Rizzi e il Barbaresco, immagini autentiche di Langa

Rizzi e il Barbaresco, immagini autentiche di Langa

Degustando
di Gabriele Merlo
30 aprile 2015

Enrico Dellapiana, dell’Azienda Vitivinicola Rizzi, è un bel ragazzo, alto, giocatore di basket, intelligente e carismatico, classe 1978; nell’avventura langarola del vino è affiancato dalla sorella Jole, classe 1974, certo due splendide annate anche per il Barbaresco.

I vini dell’azienda Rizzi rispecchiano Enrico e la sua famiglia, a cui egli è saldamente legato, come lo sono le sue vigne di nebbiolo che affondano le radici nella terra di Treiso.

I Dellapiana sono una famiglia di autentici viticoltori, coltivatori di uva sin dal lontano Ottocento nella piccola Treiso, il meno conosciuto dei comuni che producono Barbaresco, capace di donare vini sorprendenti da celebri cru. 
Lo spirito imprenditoriale non è mai mancato ai Dellapiana; già alla metà del secolo scorso nonna Jole vendeva le proprie uve in piazza ad Alba. Dopo una parentesi a cercar fortuna lontano dalla terra natale, il richiamo delle origini ha riportato Ernesto, padre di Enrico, a casa “a fare il contadino”. Proprio a Treiso, Ernesto decide di fondare, ad inizio anni Settanta, l’azienda vitivinicola, acquistando la cascina Rizzi. All’epoca la terra era un peso e fare il vino più che altro un metodo di sussistenza: si piantava grano e non vite, le strade erano sterrate e i paesini isolati, la terra si vendeva e non si acquistava, come oggi, a caro prezzo, era ancora e comunque la Langa della  “malora” di inizio Novecento e del Dopoguerra.
Enrico, figlio degli anni Ottanta, ha vissuto decisamente un’altra Langa, rinnovata, a metà strada tra quella tanto cara a Beppe Fenoglio e quella odierna dei grandi vini, della corsa al Barbaresco, di Slow Food, delle migliaia di turisti che affollano ogni anno Alba in occasione della Sagra del Tartufo e per le visite in cantina.

Armando Castagno sa cogliere tutte le sfumature e guida Enrico a ritroso nel tempo in un viaggio di ricordi, dipingendo, con pennellate cariche di emozioni e nostalgia, un affresco della vita langarola e del giovane vignaiolo. Il ragazzo parla sorridendo del suo primo cingolo guidato per vigneti a otto anni, dei personaggi “pubblici” del suo paese come la maestra o il parroco, della Ferrero quale simbolo di Alba, della sua vita che trascorreva tranquilla e felice, comune a quella di tutti noi bambini nati in provincia.
Un elogio della lentezza e della calma, ma anche dell’autenticità e della semplicità; doti ormai rare che, unitamente ad un’innata eleganza, traspaiono nei vini di Rizzi, anzi, di Enrico. 
Questa sera li assaporiamo in una doppia degustazione: tutti i cru dell’annata 2011 e le vecchie annate di Barbaresco Boito, la speciale riserva dell’azienda.

 
Langhe Nebbiolo 2013rizzi calici

Un “semplice” nebbiolo con piena dignità di barbaresco: stessa uva, vinificazione e affinamento, cambia solo la durata della permanenza in legno: solo un anno in botti grandi. Enrico, non volendo snaturare eccessivamente l’austerità del nebbiolo, ha deciso di produrre questo vino dai profumi spiazzanti di melagrana, fragoline di bosco, rosa ed un tocco erbaceo di felce. L’assaggio è pulito, esprime una forte mineralità gessosa iodata e tutta la sua gioventù, abbinata ad una poderosa struttura.

 
Barbaresco Nervo 2011

In uno dei più storici cru di Treiso cresce la vigna Fondetta, un meraviglioso anfiteatro posizionato a metà costa di cui si parla già ad inizio Novecento. L’Azienda Rizzi produce il proprio Barbaresco Nervo con le uve di questa vigna, la prima che germoglia e viene vendemmiata, prodiga di vini d’innegabile profondità. Il Nervo 2011 mostra tutta la sua tridimensionalità, sfoderando dolcissime nuances di rosa carnosa, violetta, ciliegia e anguria, virando poi verso note di humus, muschio e cuoio, spegnendosi in un’interminabile balsamicità di menta ed eucalipto. Sensazioni che riecheggiano in bocca in un tripudio di finezza ed eleganza.

 
Barbaresco Pajorè 2011

Dal cru Pajorè provengono barbareschi potenti e tannici e quello di Rizzi non fa eccezione, frutto com’è di vigne vecchie esposte a sud, ben radicate nella marna chiara. Il naso è fine e vibrante, caratterizzato da una particolare balsamicità che richiama l’artemisia, l’anice e il garofano, note iodate unite ad un’impronta terrosa. Assaggiandolo si evidenzia il tipico tannino polveroso di marmo e gesso, ben inserito nell’elegante trama che ha saputo donargli Enrico. Un Pajorè che vuole al suo fianco una succulenta lepre in civet.

 
Barbaresco Boito Riserva 2011

È il momento del Boito, la riserva aziendale, prodotto coi grappoli selezionati dell’omonima vigna posta nella parte superiore del cru Rizzi, su di una vena nera circondata da marne argillose. Un’anteprima mozzafiato che impatta le narici con la nota alcolica dei grandi nebbioli, si districa poi in uno spartito di rosa rossa, fragola, meringa, bambù e gomma pane. In bocca regala una strepitosa presenza scenica: equilibrio, lunghezza ed un nitido finale minerale.

 
Barbaresco Boito Riserva 2010

L’attacco è di straordinaria freschezza: agrumi, frutta trasfigurata dall’acidità, arancia; in pochi minuti evolve allo speziato di pepe bianco e ginepro e termina poi con terriccio e muschio. Al sorso ritorna la freschezza ben fusa al tannino, all’alcol ed agli estratti minerali; grande equilibrio, specchio di un’ottima annata.

 
Barbaresco Boito 2008

Un vino langarolo dal profilo mediterraneo, sudista per Armando, tipico dell’annata. Impressiona con profumi di succo di pomodoro, orzo e cerali, dolcezza di sciroppo d’acero, rabarbaro ed un finale di frutti scuri, mirtillo e mora. Questo “classico” 2008 colpisce per la spettacolare finezza e l’originale nota pirica minerale.

 
r209 bottiglie
Barbaresco Boito 2007

Vino paradigma di un’annata calda e di un «inverno che non c’è stato»; nel 2007 la vendemmia è iniziata a fine settembre ed ha regalato un vino in cui impera, sia al naso che in bocca, la dolcezza con sensazioni di ciliegia, caramella ed un vago speziato, meno distinguibili e definite.

 
Barbaresco Boito 2006

Ecco un esempio dell’iniziale terziarizzazione del nebbiolo, merito dei norisprenoidi, di cui è ricca quest’uva. Le narici si aprono al profumo di cenere, camino, catrame ed un’idea di saldatura; emerge nel finale la parte fruttata e speziata. Vino ginnico, anche al palato, offre un gusto di liquirizia, mora e tanto, tanto sapore.

 
Barbaresco Boito 2005

Frutto di un’annata enigmatica, di difficile comprensione, è un vino da aspettare e ricco di acidità. Sfodera sentori salmastri, fluviali, poi liquirizia e frutti scuri; un barbaresco che strizza l’occhio alla Borgogna per la sua freschezza e pericolosa bevibilità. 

 
Barbaresco Boito 2004

Annata cara agli appassionati di vino e ad Enrico, la sua prima come enologo appena fresco di studi. Un’annata abbondantissima che ha donato vini molto concentrati, di grande struttura e fascino. Il Boito 2004 sciorina al naso spezie orientali, incenso, frutti di bosco scuri e poi arancia, alloro, carbone dolce, note minerali e un tocco di saggina; infine ampio, degno di un Musigny di Borgogna. L’assaggio è pieno, completo, appagante, eterno. Un battesimo da dieci e lode per l’abile vigneron.

 

Questi i vini, questa la serata, incisa indelebilmente nei ricordi di chi vi ha partecipato. Se ora aveste il desiderio e la curiosità di visitare Treiso e la Cascina Rizzi, Enrico e Jole vi aspettano per offrirvi, assieme ai loro magnifici nettari, l’ospitalità  e l’amicizia che li contraddistinguono.

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