Passiti italiani. Colori, territori, espressioni

Passiti italiani. Colori, territori, espressioni

Degustando
di Daniela Recalcati
04 gennaio 2021

Nel quinto appuntamento di Annessi e Connessi, Massimo Zanichelli ci ha guidato nell’appassionante mondo dei passiti italiani. Un viaggio sensoriale dove aspetti enologici ed estetici convergono e si fondono in modo unico e affascinante.

I passiti sono vini dolci ad alto residuo zuccherino. È interessante osservare come la loro produzione e il loro consumo siano inversamente proporzionali alla loro grandezza e storicità. Sono vini di esperienza ancestrale, che accompagnano l’umanità fin dai suoi albori. Nell’antichità erano offerti alle divinità; in tempi più moderni, sono conservati per festeggiare occasioni speciali. Sono vini preziosi, che hanno il crisma della santità, della rarità, della grandezza e dell’esclusività; sono sempre stati al centro della vita, dell’alimentazione, della cultura e della religione di una comunità.


Il relatoreSi può affermare che il vino dolce sia l’essenza della civilizzazione europea rappresentando le radici più profonde della vitivinicoltura. Viene da chiedersi perché - spesso e troppo sommariamente - venga considerato inferiore ad altre tipologie: forse è ritenuto un vino troppo semplice e poco virile o ha un’alcolicità troppo elevata o, ancora, perché si serve a fine pasto. Purtroppo, così si rinuncia all‘esperienza unica di godere di un vino “straordinario” per lo stile produttivo, per la sua lunghissima durata nel tempo e per le intense emozioni che suscita in chi lo degusta.

La pratica dell’appassimento delle uve - processo fisico di disidratazione dell’uva che produce una concentrazione di zuccheri, aromi e acidi organici - è antichissima e permette di rendere il vino più consistente, duraturo e facile da conservare.

I principali sistemi di appassimento in Italia e nel mondo sono tre:

Appassimento naturale, che può avvenire sia all’aperto che al chiuso, prevede diverse modalità

  • A grappoli orizzontali stesi al sole, su stuoie, graticci e reti, che devono periodicamente essere girati per avere un’esposizione uniforme
  • A grappoli appesi in verticale che sono più arieggiati e necessitano di minori cure

Appassimento in pianta

  • Vendemmia tardiva
  • Torsione del peduncolo o taglio del tralcio
  • Incisione anulare
  • Marciume nobile (Botrytis cinerea) (vini muffati)
  • Congelamento delle uve in presenza di temperature ambientali molto basse (Eiswein)

Appassimento forzato

  • In locali ventilati
  • In celle condizionate

Il viaggio sensoriale, quando si parla di vini passiti, parte inevitabilmente dalla vista. Le uve non solo hanno colori diversi a seconda del vitigno ma, durante l’appassimento, subiscono anche delle metamorfosi cromatiche. Per i colori del vino viene individuata una scala cromatica che parte dal più tenue paglierino, tipico del Moscato d’Asti, per arrivare a colorazioni più intense: dorate, ambrate, mogano, rosa, rubino–vermiglie fino al porpora.


Appassimento in piantaIl colore oro–arancio è diffuso su tutto il territorio nazionale in uno scenario molto variegato che va dalla montagna alla collina, da vitigni aromatici a varietà più neutre. I passiti che nascono nelle zone di mare hanno quasi sempre un colore che tende all’ambrato. Il colore mogano, che è un marrone più o meno acceso, scuro o con sfumature rossastre, è legato al mondo del Vin Santo. Il granato–rubino è quello del Brachetto, del Moscato Rosa, del Moscato di Scanzo, del Valcalepio Moscato passito e dell’Aleatico dell’Elba. Il colore porpora lo ritroviamo nel Veneto con il Recioto, il Refrontolo passito, il Piave Raboso passito, ma anche altrove con la Lacrima di Morro d’Alba, il Montefalco Sagrantino e il Primitivo di Manduria dolce naturale.

L’Italia è un paese ricchissimo di tipologie di vini passiti. Durante la serata sono stati degustati, commentati e illustrati dal relatore 5 vini.

Romagna Albana DOCG Passito Scacco Matto 2015 – Fattoria Zerbina
(albana 100%)
Vino muffato setoso e seducente di colore giallo pieno. Al naso si apprezzano sentori di frutta esotica, note di zafferano, di agrume candito e di spezie naturali. In bocca la dolcezza viene contrastata mirabilmente dall’acidità.

Il secondo vino proviene dalla Valle d’Aosta ed è un vero passito di montagna. Appartiene a una realtà molto piccola che interessa 7 comuni, si estende su 15 ettari, con 2 aziende che producono 6000 mezze bottiglie in totale.

Valle D’Aosta DOC Chambave Muscat 2015 – La Crotta di Vegneron
(moscato bianco 100%)
Il colore è dorato pieno e luminoso. Il profumo si sente a distanza, è suadente, con timbro aromatico riconoscibile, note di muschio, fiori bianchi, pasticceria, accompagnate da una fresca balsamicità. In bocca è pieno, ma sciolto e fragrante. L’aromaticità di questo vino non è stucchevole, ma è come una ventata di aria fresca ricca di aromi. Lunghissima la persistenza.

Scendendo lungo lo stivale arriviamo a Pantelleria, poco più di un atollo, immerso nel mare di Sicilia di fronte alle coste tunisine. L’isola ha origini antichissime ed è abitata fin dal Neolitico. Ha subito nei tempi l’influenza di varie popolazioni tra cui gli Arabi che hanno introdotto, nel I secolo d.C., la coltivazione del moscato d’Alessandria, localmente chiamato zibibbo. I vigneti si estendono su 1300 ettari sparsi qua e là, delimitati da muretti a secco. Il Passito di Pantelleria viene prodotto in modo particolare: i grappoli, completamente asciutti, vengono sgranati manualmente e macerati nel mosto di zibibbo in fermentazione.

Passito di Pantelleria DOC Ben Ryé 2017 – Donnafugata
(zibibbo 100%)
Colore ambrato con sfumature aranciate molto vive. Al naso si percepiscono note salmastre, frutta anche candita e sentori di erbe aromatiche, rosmarino, ginestra e lavanda. Questo passito è uno di quei vini rari in cui l’olfatto già segnala qualcosa di tattile: sembra di percepire al naso la cremosità, la consistenza, l’avvolgenza, persino la viscosità del vino. In bocca la dolcezza è importante, ma assolutamente contrastata dall’acidità e il sorso si chiude con note iodate e un tocco salmastro che permettono al vino di comunicare freschezza, luce e brillantezza.

Risaliamo in Toscana per parlare di Vin Santo. Il Vin Santo è prodotto prevalentemente, ma non solo, in Toscana; esistono anche molte altre realtà come il Vino Santo Trentino, il Gambellara Vin Santo, il Colli Piacentini Vin Santo di Vigoleno, l’Amelia Vin Santo e il Torgiano Vin Santo.
La caratteristica che li accomuna è l’uso del caratello, piccola botte (da 50 a 150 litri) ove il Vin Santo viene messo a invecchiare nei sottotetti. È un passito “sui generis”, con evidenti tracce di terziarizzazione e di ossidazione; è un vino d’altri tempi, in antitesi con l’enologia moderna che cerca in tutti i modi di proteggere il vino dall’ossigeno.

Vin San Giusto 2010 – San Giusto a Rentennano
(malvasia 90%, trebbiano 10%)
Il colore è scuro e cangiante. Al naso si percepisce un aroma antico, il profumo di granaio, di un paniere di frutta secca, con note balsamiche. In bocca è denso, con un accenno di mou e di liquirizia, di amaretto e frutta secca.

Come ultima tappa, ci spostiamo nel Veneto per parlare di Recioto della Valpolicella. La Valpolicella è suddivisa in tre settori: la zona classica a ovest - le vallate di Fumane, Marano, Negrar e gli areali di Sant’Ambrogio e di San Pietro in Cariano -, la Valpantena al centro e la Valpolicella orientale, che è la zona delle DOC. Consta di 19 comuni, di cui 5 in zona classica e 14 in zona DOC, per 30000 ettari di estensione.
Gli antesignani del Recioto erano il vino “retico” (II secolo a.C.) e il vino “acinatico” (V–VI secolo d.C.). Si comincia a parlare di “Recioto” solo nell’Ottocento. Nel tempo è stato prodotto con diverse tecniche di appassimento e i vitigni utilizzati sono la corvina veronese, il corvinone, la molinara, la forsellina, la negrara e l’oseleta.

Recioto della Valpolicella DOCG Sant’Ulderico 2011 – Monte Dall’Ora
(corvinone 50%, corvina20%, rondinella 20%; croatina, molinara, dindarella 10%)
Colore rosso porpora cardinalizio. Al naso note di amarena e cioccolato. In bocca è fresco, pastoso con spunti quasi medicinali.

Per concludere, i vini passiti sono così ricchi, autonomi, complessi e sostanziosi che non necessitano di un abbinamento, ma meritano di essere degustati da soli, come vini da meditazione o da conversazione a fine pasto.