Reboro, l’oro rosso del Trentino

Reboro, l’oro rosso del Trentino

Degustando
di Sara Missaglia
31 ottobre 2023

Nello stesso territorio dove nasce il celebre Vino Santo Trentino si produce da qualche decennio anche il Reboro, passito rosso secco da uve rebo. Conosciamolo meglio.

Dici passito e pensi a vini dolci, dotati di un residuo zuccherino importante (che va dai 110 ai 180 grammi per litro) e ideali per gli abbinamenti con la più classica delle pasticcerie, quella secca. Più complesso e inusuale è pensare invece a vini passiti secchi, soprattutto se rossi: Amarone e Sforzato sono tra i più noti di questa rara categoria. In Trentino la tradizione dell'appassimento è invece secolare e moderna al tempo stesso, inclusiva, contemporanea e multicolore, con l’appassimento di un’uva bianca, la nosiola, e di una nera, il rebo. Sicuramente la prima, unico vitigno a bacca bianca nativo della regione, è più famosa e celebrata per via di quel vino straordinario che prende il nome di Vino Santo, passito dal più lungo appassimento al mondo, che va dal momento della vendemmia verso fine settembre sino alla settimana di Pasqua. Ma in quella stessa Valle dei Laghi tra i comuni di Toblino e Sarche, esattamente dove nasce il Vino Santo, si produce da qualche decennio un vino che prende il nome di Reboro, e che si colloca a pieno titolo tra i vini italiani passiti secchi, proprio come i già citati Sforzato o Amarone. Come dire: appassimento black and white, il primo secco, il secondo rigorosamente dolce. E la kermesse annuale ne promuove la conoscenza attraverso incontri, degustazioni e “gemellaggi”, dal momento che i Vignaioli del Trentino invitano ogni anno produttori di areali diversi ma con analogie dal punto di vista produttivo. Questa edizione ha visto in calendario degustazioni di Sagrantino di Montefalco, mentre in passato sono arrivati nella Valle dei Laghi produttori di Amarone dalla Valpolicella, di Sforzato dalla Valtellina e di Buttafuoco Storico dall’Oltrepò. 

La nascita del rebo

Il Reboro nasce da uve rebo, una bacca nera incrocio tra teroldego e merlot, creata dal genetista trentino Rebo Rigotti. Per molto tempo venne creduto un incrocio tra merlot e marzemino, ma solo gli studi recenti hanno individuato il DNA del teroldego tra i due genitori dell’ibrido. Il vitigno è stato iscritto e riconosciuto nel Catalogo Nazionale delle Varietà di uva da vino e destinato alla vinificazione solo nel 1978, dopo la morte del suo creatore. Strano destino quello del professor Rigotti, a cominciare dal nome, che i genitori, titolari di un'azienda agricola produttrice di Vino Santo Trentino, gli diedero ricavandolo dalla parola "vite" scritta in tedesco, ovvero "die Rebe". Nel 1907 frequentò la Scuola Agraria di San Michele all'Adige e, dopo aver ottenuto la qualifica professionale agricola nel 1909, lavorò per circa un decennio nell'azienda del padre. Negli anni 1919-1921 ricoprì l'incarico di visitatore tecnico per i danni post bellici alle campagne per conto dell'Ufficio del Genio Civile di Rovereto, e nel 1921 lavorò presso la stazione sperimentale agraria di San Michele all'Adige in qualità di ispettore delle cantine della Venezia Tridentina. A lui si deve buona parte della sperimentazione agricola del ‘900, con studi di frutticoltura, cerealicoltura e, soprattutto, in campo viticolo con la ricerca e la sperimentazione di numerosi incroci. 

La tecnica di produzione del Reboro

Oggi sono quattro i vignaioli dell'Associazione del Vino Santo Trentino DOC che producono Reboro, e in dieci anni hanno fatto conoscere un nuovo modo di fare enologia: sono le cantine Maxentia, Giovanni Poli, Fratelli Pisoni e Francesco Poli. Durante la vendemmia vengono selezionati i migliori grappoli e la raccolta è rigorosamente manuale. Le uve vendemmiate vengono collocate sulle arele (o graticci) esattamente come per la nosiola, e trasferite direttamente nei fruttai, per evitare la frattura degli acini durante altre manovre manuali. L’appassimento avviene tra montagne e catene dolomitiche, favorito da un microclima quasi mediterraneo e molto ventilato per via della presenza del Peler, un vento da nord di tramontana che spira al mattino, e del più mite Ora del Garda, che arriva nel pomeriggio direttamente dal più grande bacino lacustre d’Italia. Il lavoro del vento è fondamentale nei fruttai, locali asciutti e perfettamente ventilati. Al termine dell’appassimento, dopo circa cinquanta giorni, l’uva ha perso circa il 30% del proprio peso, ha concentrato sia succhi sia corredo aromatico ed è pronta per essere pigiata. Il risultato è un’uva completamente diversa rispetto alla vendemmia: la freschezza del sapore di ciliegia viene, ad esempio, trasformata in prugna matura. Sulle arele viene effettuata un’altra selezione: solo gli acini migliori verranno sottoposti a pigiatura, e passeranno dalla pigiatrice alla fermentazione. È importantissimo che il lievito effettui la fermentazione completa dello zucchero, seguita da un periodo di maturazione in legno. Il vino così ottenuto ha eleganza e finezza, complessità e sapidità: pienezza, armonia, intensità e bouquet olfattivo sono amplificati proprio dall’appassimento. I vini sono freschi grazie al mantenimento di una buona acidità che, assommata alla sapidità, ne fa prodotti agili e per nulla sontuosi, dalla trama alcolica contenuta. Da uve rebo vinificate fresche e non appassite (o parzialmente appassite) è possibile realizzare un vino che porta lo stesso nome: si chiama Rebo, per differenziarlo dal Reboro, che invece prevede l’impiego di sole uve rebo appassite. 

L'Associazione dei Vignaioli del Vino Santo si è data un disciplinare interno, dal momento che la produzione di questo vino viene classificata come IGT: è previsto un periodo di maturazione in legno di almeno tre anni, prevalentemente in tonneau. Sono vini di grande corpo e struttura, ma con tutta l'eleganza e l'agilità dei vini di montagna: vini dotati di una piacevole morbidezza, dal tannino setoso e mai aggressivo. La dolcezza di naso che arriva dall'appassimento non deve trarre in inganno: al palato sorprendono per ritmo verticale e, soprattutto, secco. Il legame con il Vino Santo è sottolineato anche all'interno del marchio collettivo del Reboro, che riporta l'immagine della Dea Fortuna che si trova sul rosone del Duomo di Trento, e che è anche il simbolo del Vino Santo Trentino. Il numero delle bottiglie prodotte annualmente va dalle 15 alle 20.000 bottiglie, con un prezzo medio a bottiglia intorno ai 35 €. È un prodotto su cui i vignaioli del territorio stanno puntando, considerandolo un vino “moderno” e adatto all'abbinamento a tavola, con piatti sicuramente di struttura, persistenza e aromaticità.