Il Tokaji, re del vino e vino dei re

Il Tokaji, re del vino e vino dei re

Degustando
di Natale Contini
19 dicembre 2007

Stiamo assitendo alla rinascita di questo storico vino già celebre un secolo prima del blasonato Sauternes: il tokaji aszù vanta una lunga e prestigiosa storia oggi rinverdita dopo un oscuro periodo.

Furono i Romani a impiantare le prime viti e a introdurre la scienza enologica nell’area del Danubio, fertile territorio allora compreso nell’antica Pannonia, provincia romana all’epoca dell’imperatore tiberio. I Magiari, popolazione da cui prende il nome il Paese, all’epoca della loro invasione (IX secolo) trovarono di conseguenza numerosi e rigogliosi vigneti, poi distrutti dai Mongoli e successivamente reimpiantati per opera del re Bela IV che concesse molti privilegi a favore dei viticoltori. La leggenda attribuisce agli italiani l’introduzione della vinificazione del tokaji nella zona di Olaszliszka (olasz in ungherese significa appunto italiano). L’Ungheria è stata per secoli una nazione dalle grandi tradizioni enologiche grazie ai numerossisimi vitigni autoctoni, alle tecniche avanzate di vinificazione dei vini dolci e ad una legislazione vitivinicola addiritura più antica di quella francese “la più antica zona a denominazione d’orogine del mondo” secondo gli Ungheresi. Basti pensare alla classificazione dei vigneti di tokajhegyalja che risale al 1700, alla successiva zonazione dei vigneti di 1ª, 2ª e 3ª classe e non classificati del 1737 e alla vera e propria classificazione di merito in crus nel 1772 – oltre ottant’anni prima dei famosi grand cru classè del Medoc - oppure ai vini dolci botritizzati prodotti intenzionalmente muffati almeno due secoli prima del Sauternes. Il tokaji veniva infatti gìà esportato in grandi quantitativi nel XVI secolo per allietare le tavole, di Re, Papi, Principi e Imperatori deliziati dal carattere tutto particolare del tokaji Aszu di cui diffusero la fama in tutta Europa. Era il vino degli zar cui la leggenda attribuisce di aver avuto la fortuna di bere un tokaji di 200 anni.

Luigi XIV di Francia lo definì il re dei vini e il vino dei re (“vinum regum, rex vinorum”). Questo vino è talmente leggendario dall’essere celebrato perfino nell’inno nazionale ungherese. Nel 1786 fu istituito il catasto viticolo e nel 1881 il primo laboratorio d’analisi enologica. Vale la pena inoltre ricordare un nobile ugherese, il conte teleki, il cui nome è utilizzato per indicare alcuni portainnesti tuttora impiegati. Gli stesssi che verso la fine dell’800 furono messi gratuitamente a disposizione del viticoltori per reimpiantare i vigneti distrutti dalla fillossera. Tale flagello colpì infatti l’area del tokaji negli anni 1889 – 1892 distruggendo completamente i vigneti che furono reimpiantati successivamente con le tre varietà classiche locali: furmint, hárslevelü, sárgamuskotály . Infine la suddivisione dell’Ungheria sancita dal trattato di trianone limitò ulteriormente la commercializzazione del tokaji. Ma il colpo decisivo alla qualità fu inferto dalla collettivizzazione imposta dal regime comunista che compromise per oltre un trentennio la reputazione di questo storico vino.



Il Territorio

In un triangolo a nord est di Budapest, a pochi chilometri dal confine slovacco, nei pressi di Sárospatak (fiume melmoso) e Sátoraljaújhely, c’è la zona d’origine del tokaji, o tokay, o tokaj. Verosimilmente la più antica regione vitivinicola ungherese. I confini sono rigidamente delimitati (già dal 1850) dai Monti Zemplen a Nord, dal fiume Bodrog a est e dalla Grande Pianura Ungherese (o Puszta) a Sud. I fiumi Bodrog e tisza determinano le particolari condizioni climatiche che favoriscono il fenomeno della botrytis e cosentono un favorevole appassimento in pianta delle uve autoctone destinate alla produzione del tokaji aszu. Fanno parte dell’area 28 località, tra cui Mád, tállya, tolcsva, tarcal, Sátoraljaújhely, Abaújszántó. La peculiarità del terreno, il particolare microclima, i vitigni, il trattamento e l’affinamento, uniti ad una straordinaria tradizione pluricentenaria, danno origine ad un vino, un tempo unico e famoso in tutto il mondo. La qualità del terreno è eccellente, ricco di potassio, elemento prediletto dalla vite: si tratta di circa 5500 ettari di costituzione vulcanica a carattere sabbioso ed argilloso. E’ poi il microclima della zona che contribuisce in modo decisivo alla creazione di un vino del tutto unico: infatti, le luminose e calde giornate del tardo autunno, cui seguono le notti brumose, favoriscono la botrytizzazione delle uve con un processo più che singolare. Sono le nebbie che si alzano per contrasto termico dai fiumi Bodrog e Tisza ad innescare il processo che da vita alla botrytis cinerea, la cosidetta muffa nobile. E quello che per altri è una disgrazia qui invece costituisce - come nella zona del Sauternes - una impagabile fortuna.



Il vino

Il vino di cui parliamo non ha nulla a che vedere con il tokay d’Alsace (sinonimo di pinot grigio) e men che meno con il tocai friulano prodotto nel Friuli dall’omonimo vitigno, che dal 31 marzo 2007 ha dovuto cambiare nome, a seguito di quanto discutibilmente decretato dall’Unione Europea. Il tokaji più pregiato e rinomato è prodotto nel comune di Tállya. In questa ristretta zona la tecnica di elaborazione del passito era già nota e raffinata, nel XIII secolo. A seguito della privatizzazione dei terreni conseguente al ritorno all’economia di mercato, dopo oltre 40 anni di statalismo burocratico numerosi investitori sopratutto stranieri hanno modernizzato le cantine e introdotto nuove tecnologie. Vale la pena ricordare, tra i tanti, Axa Millesimes con Disznókö, Suntory di Hészölö, Vega Sicilia di Oremus, Franz Pfeil di Füleky mentre stanno crescendo i produttori ungheresi ed è stata costituita la tokaji Renaissance ovvero l’Unione dei grand crus di tokaji. Stiamo perciò vivendo un nuovo rinascimento del tokaji che nel passato ha dovuto subire alterne vicende legate prima al crollo dell’impero austro-ungarico, poi alla presa del potere da parte del regime comunista dopo la 2ª guerra mondiale che impose una produzione vitivinicola massificata - legata alla quantità piuttosto che alla qualità - concentrata in enormi impianti di vinificazione. Il vino, assunse così caratteristiche di tipo industriale, sottoposto a pratiche enologiche discutibili quali chiarifiche, rigorosi filtraggi, pastorizzazione e, perfino, l’aggiunta di alcol, assieme ad un eccesso di ossidazione, tutto a scapito della tradizione e della qualità.

Dal 1991 la fortificazione del tokaji è stata proibita dalla nuova legislazione vitivinicola ungherese armonizzata con le normative europee. Inoltre tokaj-Hegyalja dispone di un sistema di cantine quanto mai esteso, di dimensioni impressionanti, che rende possibile lo stoccaggio e l’affinamento ideale in bottiglie di diverse annate e in botti e barili tradizionali.
Nelle cantine-tunnel, scavate nella roccia di origine lavica - complessivamente ben 13 km di gallerie disposte su 4 piani in cui sono sistemate migliaia di botti di rovere da 136 litri - nascono, maturano e si affinano i famosi vini dolci ungheresi. I vitigni principali sono: furmint, hárslevelü e sárgamuskotály mentre un certo ruolo l’ha assunto anche lo zéta o oremus (risultato di un incrocio di bouvier x furmint) che dal 1993 può entrare nell’uvaggio fino a circa il 5%. Il furmint è il più importante poiché ha acini dalla buccia sottile più sensibili alla funzione della botrytis cinerea che provoca un fenomeno biochimico, rendendo l’acino permeabile, penetrandolo con il suo caratteristico profumo muffato, facendo evaporare l’umidità dell’uva e concentrando così gli zuccheri e gli aromi. Il furmint conferisce al vino struttura, acidità-freschezza e mineralità. L’ hárslevelü invece, meno aggredibile dalla botrytis trasmette note floreali controbilanciando la mineralità del furmint. Il sárgamuskotály.(qualità di moscato chiamata anche “muscat blanc a petit grains”) conferisce aromaticità.

Lo zéta è invece un vitigno più precoce ma facilmente aggredibile dalla botrytis. La produzione per ettaro non supera le 6-7 tonnellate ed il processo di vinificazione é assai complicato e implica una notevole mano d’opera.



Il processo produttivo del Tokaji aszú

Il tokaji “Aszú”, è il vino più celebre, il più generoso, delicato e ricco di sensazioni olfattive, contiene una certa proporzione di acini scelti avvizziti e attaccati dalla muffa nobile - spesso nei migliori gli acini sono tutti botritizzati - ed ha avuto un’aggiunta di “anima del vino”, una specie di pasta d’uva immessa nel vino la cui quantità si esprime in “Puttonyos”. La produzione del tokaji avviene in due fasi. Nelle annate migliori le uve aszu appassite vengono raccolte a più riprese (tipo “vendage par trie successive” utilizzato per la raccolta delle uve del Sauternes) man mano che sono aggredite dalla muffa nobile. Gli altri grappoli non botritizzati vengono invece lasciati in pianta ad appassire fino alla fine di novembre. Dalle uve botritizzate si ricava una polpa che sarà aggiunta al vino base ottenuto in precedenza. tale aggiunta provoca un processo di rifermentazione che produrrà il vino aszu. La polpa viene posta in una gerla detta putton che ha una capienza di 25 kg. Al vino base si possono aggiungere fino a 6 putton per ogni 136 litri. Perciò un vino tokaji aszu viene definito e classificato in relazione al numero di putton (puttonyos).

Ad esempio un 6 puttonyos avrà al termine di questo processo un residuo zuccherino non inferiore al 15% ossia almeno 150g/l. Il tokaji aszu prima di essere commercializzato deve affinarsi – in base alla legge del 1991 - obbligatoriamente per almeno due anni in legno e per uno in bottiglia. C’e poi un tokaji, fuori quota da 7 puttonyos, chiamato Aszu Essencia che ha avuto una brevissima fermentazione ed è dotato di una intensità straordinaria.

Il tokaji “Aszú Essencia” (Essenza di Aszú di tokaji) è un vino di qualità superiore, proveniente da un apposito cru il cui valore qualitativo supera l’espressione dei Puttonyos, è molto raro, preparato con acini appassiti, attaccati dalla muffa nobile ed è il prodotto del mosto denso che cola dal peso degli acini, poi messo a fermentare in appositi “boccioni di vetro” per diversi anni prima di essere imbottigliato e commercializzato.
Rarissimo invece l’Essencia (700 gr/l di residuo zuccherino) che è il succo stesso fermentato a parte ma non riesce a superare il 6% di titolo alcolometrico, tale è la ricchezza degli zuccheri che inibiscono la funzione dei lieviti.
C’è poi un passito, commercializzato dopo 40 anni d’affinamento e venduto a costi elevatissimi, al quale sono attribuite proprietà medicamentose. Pare che un alcaloide, prodotto dalla botrytis cinerea, conferisca queste caratteristiche terapeutiche e, a parte la tradizione, sembra che effettivamente qualche fondamento scientifico ci sia. I tokaji Aszu si conservano e migliorano con il tempo, fino ad arrivare anche oltre i 30 anni di affinamento. In ogni caso, oggi, le nuove aziende, principalmente straniere, sono orientate alla produzione di un tocaji “nuovo stile”, meno pastoso e ossidato e più fruttato. Un vino da vendemmia tardiva con la raccolta dei grappoli interi solo in parte appassiti e poco botrytizzati. In questo caso si tratta di un vino dolce meno “pesante” rispetto ai classici 5 o 6 puttonyos, caratterizzato da una più facile serbevolezza, più fine ed elegante.



Gli altri vini del Tokaj

Nella Regione del tokaj si producono anche altri vini, sia secchi, sia dolci o abboccati. Il più celebre dei vini secchi del tokaj è prodotto con uva Furmint – oggi piuttosto facile da trovare anche fuori dai confini dell’Ungheria – un vino caratterizzato da una spiccata acidità. Anche l’uva Hárslevelü è utilizzata per la produzione di vini secchi, in genere più morbidi e aromatici di quelli prodotti con il Furmint. Entrambe le uve sono inoltre utilizzatevper la produzione di vendemmie tardive. Un altro celebre vino del tokaj è lo Szamorodni (dal polacco “così come viene”) prodotto con le uve non sufficientemente attaccatevdalle Botrytis Cinerea e quindi non utilizzate per l’Aszú. Lo Szamorodni è prodotto nelle versioni Száraz (secco) ed Édes (abboccato). La versione Édes è prodotta facendo bloccare la fermentazione del mosto lasciando così zuccheri residui nel vino. Per legge, lo Szamorodni deve essere affinato in botte per almeno due anni. Spesso le botti sono lasciate scolme, favorendo in questo modo una leggera ossidazione del vino, caratteristica che conferisce aromi di frutta tostata e secca simili a quelli dello Sherry.



ALCUNI PRODUTTORI DI TOKAJI

  • GIA – Eger
  • Hungarovin – Budapest
  • Balatonboglári RT – Balatonboglár
  • Gróf Degenfeld – Tarcel
  • Istvan Szepsy – Mád
  • Bodrog - Várhegy
  • Bodrog - Kereszúr
  • Disznókö – Tokaj
  • Château Megyer – Sárospatak
  • Château Pjzos - Sárospatak
  • Hétszölö – Tokaj
  • Oremus – Tolcsva
  • Royal Tokaji Wine Company -Mád
  • Tokaji Trading Company -Sátoraljaúlhely
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