Che cos’è il vino dealcolizzato?

Che cos’è il vino dealcolizzato?

Diritto diVino
di Paola Marcone
30 marzo 2023

Il 1 dicembre 2023 entrerà in vigore la normativa europea che permette la commercializzazione di alcuni prodotti sotto il nome legale “vino dealcolizzato” o “vino parzialmente dealcolizzato”. Diamo uno sguardo a cosa si tratta.

È del 2021 uno studio strategico redatto da IWSR sui consumi di bevande prive o a basso contenuto di alcol, come birra, vino, spirits e i prodotti ready to drink, condotto analizzando i mercati dei dieci Paesi che rappresentano il 75% del segmento (Australia, Brasile, Canada, Francia, Germania, Giappone, Sud Africa, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti).

Il risultato certifica una costante crescita della domanda, con un incremento dei consumi del 31% entro il 2024 e stime per il vino in crescita dal 4,9% del 2020 al 7-8% del 2024.

Questi numeri sono poi affiancati dalla pacifica considerazione che esiste una larga parte della popolazione mondiale che per motivi culturali e religiosi non consuma bevande alcoliche, ragion per cui è facile concludere che il mercato dei prodotti totalmente o parzialmente dealcolizzati ha iniziato negli ultimi anni ad assumere sempre più rilevanza commerciale, tanto da spingere le Istituzioni europee ad attivarsi per una regolamentazione della materia, a tutela degli interessi sia  dei consumatori che dei produttori comunitari.

Si legge infatti nel Regolamento 2021/2117 (che per quanto riguarda i vini dealcolizzati sarà in vigore dal 1 dicembre 2023), come “Vista la domanda crescente da parte dei consumatori di prodotti vitivinicoli innovativi che hanno un titolo alcolometrico effettivo inferiore a quello stabilito per i prodotti vitivinicoli (…) dovrebbe essere possibile produrre tali prodotti vitivinicoli innovativi anche nell'Unione.  A tal fine è necessario stabilire le condizioni alle quali determinati prodotti vitivinicoli possono essere dealcolizzati o parzialmente dealcolizzati e definire i processi autorizzati per la loro dealcolizzazione”.

Il vino a zero o basso contenuto di alcol è “vino”

Il primo nodo affrontato quindi è stato quello di decidere se i prodotti vitivinicoli a zero o basso contenuto di alcol potessero rientrare nella categoria legale “vino” o esserne svincolati.

La normativa comunitaria, infatti, ha sempre definito “vino” il prodotto ottenuto esclusivamente dalla fermentazione alcolica totale o parziale di uve fresche, pigiate o no, o di mosti di uve e che, tra altre caratteristiche, deve avere un determinato grado alcolico diversamente individuato per i vini classificati o a seconda delle zone vinicole.

Da molte parti si è conseguentemente posta la questione se non fosse una contraddizione in termini chiamare “vino” un prodotto a base di uva ma senza determinate caratteristiche alcoliche. 

Altre posizioni, viceversa, hanno sottolineato come per quanto sia incontestabile che la sottrazione di alcol incida necessariamente sull’equilibrio delle componenti anche organolettiche della bevanda, deve comunque considerarsi più opportuno includere questi prodotti nella filiera vitivinicola e regolamentarli in modo a essa coerente, permettendo ai produttori interessati di ampliare la gamma dei prodotti offerti.

Il dibattito istituzionale si è quindi dapprima concentrato sul bilanciamento di tali contrapposte istanze per poi concludersi con la decisione di ricomprendere nella categoria legale “vino” anche i prodotti dealcolizzati con alcuni correttivi.

In particolare si è consentito (tranne che per i vini liquorosi, vini spumanti gassificati, vini ottenuti da uve appassite e vini di uve stramature) di accompagnare la designazione “vino” al termine “dealcolizzato” (se il titolo alcolometrico effettivo del prodotto non è superiore a 0,5 % vol) o “parzialmente dealcolizzato” (se il titolo alcolometrico effettivo del prodotto è superiore a 0,5 % vol. ed è inferiore al titolo alcolometrico effettivo minimo della categoria che precede la dealcolizzazione).

Le pratiche ammesse

Il tutto però solo a patto che le pratiche di dealcolizzazione utilizzate siano rispettose delle risoluzioni in materia dell’OIV, l’Organizzazione internazionale della vigna e del vino, che rappresenta il riferimento tecnico-scientifico dell’Unione europea e che non prevede alcun annacquamento dei vini che comporti diluzione e abbassamento di gradazione alcolica.

La normativa infatti richiamando proprio le pratiche già ammesse in ambito vitivinicolo dal Codice OIV per i trattamenti enologici e recepite nel Codice enologico UE, chiarisce come i processi di dealcolizzazione si intendano limitati, da soli o congiuntamente, 1) alla parziale evaporazione sotto vuoto; 2) alle tecniche a membrana 3) alla distillazione.

È pertanto questa scelta di consentire sì la dealcolizzazione ma nel rispetto di tecniche già recepite nella normativa comunitaria ad aver permesso di attrarre i prodotti dealcolizzati nella categoria “vino”, facendosi leva sulla circostanza per cui queste bevande rimangono comunque nella filiera dell’uva (perché proprio da tale materia prima derivano) senza limitarsi a riprodurne le caratteristiche partendo da altro, come nel caso, per fare un esempio, del “latte di soia” comunemente chiamato.

In quest’ipotesi, infatti, siamo di fronte a quella che è tecnicamente una bevanda vegetale a base di soia, avendo materia prima differente dal “latte” legalmente definito. 

Certo, anche nel caso del vino è innegabile che la presenza di un determinato tenore alcolico conferisca caratteristiche chimiche e organolettiche su cui il processo di dealcolizzazione va necessariamente ad incidere e questo tanto sotto il profilo della perdita di volume del prodotto che causa una immancabile concentrazione delle varie componenti presenti, quanto, non secondariamente, sotto l’aspetto della rimozione, unitamente all’alcol, di sostanze aromatiche fondamentali per la piacevolezza olfattiva e gustativa.

Per i vini dealcolizzati, quindi, il rischio è di subire in cantina interventi enologici correttivi particolarmente impattanti e la problematica è talmente evidente che tra gli addetti ai lavori si inizia anche a ragionare approfondendo pratiche agronomiche (forme di allevamento, cloni, portainnesti) che permettano già in pianta di incidere sul rapporto zuccheri/alcol oltre a sperimentare in fermentazione ceppi di lieviti selezionati allo scopo.

I limiti all’uso della dealcolizzazione

In ogni caso il punto è assai delicato, e nella consapevolezza del pericolo di vedere immessi sul mercato vini dealcolizzati molto manipolati dal punto di vista enologico e artefatti nelle componenti organolettiche, il Legislatore comunitario, sempre nelle premesse del Regolamento 2021/2117, ha dovuto mettere nero su bianco, che “sarebbero necessarie ulteriori ricerche e sperimentazioni per migliorare la qualità di tali prodotti e, in particolare, per garantire che l'eliminazione totale del titolo alcolometrico consenta la preservazione delle caratteristiche distintive dei vini di qualità, che sono protetti da un'indicazione geografica o da una denominazione d'origine.”, concludendo che proprio in forza di tali considerazioni la dealcolizzazione è limitata per i vini IGP e DOP al solo caso di pratica parziale.

Dealcolizzazione parziale che dovrà comunque introdursi sempre previa specifica eventuale modifica dei disciplinari di produzione nel senso anche di prevedere obbligatoriamente una descrizione delle caratteristiche chimico fisiche e organolettiche dei vini, oltre che indicare le pratiche enologiche autorizzate per il processo di dealcolizzazione, si ribadisce, ammesso per i vini DOP e IGP in via esclusivamente parziale. 

Questo “per garantire chiarezza e trasparenza sia per i produttori che per i consumatori di vini a indicazione geografica o a denominazione d'origine”, che sono altresì tutelati, laddove il vino abbia subito un trattamento di dealcolizzazione con un titolo alcolometrico volumico effettivo inferiore al 10 %, mediante l’obbligo di indicazione in etichetta del termine minimo di conservazione, in modo da risultare uniformità anche con la normativa sull’etichettatura di altri alimenti.

Luci e ombre della disciplina

In ogni caso, sebbene l’azione regolatoria europea abbia sdoganato la categoria delle bevande a zero o basso contenuto di alcol, è evidente che la materia deve trovare ancora gli opportuni assestamenti, tanto che la Commissione, in una nota del 13 luglio 2022, ha iniziato a fornire i primi chiarimenti specificando come:

  • la dealcolizzazione è incompatibile con la pratica dell’arricchimento;
  • non è ammesso né il taglio né la miscelazione tra un “vino” e un “vino parzialmente dealcolizzato” o un “vino dealcolizzato”, a meno che non si intenda produrre una bevanda senza rivendicare l’appartenenza ai prodotti vitivinicoli (quindi non chiamandola in alcun modo “vino”);
  • le indicazioni della varietà e dell’annata sono consentite anche nel caso dei prodotti dealcolizzati, a patto che siano caratteristiche del vino base; 
  • non sono ammesse denominazioni di vendita alternative/integrative, quali, a titolo d’esempio, “vino senza alcol” e simili.

La Commissione inoltre ha ritenuto necessario specificare che altri aspetti al momento non chiariti andranno sicuramente approfonditi come per esempio la decisione circa la possibilità di produrre un vino spumante a ridotta gradazione alcolica tramite la seconda fermentazione di un vino base dealcolizzato.

In questa fase di incertezza regolatoria deve poi aggiungersi che occorrerà tempo perché, di fatto, le varie normative degli Stati membri si adeguino alle novità comunitarie, con tutte le problematiche interpretative e applicative che ne deriveranno.

Per rimanere in Italia, ad esempio, già nel Vademecum vendemmiale per la campagna vitivinicola 2022-2023, l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) è intervenuto per avvisare sin d’ora gli operatori degli ostacoli alla applicabilità in sede nazionale della disciplina comunitaria sul tema dealcolizzazione.

Ostacoli che potranno iniziare ad essere affrontati solo nl momento in cui la normativa interna verrà adeguatamente riformata, inserendo tra i prodotti vitivinicoli ammessi anche le nuove categorie di “vino dealcolizzato” e “vino parzialmente dalcolizzato”.