Tenuta di Trinoro, il primo millesimo firmato da Benjamin Franchetti

Degustando
di Alessandro Franceschini
15 maggio 2025
Ha scelto Milano il figlio di Andrea Franchetti per presentare la nuova annata del vino portabandiera dell'azienda della Val d'Orcia. «Continuo nel solco di mio padre, seguo la sua stessa linea editoriale».
«Perché mio padre andò lì? Non c’è un vero motivo». Ha scelto la sua casa milanese, Benjamin Franchetti, figlio dell’indimenticato Andrea, scomparso a dicembre del 2021, per presentare l’ultima annata del vino più importante dell’azienda fondata a fine anni ’80 da suo padre, ormai entrato a far parte stabilmente non solo del gotha della produzione toscana e dei cosiddetti Supertuscans, quanto di quel ristretto gruppo di vini italiani amati e ambìti sui mercati internazionali: Tenuta di Trinoro.
«Quando vado all’estero devo spiegare bene dove si trova Trinoro, illustrando a quanti chilometri, ad esempio, dista da Montalcino, perché siamo in effetti in mezzo al nulla». La storia di Andrea Franchetti è ormai entrata di diritto a far parte di una fetta importante di quella del vino italiano: il colpo di fulmine per un’antica casa di campagna immersa nella Val d’Orcia sul confine toscano con il Lazio, ma senza nessuna tradizione vitivinicola, lo studio in Francia a Bordeaux e la conseguente decisione di allevare le famose varietà di quella leggendaria denominazione. Non secondario, dal 2000 in poi, il ruolo recitato in Sicilia, sull’Etna, con l’inizio dell’avventura a Passopisciaro, decisiva per dare slancio a un territorio anch’esso, all’epoca, pressoché dimenticato e fuori dalla geografia dei vini che contavano. Ma questa è un’altra storia.
La prima annata integralmente di Benjamin
Sguardo sereno, a tratti disincantato, Benjamin Franchetti è in realtà molto determinato e il suo curriculum d'altronde parla per lui: classe 1987, nato a Parigi, cresciuto a Roma, una laurea in ingegneria a Londra con successivo dottorato in "Modellazione matematica dei processi di dinamica dei fluidi", esperienze lavorative negli States. In realtà comincia a lavorare attivamente a Trinoro già nel 2016 quando il padre iniziò a star male. «Continuo nel solco di mio padre, diciamo che seguo la sua stessa linea editoriale» spiega sorridendo, anche se non nasconde la volontà di voler aggiungere qualcosa di più personale, come forse è oggi più facile intravedere nelle Cupole, il secondo vino dell’azienda, fondamentale poiché assorbe circa il 90% di tutto quello prodotto in questo angolo della Val d’Orcia.
La nuova annata, la 2022, di questo particolare blend nasce sempre da un cervellotico quanto maniacale lavoro di precisione che consiste nel selezionare alcune delle 50 vinificazioni separate di altrettante parcelle allevate con cabernet franc, merlot, cabernet sauvignon e petit verdot. È la prima annata che porta integralmente la sua firma. Anche se, come ci tiene a sottolineare lo stesso Benjamin, si tratta ovviamente di un lavoro di squadra dove naturalmente recita un ruolo fondamentale l’enologo Lorenzo Fornaini.
Tenuta di Trinoro 2022
«Veniamo dall’annata 2021, grande ma arida e calda. Anche la 2022 è stata un’annata sempre molto calda, ma lavorando anche con vitigni tardivi e quasi fino a 700 metri di altitudine, a settembre abbiamo beneficiato dell'arrivo della pioggia e quindi, per esempio, il petit verdot è venuto benissimo e abbiamo deciso di inserirlo, così come il cabernet sauvignon». Nella classificazione interna, che è poi quella che aveva sempre in mente Andrea Franchetti, il millesimo 2022 del vino che porta il nome della tenuta appartiene al filone di quelli più esili ma eleganti. E non è certo un difetto, quanto la certificazione, secondo il figlio, della bontà del terroir di Trinoro e della felice scelta del padre di puntare soprattutto sul cabernet franc – 10 dei 23 complessivi ettari sono allevati con questa varietà – in un’epoca dove tutti guardavano invece al più blasonato cabernet sauvignon.
La ricetta, in cantina, è sempre la stessa: dopo la vinificazione separata delle 50 parcelle e la scelta delle migliori per il taglio finale (alcune sono sempre presenti, altre cambiano di anno in anno) l’affinamento dura 8 mesi in barrique francesi di vari passaggi. Seguono 12 mesi in vasche di cemento. Di questo millesimo ne sono state imbottigliate 8.483 esemplari, durante la luna calante di inizio marzo 2024. Il vino ha poi riposato in bottiglia ancora per un anno. La cuvée? 44% cabernet franc, 44% merlot, 6% cabernet sauvignon e 6% petit verdot.
«È un vino che ti trascina» sostiene Benjamin Franchetti e, in effetti, la trama tannica, vellutata e ben calibrata, ma soprattutto il timbro sapido e fresco assieme, donano una dinamicità al sorso intrigante, e lo rendono già molto godibile. Le note di radici, di mirto, una certa mediterraneità che si avverte soprattutto al palato fanno emergere la toscanità di questo taglio bordolese che al naso fa sentire con forza le sue origini ampelografiche solo all’inizio, lasciando spazio con l’ossigenazione a un bel mix di note pepate e intensamente fruttate.
Gli altri vini
Quasi per gioco nel 2018 è nato anche il Trinoro bianco, un sémillon in purezza che nasce da mezzo ettaro su un terreno quasi integralmente sabbioso – il resto di Trinoro è argilla con qualche spruzzata di quarzo e sabbia. Sono solo 3000 bottiglie per l’annata 2023, che però hanno il merito di farti immergere in questo luogo con un sorso di bellissima finezza: le sfumature oleose, di macchia, di limone e zenzero, tratteggiano la forma di un vino serio, stratificato, che anche al palato riesce a unire salinità e morbidezza.
Sempre del 2023 è anche l’ultima annata del Le Cupole, stesso blend del fratello maggiore anche se cambiano un po’ le precentuali: 41% merlot, 39% cabernet franc, 14% cabernet sauvignon e 6% Petit Verdot. In questo caso l’affinamento in barrique scende a 6 mesi e poi ancora un anno in cemento. È appena stato imbottigliato e rivela subito il suo incedere più sbarazzino e fragrante, con un frutto di more e lamponi e un tannino più facile e docile.