Villero, insieme alle migliori uve del Moriondino, entrambe a Castiglione Falletto. Il quadro olfattivo è di liquirizia, carruba, humus, corteccia e fungo. Assaggiandolo emergono echi amari di rabarbaro, cola e radice. La mancanza di solfiti taglia la freschezza. È un vino carismatico, che non si fa fatica a definire buonissimo.

Barbaresco DOCG Gallina 2013 – Castello di Neive
La MGA Gallina si trova all’interno del Comune di Neive, con terreni composti da Marne di Sant’Agata Fossili. Il vigneto di Castello di Neive si colloca a 210-250 m s.l.m. con esposizione a Sud/Ovest. Vinificazione in tini di legno con 22 giorni di macerazione, poi affinamento di 12 mesi in botte grande e altrettanti in bottiglia.

Pochi appunti annotati sul quaderno: enigmatico nei profumi, dei quali si intravede una moltitudine indistinta, il vino è scorrevole, elegante, fine, molto intenso. Maestosità che è propria di un grande millesimo. Un grande vino.

Langhe DOC Sperss 2018 - Gaja
Oggi tornato a rivendicare la DOCG Barolo dopo anni di volontario “declassamento” alla più generica DOC Langhe, anche per via dell’uvaggio che ne comprendeva una piccola percentuale di barbera, lo Sperss nasce dall’assemblaggio di due vigne eccezionali di Serralunga d’Alba, collocate all’interno delle MGA Marenca e Rivette, i cui terreni - a 340-360 m slm - sono formati da arenarie della formazione di Lequio. Armando ci spiega che da qui provengono vini con tannini e longevità di qualità e quantità notevolmente superiore rispetto agli altri Barolo, che per contraltare hanno però l’esigenza di essere attesi, perché «da giovani sono vini inebetiti sulla loro tattilità». 94% nebbiolo, 6% barbera. Fermentazione in acciaio, poi affinamento di 12 mesi in barrique e altrettanti in botte grande.

Naso dall’impatto potente, lungo, con profumi di luppolo, crema pasticcera, frutta secca tostata, sottobosco e humus, acqua di concia. In bocca si propone con vigoria, è tannico e con una incredibile densità tattile. La persistenza minerale è pressoché infinita.

Armando Castagno ci ha dato uno strumento in più da aggiungere alla nostra ideale cassetta degli attrezzi di degustatori, che tocca l’essenza del nostro essere e della materia-vino. Nel farlo, ha dato sostanza a due aspetti, che soltanto in parte traspaiono dalle parole di questo articolo: il primo, che degustare in questo modo, facendo fenomenologia del vino, è possibile e probabilmente auspicabile; il secondo, che i vini di Langa, ancora oggi riservati nella loro dimensione intima, conosciuti in questo modo sono davvero sublimi.