Palmento Costanzo, una storia d’amore con l’Etna e i suoi vini

Degustando
di Barbara Giglioli
26 giugno 2024
Una mattinata e un pranzo dedicati al nettare prezioso che nasce alle pendici del vulcano, in un riuscito matrimonio con la cucina dello chef Pino Cuttaia a Uovo di Seppia, a Milano.
Un antico detto siciliano dice che “l'omu bonu va cu lo cori 'n manu”, ossia “l'uomo buono va con il cuore in mano”, ma non solo, perché solitamente chi fa del bene non si limita a tenere il suo cuore stretto nella mano, ma lo mette in tutto ciò per cui si adopera. Ed è il caso di due donne, madre e figlia, che insieme hanno portato tutto il calore e la bellezza della loro terra a Milano, dove hanno presentato i loro vini, in abbinamento alle pietanze ricercare dello chef Pino Cuttaia.
Valeria Agosta e sua figlia Serena sono mente e cuore di Palmento Costanzo, un’azienda relativamente giovane ma già ben radicata nel territorio siciliano. Due donne determinate, dagli occhi profondi e lo sguardo vibrante di chi sa guardare lontano.
La storia di Palmento Costanzo
Le origini della cantina affondano le radici nel terreno dell’amore: quello di Valeria e Mimmo in primis, ma anche quello per il vino e per l’Etna, passioni condivisa da marito e moglie. Si conoscono da piccoli e insieme, passo dopo passo, costruiscono un cammino di vita prima sentimentale e poi professionale. Nessuna formazione tecnica pregressa in materia di enologia o agraria, ma la propensione comune al bere bene.
«Abbiamo sempre avuto la passione per la “Muntagna”, come chiamiamo noi il nostro vulcano- spiega Valeria- un elemento che ha sempre attirato la nostra passione, una calamita la cui forza attrattiva si sente anche a migliaia di chilometri di distanza». Così da Roma, la famiglia, completata anche dai figli Giuseppe e Serena, decide di tornare in Sicilia. L’acquisto della proprietà in Contrada Santo Spirito porta così alla nascita di Palmento Costanzo.
Da madre in figlia
«Natura e vino: sono cresciuta con queste due parole fondamentali sempre nella mia testa- racconta Serena- i miei genitori sono sempre stati così appassionati, che durante le vacanze non andavamo solo per musei, ma anche per cantine».
È ancora adolescente quando mamma e papà acquistano i primi appezzamenti, ma sente già un forte legame con la realtà embrionale di Palmento Costanzo. Lascia così la facoltà di economia che sta frequentando e si iscrive prima ad Agraria e poi alla specialistica in Enologia e Viticoltura. Ma sarà il viaggio in Francia, durante il periodo universitario, a farle capire molte cose. Si trasferisce a Montpellier, dove segue il Master Sciences de la Vigne et du Vin e prosegue con un tirocinio a Bordeaux, da Château d’Armajan, concentrandosi in particolare modo sulla parcellizzazione del territorio e poi il lavoro in cantina. «Lo sguardo francese all’enologia mi ha conquistata- confessa Serena - nel mio bagaglio di esperienze ho riportato in Italia il desiderio di approfondire gli aspetti di tecnica, ricerca e sviluppo sul terroir».
Il potere del vulcano
Santo Spirito è una delle centoquarantadnue contrade che compongono la denominazione Etna DOC, tutte situate tra i versanti Nord, Est, Sud-Est e Sud-Ovest del vulcano: ciascuna rappresenta un terroir a sé stante, dovuto alla presenza o meno di colate laviche. Quella che delimita la proprietà Palmento Costanzo (a Nord della DOC), è addirittura del 1879.
I vigneti di Contrada Santo Spirito, che si trovano su terrazzamenti, sono a piede franco e dell’età di oltre 120 anni. Sono tra i pochi a essere sopravvissuti all’epidemia di fillossera che, all’inizio del Novecento, ha distrutto in pratica ogni filare esistente in Europa.
Valeria e Mimmo comprendono subito le potenzialità di questo appezzamento, che diventerà il cru d’elezione di Palmento Costanzo, dando vita ai vini più iconici della tenuta. Qui sono coltivate le viti di nerello Mascalese (varietà principe della DOC), con una piccola presenza di nerello Cappuccio. Dai cinque ettari iniziali, la proprietà si arricchirà poco dopo di ulteriori due ettari, prima di raggiungere gli odierni diciotto.
I vini
La volontà, ma anche la missione di Palmento Costanzo è sempre stata quella di produrre vini eleganti, freschi, dal grande potenziale di longevità e strettamente legati al territorio. La famiglia ha deciso quindi di segmentare ogni parcella, vendemmiandola con cura, rispettando i tempi della natura e le caratteristiche del suolo che li accoglie.
Sono quattro le varietà autoctone prodotte che descrivono perfettamente il territorio e la sua particolarità: il nerello Mascalese, il nerello Cappuccio, il carricante e il catarratto. Il blend dei primi origina gli Etna DOC Rosso Mofete, Nero di Sei (la prima, storica etichetta della cantina, nata dalla vendemmia del 2011), Contrada Santo Spirito e Prefillossera, mentre dall’assemblaggio dei secondi nascono gli Etna DOC Bianco Mofete, Bianco di Sei, Contrada Santo Spirito e Contrada Cavaliere. Con l’impiego del solo nerello Mascalese, Palmento Costanzo produce anche Mofete Rosato e i Metodo Classico Brut e Brut Rosé.
Il Bianco di Sei abbinato alla cucina di Pino Cuttaia
«Per noi l’Etna è sempre più bianco». Questo l’incipit della degustazione tecnica per madre e figlia, innamorate dei vitigni a bacca bianca capaci di raccontare in maniera puntuale l’identità del terroir che circonda il vulcano.
La composizzione del suolo, arricchita da sabbie e rocce effusive prodotte dall’attività costante dell’Etna, offre le condizioni ideali per l’espressione di Carricante e Catarratto, varietà che Palmento Costanzo interpreta con il progetto Bianco di Sei, protagonista della degustazione tenutasi da Uovo di Seppia Milano.
A caratterizzare questo vino è un naso vivace di fiori bianchi e agrumi, con rimandi di erbe aromatiche e idrocarburi. All’esame gustativo è fresco e persistente, con accenni minerali. Caratteristiche che stupiscono e peculiarità in grado di raccontare non solo l’ambiente in cui crescono i vitigni, ma anche le particolarità e l’unicità di ogni singola vendemmia. Da qui la scelta di portare in successione cinque annate: la 2018, 2019, 2020, 2021, 2022, ciascuna dotata di un proprio carattere.
L’abbinamento
A braccetto quindi con un vino che si fa riconoscere per le sue qualità c’è una cucina altrettanto speciale: quella di Pino Cuttaia, patron di Uovo di Seppia, un angolo di Sicilia a Milano.
La danza del gusto inizia con un aperitivo a base di Trapanese, Macco di fave con gnocchetti di seppia e l’immancabile Caponata di verdure, abbinati all’Etna Doc Metodo Classico Brut, nerello Mascalese in purezza, con rifermentazione in bottiglia e affinamento di 24 mesi sui lieviti.
Una volta a tavola, si inizia il pranzo con uno stupefacente bis di antipasti: il Pesce spada alla ghiotta e il Merluzzo all’affumicatura di pigna. Palmento Costanzo ha deciso di continuare a percorrere la strada dei bianchi per l’abbinamento, proponendo Contrada Cavaliere 2020 e Contrada Santo Spirito 2020.
Nonostante la vinificazione del carricante (quasi in purezza) sia la stessa per entrambi, il profilo aromatico è completamente diverso, in virtù della differente esposizione e composizione del suolo dei due cru (Contrada Santo Spirito si trova a Nord della denominazione Etna DOC, Contrada Cavaliere a Sud Ovest). Contrada Cavaliere si caratterizza sicuramente per le note di zagara, agrumi e frutti tropicali, seguiti da origano e pietra focaia. Al palato è sapido e sinuoso, con una piacevole acidità e un finale marino. In Contrada Santo Spirito predominano invece i sentori di frutta a polpa bianca con cenni di note minerali. In bocca è persistente, di buona acidità, con un finale piacevolmente sapido.
Il primo piatto scelto da Pino Cuttaia è una tipica portata siciliana, qui proposta secondo la reinterpretazione dello chef: l’Arancino al ragù di triglia, in pairing con l’Etna DOC Rosso Nero di Sei 2020, blend di nerello Mascalese (80%) e nerello Cappuccio (20%). Nel bicchiere ha un colore rosso rubino brillante e combina un bouquet di frutti rossi, pietra focaia, spezie e note balsamiche con un palato verticale, fresco e minerale. Il pranzo continua poi con la Cernia lisciata all’olio di cenere, abbinata all’Etna DOC Rosso Contrada Santo Spirito 2019. Nell’assemblaggio predomina il nerello Mascalese e si caratterizza per il colore rosso rubino brillante. Rivela al naso frutti rossi, ciliegia e sfumature di spezie e pietra focaia, mentre al palato è avvolgente, dai tannini decisi e ben integrati, lungo e persistente con un finale piacevolmente minerale.
A chiudere in dolcezza, la rivisitazione della cassata, nell’interpretazione originale di Pino Cuttaia. Un meraviglioso punto d’arrivo al termine del climax degustativo, per ricordare, ancora una volta, che tutto quello che parte dalle origini e della propria terra ha una marcia in più, un significato ancora più profondo. Perché quando ci si mette cuore, il risultato non può che essere capace di fare del bene, toccando sfumature di meraviglia.
Photo Credit: Gabriele Zanon, Benedetto Tarantino