La voce del Barolo nei timbri singolari delle sue vigne

La voce del Barolo nei timbri singolari delle sue vigne

Degustando
di Tiziana Girasella
25 ottobre 2022

Nel panorama vitivinicolo delle Langhe, ogni Comune e, più in dettaglio, ogni vigna, riesce ad esprimere caratteristiche peculiari che lo rendono un unicum e che hanno portato alla realizzazione delle MGA. Armando Castagno, durante la scorsa edizione di Enozioni, ci ha permesso di esplorare le principali attraverso il racconto e l’analisi di sei Barolo emblematici.

La chiacchierata, come l’ha definita Armando, parte subito con un assunto che potrebbe sembrare contraddittorio, ossia che la DOCG Barolo - cui appartengono i vini in degustazione - pur rappresentando il vino più nobile, più importante del nostro Paese e in quanto tale denominazione faro, insiste su un areale piuttosto ampio. Sono ben 11 i comuni da cui è composta, sette dei quali più prestigiosi di altri: Verduno, La Morra, Barolo, Novello, Monforte d'Alba, Serralunga d’Alba, Castiglione Falletto e, a completare la denominazione, partecipano con minuscole frazioni amministrative, Grinzane Cavour, Diano d'Alba, Roddi e Cherasco.

Armando CastagnoAll’interno di questo vasto territorio si possono identificare due matrici geologiche: la tortoniana (a ovest) e la serralunghiana.Qui, tra i 7 e i 13 milioni di anni fa, era presente il mare e, pertanto, la matrice di tutti i terreni è calcarea. In superficie, invece, sono presenti varie tipologie di suolo, buona parte dei quali a tessitura franca con la presenza di tutte le tre granulometrie delle particelle del suolo: argille, limi e sabbia.

Il Barolo oggi rivendica anche la Menzione Geografica Aggiuntiva (MGA), ossia la provenienza ancor più dettagliata delle uve che danno origine al vino a patto che siano almeno l’85% e non, si badi bene, il 100%. Introdotte nel 2006, le MGA sono 170 e i due comuni che ne hanno di più sono La Morra e Serralunga (39 ciascuno). La menzione di vigna non è nuova per questo territorio. Addirittura, la bottiglia più vecchia di Barolo, datata 1752, riporta in etichetta Cannubi, una delle vigne più celebri. Interessante poi osservare che non si è mai provveduto a creare una classificazione gerarchica perché, di fatto, questo tipo di graduatoria è stabilita direttamente dal mercato.

La degustazione

Barolo Acclivi 2015 - Comm. Burlotto

L’azienda ha sede in centro a Verduno, in un palazzo affrescato all’esterno con 27 medaglie d’oro vinte ai concorsi di fine ‘800 e inizio ‘900. A guidare l’azienda, Fabio Alessandria che produce, ad oggi, 4 Barolo di grande classicità, cultura e raffinatezza: Castellero, Monvigliero, Cannubi e Acclivi.

Monvigliero è il cru più importante di Verduno: misura 2,02 ha, è esposto a sud pieno e vuole rappresentarne l’essenza - nei suoi caratteri più aneddotici e più territoriali - di estrema finezza anche con il rischio dell’accusa di eccessiva “magrezza”. I vini di Monvigliero possono definirsi fragili, dai colori trasparenti, nasi florealissimi, con speziature ricercate e frutta in gelatina, un’espressione quasi francese.

Acclivi è invece composto da 4 cru, tutti di Verduno: Monvigliero (per una piccola parte), Rocche Olmo che dà il contributo di freschezza, Boscatto e Neirane (diversa dalle altre sia per l’esposizione a ovest che per composizione). È questo IL Barolo di Verduno, con Acclivi nome di fantasia. Qui l’esposizione è varia: ci sono vigne esposte a sud, a sud-est e anche a ovest.

Verduno è un posto caldo che dà luogo a vendemmie piuttosto precoci, con altitudini tra i 300 e i 330 m s.l.m.; dal punto di vista geologico, quasi tutto il comune fa parte della massa Tortoniana. Lo spigolo (in cui si trova Neirane) si trova però su una formazione rarissima, gessoso-solfifera del Messiniano, in cui si ha presenza di vene di zolfo che, in genere, si trovano in zone in cui non si pianta la vite.

Il Barolo Acclivi, vinificato in tino aperto di rovere francese e maturato 33 mesi in grandi botti di rovere di Allier, è affabile, non ha nulla di imposto e gode di una dolcezza (pur essendo, ovviamente, del tutto secco) da glicerina e alcol. Il 2015, annata calda e precoce, presenta un equilibrio delicato, con un’acidità controllata, ma tanta sapidità; è succoso, soave, delicato e raffinato.

Barolo Roncaglie 2017 – Chionetti

Produttore storico di Dogliani, zona dedicata prevalentemente alla produzione di Dolcetto, Giuseppe Chionetti nel 1912 comprò la Cascina San Luigi (uno dei cru storici di Dogliani) dividendo la produzione di Dolcetto tra i grandi imbottigliatori (tra cui anche Einaudi) e destinando una piccola parte all’imbottigliamento. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la produzione incrementò grazie a un nipote, rivelatosi poi un grande vignaiolo, Quinto Chionetti, che tenne le redini dell’azienda fino a 91 anni, cioè fino al 2016, anno della sua scomparsa; oggi in cantina c’è il nipote Nicola. L’ultima grande idea di Quinto, nel 2015, fu quella di acquistare tre parcelle a Barolo per inserire altrettanti vini nella gamma aziendale. Tra questi, quello che stupisce quanto a fedeltà di riproduzione dei caratteri territoriali, è proprio il Roncaglie, una vigna situata sopra La Morra, su cui si pone come una tribuna, in direzione Verduno, tanto che presenta alcuni accenni comuni ai vini di alcune delle vigne che da Verduno condividono la stessa dorsale. Anche in questo caso, così come per la precedente, siamo di fronte a una grande azienda che non vuol essere altisonante, tutt’altro, con una caratteristica comune: nessuno dei loro vini si imporrà mai per veemenza aromatica.

La parcella di cui parliamo è di soli 0,8 ha, posti a un’altitudine di 310 m s.l.m., in posizione svettante, panoramica, con esposizione a sud-est mentre l’estensione della MGA è 36,42 ha, piantata a vigna per il 70% con il 30% lasciato a bosco o coltivato a noccioleti.

Il vino fermenta in legno e matura 24 mesi in botti grandi (25 hl) di rovere francese. All’assaggio emergono subito sentori di buccia di pesca gialla e bianca, un floreale di rosa, liquirizia a seguire.

Le caratteristiche peculiari di Roncaglie, rispetto ad altre vigne di La Morra (tra cui Bricco Chiesa, Luciani, Rocche dell’Annunziata, etc.) che si trovano nella stessa situazione geologica, godendo di una esposizione un po’ più fresca, regala ai suoi vini un po’ meno alcol e un po’ più di acidità (il frutto è quindi più asprigno). Il vino degustato è, in effetti, fresco, ombroso, sussurrato e delicato. La Morra, in generale, dà Barolo più morbidi, un plus negli anni ’50 in cui in molte vigne si faticava a raggiungere una gradazione alcolica adeguata e si realizzavano vini aspri, spigolosi, aggressivi e poco profumati. Oggi, invece, per il cambiamento climatico in atto, in queste vigne si ha il problema opposto.

Barolo Cannubi 2013 - Fenocchio

Vigna emblematica, il primus inter pares, la cui etimologia è irrintracciabile (si pensa derivi dalla parola canna, canneto, ma molti lo chiamano Cannubio o Canubbio). È un vino diverso dagli altri, che meritava senz’altro una MGA, ma che purtroppo non ha potuto liberarsi dai vincoli giuridici dovuti al più importante fattore per la delimitazione delle menzioni: l’uso leale e costante. L’MGA Cannubi parte da sotto il Comune di Barolo e abbraccia un’area geografica molto vasta perché, per secoli, tutto ciò che si è fatto lungo tutta l’area intorno alla collina bassa e lunghissima, è sempre uscito come Cannubi, nell’inerzia dei produttori. Al suo interno, però, si è identificata una zona storica, la collina al centro di quest’area, composta da sabbie, che è stata da sempre produttiva, anche nelle annate più fredde e piovose. Oggi, vive il problema opposto: è la prima vigna che viene vendemmiata a Barolo, la prima zona a far uscire un Barolo che riportava in etichetta un 15% di titolo alcolometrico volumico. È quindi una vigna calda e precoce, in cui le acidità non sono mai le protagoniste dell’assaggio; ciò che però la contraddistingue è l’aroma, originalissimo e unico per la sua bellezza gustativa più che olfattiva.

Da sempre viene etichettato come Cannubi anche quello che arriva dalle colline fuori dai Cannubi storici: la vigna Monghisolfo, è stata spesso etichettata come Cannubi Boschis; il Cannubi San Lorenzo proviene da una vigna che si chiamerebbe solo San Lorenzo; c’è il Cannubi Valletta e il Cannubi Muscatel: tutto ha diritto a chiamarsi Cannubi, anche senza specificare la parcella, cosa che costituisce la tendenza prevalente da parte dei produttori. Viceversa, chi sta nella zona storica, non ha alcun modo per specificarlo. Tutto ciò non ha comunque necessariamente un’accezione qualitativa negativa: vi sono, infatti, tutta una serie di vini prodotti non nella zona storica che sono di qualità eccezionale: questo in degustazione, ad esempio, è un Cannubi Boschis.

Proviene da una parcella di 0,5 ha esposta a sud-est. Come molti vini della vendemmia 2013, l’evoluzione all’ottavo anno conduce a due binari distinti di maturazione: da un lato, al naso, iniziano a evidenziarsi sentori di evoluzione, con una parte di catrame, di sottobosco, di corteccia, felce e fungo porcino; dall’altro la bocca risulta del tutto intatta. L’olfatto evidenzia inoltre la provenienza da una vigna calda: la nota netta di tabacco, di cereale, foraggio, saggina è tipica dei luoghi caldi di Barolo; anche la grana del tannino è piuttosto gentile. Il vino ha un garbo che sembra quasi di altri tempi, basato su fattori che sono patrimonio della tradizione più risalente, cosa che lo rende assolutamente affascinante: toni amaricanti, tannino importante, poco impatto di profondità del frutto e del colore. Anche l’estratto è piuttosto limitato eppure, la forza d’urto è innegabile così come la forza con cui si imprime nella memoria.

I viniBarolo Ornato 2013 - Palladino

Il 4° vino ci porta a Serralunga, in pieno ambito geologico della cosiddetta Formazione di Lequio (o Unità di Serralunga), la matrice di sottosuolo che caratterizza la sezione meridionale del comune di Serralunga d’Alba. Questa striscia è l’unica del Barolo a godere della presenza di questa matrice fatta a millefoglie, a strati di roccia, sabbia, argilla e limo, in grado di dare il Barolo più austero e più tannico in assoluto, con alcol elevato, sapidità lancinante, acidità medie, espansione di profumi scarsa. Già mettendolo al naso, risulta meno profumato, ma sicuramente si rivela solenne, monumentale, quasi monacale; al palato, il tannino è molto potente e in generale tutti i parametri sono alti.

Non tutta la superficie di Serralunga ha però la stessa matrice geologica: a nord, infatti, sono presenti le Marne di Sant’Agata Fossili; ad es. le vigne Cerretta e Prapò appartengono a questa seconda matrice. Ornato confina con vigne di grande fama: Badarina, Cascina Francia, Falletto, Briccolina, Arione. La voce più baritonale che ha il vino in questa zona è caratteristica comune a tutte le vigne e costituisce pieno riflesso del territorio.

Il Barolo Ornato di Palladino proviene da una vigna di 6,70 ha, esposta a sud, a un’altitudine tra i 370 e i 390 m s.l.m., molto ventilata. Matura 24 mesi in botte grande di rovere di Slavonia dove svolge anche la malolattica. Il vino è potente, empireumatico, giocato su toni scuri di cenere, goudron e china; il fiore è una viola, presenta una parte mentolata e balsamica e un po’ di tabacco Kentucky. Si abbina perfettamente a piatti importanti o elaborati come stracotti e brasati: non solo tiene la forza del piatto, ma lo tratta con gentilezza senza invaderlo. Questo carattere del Barolo come vino da accompagnamento, non si limita ai soli piatti della tradizione, così come si è soliti immaginare, ma meriterebbe un’indagine più approfondita in quanto molto più poliedrico di quanto ci si aspetti.

Barolo Bussia Vigna Mondoca 2009 - Oddero

«La Bussia ha un grande pregio», dice Armando, «dare vini formidabili. Ma un grande difetto: essere instudiabile». Pur facendo parte del Comune di Monforte, appartiene a un ambito territoriale diverso in quanto la sua MGA copre un’area di 298,89 ha: consta di una serie di zone differenti con altitudini che vanno da 210 a 460 metri. Qui le grandi vigne hanno tutte un nome ed è normale che i produttori lo rivendichino, soprattutto se presentano una storicità. Una strada separa la Bussia Sottana (a valle) da quella Soprana (a monte) in cui si trovano vigne molto famose: dalla Cicala, a Colonnello, Romirasco, Pian Polvere, Dardi, Le Rose, Mondoca (quest’ultima molto piccola), Munie.

La Bussia è una parte del territorio di Monforte che appartiene sotto ogni profilo a Barolo, in quanto ne ricalca i caratteri geologici: è per questo che Monforte è l’unico dei grandi comuni a non avere un’unità propria perché qui si incrociano tutte. Dalla Bussia si pretende finezza, così come a Barolo, non potenza e non austerità.

Oddero è un vero baluardo della tradizione barolista: fondata nell’800, già agli inizi del ‘900 aveva fatto man bassa di premi alle esposizioni internazionali a cui aveva partecipato. La vigna è di 1,13 ha a un’altitudine di 380 m s.l.m. esposta a sud-ovest, da cui si producono pochissime bottiglie. Vinificato in acciaio, passa poi tre anni in grandi botti di rovere di Slavonia. Rispetto al precedente, segna il ritorno a un’esperienza di dolcezza e morbidezza. Molto affascinante, è equilibrato e pieno.

Barolo Monprivato 2009 – Giuseppe Mascarello

Mauro Mascarello è al timone dell’azienda dal 1967; la cantina, fondata nel 1904, si trova lungo la dorsale di Castiglione Falletto. Monprivato è la sua vigna più celebre: consta di 6,5 ha (su un’estensione totale della MGA di 7,12 ha), esposta a sud-ovest a un’altitudine che va dai 240 ai 320 m s.l.m.. Solo due i proprietari, Mascarello, e Sordo che però non imbottiglia un Barolo con questo nome; Mascarello, quindi, è l’unico a produrre il Monprivato, ma non si può definire tecnicamente un monopolio. Nel 1921 sono state piantate delle piante di nebbiolo, biotipo Michet, proprio al centro della vigna; ancora oggi queste piante producono un altro vino, il “Cà d’Morissio” (letteralmente, casa di Maurizio): c’è quindi un secondo Barolo, prodotto dalla stessa vigna, ancora più raro.

L’Unità di Castiglione ha un nome bizzarro: Arenarie di Diano d’Alba, in quanto molte delle vigne di Castiglione sono poste su terreni sabbiosi: i vini che vi si producono sono delicati, scarichi di colore e alti di grado. Il Monprivato, prodotto per la prima volta nel 1970, fermenta in tino di legno, con contatto sulle bucce di 25 giorni, matura 36 mesi in botti molto grandi di rovere di Slavonia e almeno 12 mesi in bottiglia prima della messa in commercio. È una sinfonia di rosa, pepe bianco, tabacco, liquirizia, presente sin da giovane; nel tempo terziarizza ma non ossida, tirando fuori sentori di soia, polvere da sparo, cannella (peraltro già presente nella bottiglia in degustazione). Ciò a cui bisogna prestare attenzione è però soprattutto la parte minerale, che lascia sensazioni sapide molto intense. Ha un grande senso della misura, così come in realtà tutti i vini in assaggio e così come è giusto pretendere da un grande Barolo.

Armando conclude dicendo che un Barolo dovrebbe infiltrarsi nella memoria e non colpirla, per essere un degno erede di tutto ciò che è stato fatto dai grandi produttori che lo hanno reso celebre e prima che si realizzassero le Menzioni Geografiche Aggiuntive.