Vitigni Piwi: una rassegna e un convegno per conoscerli meglio

Vitigni Piwi: una rassegna e un convegno per conoscerli meglio

Degustando
di Sara Missaglia
06 dicembre 2021

La Fondazione Edmund Mach ha organizzato la prima rassegna a livello nazionale dei vini “resistenti”, seguita da un convegno dove sono intervenuti i professori Luigi Moio e Attilio Scienza. Il Solaris 2020 di Weingut Plonerhof è il vincitore assoluto.

Dal mese di novembre l’espressione “uve PIlzWIderstandsfähig” sarà sicuramente un po’ meno complessa da pronunciare e più semplice da capire: il 18 novembre 2021 è infatti per i vitigni Piwi una data importante poiché la Fondazione Mach di San Michele all’Adige ha dato il via alla prima rassegna a livello nazionale dei vini cosiddetti “resistenti”, prodotti con almeno il 95 per cento di uve provenienti da varietà Piwi. 

Non si tratta di modificazioni genetiche ma di incroci tra la Vitis Vinifera con varietà di viti selvatiche americane o asiatiche, resistenti al gelo e alle malattie della vite come l’oidio e la peronospora. In Italia questo tipo di viticoltura si è diffuso dal Friuli all’Alto Adige, dal Veneto alla Lombardia, e nel nostro Paese è sempre più facile incontrare vitigni dai nomi insoliti e ancora poco conosciuti: bronner, helios, regent, cabernet carbon, cabernet cortis, solaris, gamaret, johanniter, prior, muscaris, sauvignon kretos, souvignier gris. 

Le novità non sono solo nei nomi, ma riguardano la ricerca e la sperimentazione che è stata condotta in campo enologico per individuare nuovi vitigni per realizzare vini di qualità. Vitigni allevati in vivai specializzati e controllati, in grado di “resistere” alle crittogame e di rispettare meglio l’ambiente: questi ibridi, grazie alla capacità genetica di opporsi agli attacchi fungini (“pilz” in tedesco significa fungo), consentono non solo di ridurre il ricorso alla chimica di sintesi e ai pesticidi, limitando se non azzerando il numero dei trattamenti nel vigneto, ma anche di evitare il ricorso a zolfo e rame. Quest’ultimo, nonostante sia un elemento presente in natura, è comunque un metallo pesante ed è equiparato per legge a pesticida, con il rischio quindi di generare contaminazioni delle falde acquifere. 

I maggiori produttori di vini Piwi nel mondo sono la Germania, l’Austria e la Svizzera, mentre in Italia registriamo questo tipo di viticoltura in Trentino, Alto Adige, Lombardia, Friuli, Veneto e qualche sperimentazione in Piemonte. I vitigni Piwi non rientrano al momento in nessuna Doc e Docg in quanto l’attuale legislazione consente di produrre vini solo da varietà di Vitis Vinifera. Il vitigno Piwi può essere iscritto comunque nel Registro Nazionale della Vite ed essere coltivato qualora abbia superato le analisi e i controlli anche amministrativi previsti. 

La rassegna del 18 novembre 2021

La rassegna si è posta come obiettivo la valorizzazione e la promozione di questi vitigni: la valutazione dei vini è avvenuta attraverso un confronto tra vini prodotti con almeno il 95% di uve provenienti da queste varietà, ed è stata affidata a commissioni selezionate tra enologi, enotecnici, giornalisti, sommelier, ricercatori e gli studenti del Corso Ecotecnico presso l’Istituto di San Michele all’Adige. La degustazione è stata di 95 vini per 55 aziende provenienti da cinque regioni (Lombardia, Trentino, Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia), valutati non solo per l’attribuzione del punteggio ma anche per individuare parametri descrittivi per ogni singola categoria e fare il punto sulla qualità raggiunta: rossi, bianchi, bianchi a macerazione prolungata “orange”, spumanti metodo classico bianchi e rosé, spumanti metodo classico Charmat bianchi e rosé, vini frizzanti. 

I ricercatori della Fondazione hanno messo a punto una serie di schede tecniche per guidare la degustazione e procedere alla raccolta di informazioni sensoriali a livello visivo, olfattivo e gusto-olfattivo dei vini, necessarie per la classifica e per comprendere meglio la qualità espressa. Eleganza e complessità sono state le prime piacevolissime sorprese confermate dai commissari. “I vini bianchi Piwi sicuramente hanno un’eleganza e una qualità che non mi aspettavo. Le commissioni hanno valutato questi vini con punteggi alti, mentre sui vini rossi l’eccessiva astringenza è stata più penalizzante: probabilmente necessitano ancora più tempo e di qualche miglioramento sotto l’aspetto della tecnica enologica. La strada tracciata è comunque quella giusta”, commenta il Prof. Andrea Panichi del Centro Istruzione e Formazione Fondazione Mach, organizzatore della rassegna con il prof. Marco Stefanini del Centro di Ricerca e Innovazione. 

Il convegno del 2 dicembre 2021: gli interventi

Il 2 dicembre si è tenuta la premiazione delle cantine vincitrici con un convegno in cui sono intervenuti il Prof. Luigi Moio e il Prof. Attilio Scienza: un parterre di eccellenza che ha delineato le linee guida per il futuro di questi vini: un mix tra innovazione e attenzione all’ambiente grazie alla resistenza alle principali malattie fungine, con una riduzione dei trattamenti fitosanitari che comporta benefici alla salute dei consumatori e all’ambiente. 

Alex Morandell, Presidente di Piwi International, è il primo a prendere la parola dopo i saluti istituzionali del Dott. Mirco Maria Franco Cattani, Presidente Fem, della dottoressa Giulia Zanotelli, Assessore PAT all’agricoltura, foreste e caccia e del Dott. Enrico Giovannini, Presidente Civit: “Piwi è una parola nata 25 anni fa: dopo anni di prove scientifiche riusciamo ad arrivare ad un convegno come questo. Ci danno spirito e fiducia in una viticoltura non solo sostenibile ma fondamentale per continuare a vivere in questo Paese”. 

Attilio ScienzaDi grande impatto scientifico ed emozionale l’intervento del Prof. Attilio Scienza dal titolo “Il meticcio ci salverà, o meglio, salverà la viticoltura”, un percorso di filogenesi della vite, dove la storia dei vitigni resistenti inizia a scrivere una pagina a lieto fine. “Siamo sicuri che per fare vini salutari dobbiamo fare biologici, biodinamici, ancestrali, naturali, e così via? Naturale non esiste, è una parola che non possiamo usare. Se non mettiamo tecnologia e innovazione non riusciremo ad andare avanti. Il problema non è scientifico: gli uomini moderni hanno paura di quella parte della scienza che coinvolge la genetica, ma non possiamo fare a meno della scienza. Dobbiamo invece combattere la falsa scienza: nel periodo susseguente al nazismo per non coltivare le viti americane avevano inventato che bere vino da viti americane potesse far male, diffondendo immagini di galline morte dopo aver bevuto vini da vitigni ibridi. Da oggi abbiamo molta più fiducia per fare bene. Dal 1° gennaio la Comunità Europea consentirà l’inserimento dei resistenti nelle Doc. 

Il Prof. Fulvio Mattivi, ordinario di chimica degli alimenti presso l’Università di Trento, con laboratorio e studio presso la Fondazione Mach con cui lavora dal 1987 come ricercatore, con un intervento tecnico sottolinea che i vitigni tolleranti ai patogeni non sono una novità. Sembra che l’uomo abbia una memoria corta perché già nel 1964 in Francia si registrava la presenza di ibridi qualitativamente interessanti. “Aspartame, metanolo, antociani diguclosidi: è l’ora di smetterla di sostenere che nei vini da vitigni ibridi ci sia una concentrazione pericolosa per la sicurezza del consumatore: è la quantità che fa il veleno, non ci sono prove scientifiche di tossicità manifesta. Il progresso della scienza ha smascherato questi pregiudizi o queste false asserzioni scientificamente poco fondate, ma in Europa la Legge non si preoccupa molto della scienza, e i pregiudizi sono difficili da scalfire. I divieti introdotti nel secolo scorso sono ancora oggi presenti nella legislazione europea, ponendo dei vincoli all’utilizzo dei vitigni tolleranti a bacca rossa”. La strada verso la qualità è ancora lunga: serve adesso, sostiene il prof. Mattivi, fare degli esperimenti per capire quali siano le migliori combinazioni con il territorio: “non poniamoci limiti, le varietà resistenti non sono vitigni di serie B. Ogni tanto si sente raccontare che i vitigni tolleranti vanno bene per essere piantati nelle zone sensibili, vicino ai centri abitati o dove vi siano contenziosi con i residenti. Se fosse così daremmo per scontato che sono vitigni di serie B. Non è questo il caso, ma serve uno sforzo importante per una sperimentazione pluriennale che permetta una espansione di una viticoltura a basso impatto, legata al clima e al territorio. Cosa ci attende nel futuro? Non confondere mai una visione più chiara con una breve distanza: è probabile che ci saranno delle sorprese e alla lunga, se ci sarà un futuro di crescita, non sarà certo a scapito della qualità”. 

Luigi MoioIn ultimo è il Prof. Moio ad intervenire, e in un excursus sull’origine del vino approda a quello che sarà il futuro del vino nell’era della sostenibilità “Possiamo parlare di enologia leggera, ma il vino deve essere non solo sostenibile ma aderente al territorio: il legame con la zona di produzione deve essere al primo posto. L’interazione tra pianta e il contesto dove viene allevata è fondamentale. Pianta, suolo, uomo perfettamente integrati tra loro, in armonia. La chiave di (s)volta per i vitigni Piwi sarà l’amplificazione e il mantenimento dell’identità sensoriale con il territorio. 

Sicuramente nei prossimi dieci, venti, trent’anni qualità e sostenibilità dovranno procedere in stretto rapporto: per la sostenibilità i Piwi saranno i vitigni del futuro, per la qualità c’è ancora da lavorare ma il percorso è corretto. C’è bisogno di tempo e di trovare il giusto equilibrio. Non arriveranno mai a sostituire i grandi autoctoni italiani come il sangiovese, il teroldego, il nebbiolo ma andranno senza dubbio a integrare la viticoltura italiana”, prosegue Panichi. La partita si gioca probabilmente sulla capacità di questi nuovi vitigni di essere espressione del terroir in cui vengono allevati, riuscendo a dare vita a vini che riflettano il territorio lontano dal rischio omologazione: “ci vorranno anni ma potranno arrivare a sposarsi bene nel territorio ed essere quindi dei grandi italiani”, commenta il prof. Panichi. 

La premiazione

Al prof. Marco Stefanini il compito di sintetizzare le valutazioni dei vini, frutto dell’analisi delle schede redatte dalle commissioni di valutazione. I punteggi più alti sono stati attribuiti ai vini bianchi, seguiti dagli orange, dai rossi, dagli spumanti e dai vini frizzanti. Dal punto di vista dei sentori olfattivi a livello di macrodescrittori, i vini sono paragonabili a quelli da vitis vinifera: la florealità risulta spiccata in tutte le tipologie di vini, seguita da un fruttato fresco e da una quota importante di fruttato maturo. La componente speziata è presente, sparkling esclusi, in tutti i vini. Siamo di fronte a fenotipi che evidenziano una maggiore astringenza, registrata in particolare nei vini rossi e negli spumanti, in presenza di una buona acidità comune a tutte le tipologie degustate. 

Gran finale con un banco di degustazione dei vini premiati in abbinamento a piatti del territorio realizzati dagli studenti della scuola. Una rassegna ed un convegno gestiti con altissima professionalità, che hanno registrato consensi e tracciato una via di studio ulteriore e di monitoraggio dei risultati da parte della comunità scientifica. Ma anche una bellissima occasione per far conoscere questi vini al grande pubblico, perché possano essere apprezzati sulle tavole di un numero sempre maggiore di consumatori.

Risultati I° RASSEGNA CON VALUTAZIONE DEI VINI  DA UVE PILZWIDERSTANDSFÄHIG (PIWI )

Vini Frizzanti

1 classificato - Azienda Agricola Dellafiore Achille Johanniter 2020
2 classificato - Sartori Organic Farm Diadema 2020
3 classificato - Cantina Pizzolato Hoppa 2020

Vini Spumanti

1 classificato Le Carline Resiliens
2 classificato Le Carezze Iris 2020
3 classificato Cantine Umberto Bortolotti Oltre 2018
3 classificato Cantina Sociale di Trento Santacolomba 2019

Menzione - Azienda Agricola Filanda de Boron Lauro 2020
Menzione - Cantina Montelliana “4.07”
Menzione - Lieselehof Brut 2017
Menzione - Tenuta Crodarossa Derù 2020

Vini Bianchi

1 classificato - Weingut Plonerhof Solaris 2020
2 classificato - Terre di Ger Arconi Bianco 2020
3 classificato - Lieselehof Vino del Passo 2020
3 classificato - Villa Persani Aromatta 2019

Menzione - Azienda Agricola Ceste Franco Ratio 2018
Menzione - Terre di Ger Feltro Bianco 2020
Menzione - Il Brolo Società Agricola I Cavalieri della seta
Menzione - Cantina Kurtatsch Bronner 2020

Vini Orange

1 classificato - Lieselehof Julian Orange 2019
2 classificato - Giannitessari Società Agricola Rebellis 2019
3 classificato - Azienda St. Quirinus Planties Amphora 2017

Menzione - Azienda Agricola Doladino Sbreg 2020
Menzione - Azienda Agricola Filanda de Boron Tre 2019
Menzione - Casa Vinicola la Torre Vagabondo Bianco le Anfore 2018

Vini Rossi 

1 classificato - Terre di Ger El Masut 2019
2 classificato - Le Carezze Urano 2019
3 classificato - Cantina Pizzolato Novello 2021

Menzione Parco del Venda Cigno nero 2019
Menzione Terre di Ger Caliere rosso 2019

Vincitore Assoluto

Weingut Plonerhof Solaris 2020