Elogio della schiettezza: due giorni nell'anima dei Colli Euganei

Degustando
di Davide Bonassi
11 maggio 2009

Due giorni, il 30 Aprile ed l'1 Maggio, ospiti del Consorzio Vini DOC Colli Euganei. Le prime brevi riflessioni in attesa dell'approfondimento su l'Arcante...

Scrivo di getto alcune riflessioni sulla visita che il 30 aprile e il 01 maggio ci ha visti ospiti del Consorzio Vini DOC Colli Euganei, riservandomi riflessioni maggiormente meditate per un prossimo articolo su L'Arcante. Due giornate per certi versi di inaspettata ricchezza, quella ricchezza che solo il nostro Bel Paese offre. I Colli Euganei si sono presentati a noi come un trattato di geopaleontologia, consultabile presso il museo a cielo aperto di Cava Bomba. Abbiamo poi attraversato i vigneti, estesi su oltre 4000 ettari, pesandone le esposizioni, l'altimetria e le forme di allevamento (molto diffusa quella "a cappuccina"). Abbiamo degustato oltre 30 vini, apprezzando l'immediata fragranza del Serprino, la nota moscatata dei bianchi, l'impronta erbacea del rossi ottenuti da Merlot e Cabernet, soprattutto Franc e Carmenère, ormai uve tradizionali per la zona visto che vi arrivarono già nella prima metà dell'Ottocento. Abbiamo scoperto l'altro moscato, quello giallo localmente denominato Fior d'Arancio, che offre profumati vini da dessert, sia spumanti che passiti, al pari con i moscati d'asti e i passiti di latitudini più meridionali. A tavola si sono testati accoppiamenti con cibi e materie prime del territorio: in primis gli asparagi bianchi e verdi di stagione, carni da animali da cortile, salumi (segnalo la Festa del Prosciutto Veneto DOP nel prossimo weekend; una golosa occasione per assagiarne in zona, ripercorrendo se vorrete le "prove" di accostamento cibo-vino di a cui ci siamo di buon grado sottoposti).



Le fotografie sono state cortesemente scattate e messe a disposizione dal collega sommelier Roberto Fusè.

Rendo omaggio ai nostri ospitanti, recuperando un grazioso paragrafo da una pubblicazione di inizio anni '70 del secolo scorso dal titolo "Guida alle bottiglie d'Italia", scritto da Flavio Colutta:

"Ed ecco Arquà Petrarca, sperduto nella sua divina solitudina, dove si va in cerca della casa e della tomba del gentile cantore di Laura. Le vigne sono piantate tutto intorno, su terreni argillosi e colloidali. Qui, in omaggio alle "chiare, fresche e dolci acque" di petrarchesca memoria, gustammo il colli euganei moscato, uno spumante naturale di squisito sapore aromatico. Lo consideriamo una perla, amici, il capolavoro dei vini euganei. Ma è pochino pochino. Peccato: perchè è un vino festaiolo per eccellenza. Lo fanno vinificando tre uve: moscato, pinella e garganega. Non ci difendemmo, unito come era a prosciutto e pane locale, da un altro vino del posto: cioè il bianco dei colli, che, canta una guida francese del 1707, allora era in conto del "miglior vino d'Italia". Il colli euganei bianco (questo il suo nome) è secco o amabile, ha un profumo gradevole, si beve che è un piacere, di mattina. Poi trovi il colli euganei rosso, morbido, fine e vellutato; e viene in mente quel che scriveva Elio Zorzi nelle sue Osterie Veneziane, che "chi beve vino padovano, può esser certo che beve vino vero, non mai fatturato". E' così fresco e soave, questo brusco di Teolo, che se fossimo stati un cane, avremmo cominciato ad abbaiare di gioia, quel giorno, lassù, con gli amici di Abano e intorno un bel giro di bicchieroni colmi".

Rientrando da questi pittoreschi e vulcanici colli, zona classica dei vini tipici patavini, portiamo con noi l'assenza di fronzoli di questi vini e la spontaneità delle persone che ci hanno così generosamente ospitato. In una parola: la schiettezza dei Colli Euganei! PROSIT!

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