Una pressione unica e differente: il Satèn

Una pressione unica e differente: il Satèn

Degustando
di Paola Lapertosa
31 maggio 2021

Un piccolo ritrovo dedicato al Satèn, 25 persone collegate per assaggiare, confrontarsi e brindare, discutendo di vitigni, territori, annate e produttori parlando del volto gentile della Franciacorta. Una serata nel più autentico spirito della nostra Associazione.

Nicola Bonera ci accoglie con un calice di vino in mano, un sorriso che già fa pregustare il tema della serata e un’infinita voglia di condivisione: il Satèn. Giovane simbolo della Franciacorta, un Metodo Classico solo nella tipologia Brut, con massimo 5 atmosfere, prodotto con chardonnay in purezza o in assemblaggio con il pinot bianco (max 50%), con almeno 24 mesi sui lieviti di affinamento. Una carta di identità così sintetica che nasconde però un’eleganza, una finezza del perlage e una cremosità al palato capaci di sorprendere a ogni assaggio.

Il nome Satèn«La tipologia Satèn, riservata alla sola Franciacorta, ha preso il nome dalla seta, un tempo qui prodotta, e come la seta si presenta morbido (rotondo) e “con stoffa” (consistente e corposo). Nei due aggettivi è descritta tutta la magia del Franciacorta Satèn Brut». Il nome nasce all’inizio degli anni ‘90, grazie a un’intuizione geniale di alcuni produttori e di un gruppo di esperti della “comunicazione del vino”: nel 1989 un regolamento europeo stabilì di riservare la dicitura Crémant solo agli spumanti nati in alcune aree di Francia e Lussemburgo, impedendo di fatto di utilizzarla altrove. Così nasce il termine Satèn che significa “raso”, ma che grazie all’assonanza con il termine “seta” è stato da subito considerato perfetto per sottolineare le caratteristiche di questi vini, così morbidi e “setosi”, sia per il mercato italiano sia per quello estero. Nel 1995 il marchio viene registrato dal Consorzio per la tutela del Franciacorta e oggi la parola Satèn evoca setosità, cremosità e fascino grazie al suo tratto più delicato, morbido e gentile di questa tipologia.

Le differenti interpretazioni presenti in commercio rendono però questa tipologia molto più articolata e complessa di quanto si possa credere, grazie anche alle norme rigide e scrupolose imposte ai Franciacorta: secondo il disciplinare, per ottenere vini di assoluta qualità possono essere impiegati solo vitigni nobili (pinot nero, chardonnay, pinot bianco ed erbamat), la vendemmia è rigorosamente a mano, la diraspatura non è prevista, la rifermentazione naturale avviene in bottiglia e la successiva lenta maturazione sui lieviti non può essere inferiore ai 18 mesi, 24 per i Satèn e i Rosé, 30 per i Millesimati e 60 per le Riserve. Per i Satèn la seconda fermentazione garantirà un aumento della pressione fino a un massimo di 5 atmosfere (in caso di maggiore pressione la partita dovrà essere classificata come Franciacorta), mentre lo sciroppo di dosaggio potrà portare fino alla tipologia Brut (quindi fino a massimo 12 g/L di zucchero), anche se oggi sempre più aziende stanno riducendo lo zucchero residuo in favore di Satèn meno dosati (la media è di 8 g/L, ma diverse aziende sono al di sotto di 3 g/L).

Il metodo FranciacortaPrima di dare il via alla degustazione e al confronto, Nicola ci ha accompagnati nell’anfiteatro morenico che dà vita a questo prodotto d’eccellenza. La zona di produzione è situata all’estremo confine settentrionale della Pianura Padana e contemporaneamente incastonata nel sistema prealpino, a sud del lago di Iseo: una posizione che può beneficiare della vicinanza del lago che ha un enorme effetto mitigante sulle temperature estive e invernali.

Questo paesaggio si è formato all’epoca delle glaciazioni durante cinque principali periodi dello sviluppo del ghiacciaio: la prima fase ha visto la forte crescita del ghiacciaio fin quasi al Monte Orfano (che si origina invece per uno sfregamento tettonico), la seconda è caratterizzata da una lunga sosta e delineazione dell’anfiteatro con la conseguente formazione della cerchia morenica più alta e più importante, mentre le ultime tre fasi riguardano lo scioglimento del ghiacciaio con il conseguente rilascio di una grande quantità di materiale morenico che poi ha dato origine alle dolci colline della Franciacorta.

I terreni che si sono originati grazie ai depositi morenici trasportati (terreni alloctoni) e alle rocce madri (autoctoni) sono ricchi di sabbia e limo, per lo più poveri di argilla e di grande permeabilità e spessore. Questo suolo ha dato origine a sei unità vocazionali, ossia sei aree omogenee per tipologia dei suoli, aspetti vegeto-produttivi, qualitativi e profilo sensoriali dei vini base risultanti: depositi fini per acidità e note floreali, fluvio-glaciale per produzioni abbondanti, colluvi gradonati per la parte floreale e la facilità di beva, morenico profondo per ricchezza, speziatura e complessità e morenico sottile per speziatura vegetale e complessità.

Veniamo ora alla degustazione, forse la parte più bella di queste serate: diverse tipologie, diverse cantine e diversi stili che regalano piacere a chi degusta e a chi ascolta, a perfetto completamento della serata. Si è passati da un Satèn Brut di Ferghettina, cremosa ed elegante espressione dei vigneti più fini e delicati del vasto panorama viticolo aziendale, al SoulSatèn di Contadi Castaldi dal gusto originale e intrigante nella sua globale sensorialità, fino al Franciacorta Satèn Brut di Castelvedercaratterizzato da grande piacevolezza e un gusto vero e semplice dei colluvi della zona. Con il Satèn di Lenza abbiamo assaggiato virtualmente un prodotto del Monte Orfano che, per posizione unica e privilegiata, regala sapidità e rara eleganza. Con il Satèn Millesimato di Mosnel abbiamo confermato la sua raffinatezza nel perlage, i suoi profumi nitidi e ritmati e il suo gusto seducente, mentre con il Satèn Millesimato di Castello Bonomi abbiamo apprezzato la grande morbidezza ed eleganza di questa tipologia confermando le caratteristiche di mineralità e complessità del vasto terroir di Franciacorta.