Novità dai disciplinari: le ultime modifiche del 2021

Novità dai disciplinari: le ultime modifiche del 2021

Diritto diVino
di Paola Marcone
18 gennaio 2022

Sul finir dell’anno sono stati pubblicati quattro decreti che hanno approvato cambiamenti ai disciplinari del Grignolino del Monferrato Casalese DOC, della Freisa d’Asti DOC, del Bolgheri DOC e dell’Irpinia DOC, con variazioni interessanti. Ecco il nostro approfondimento.

GRIGNOLINO DEL MONFERRATO CASALESE DOC

Le modifiche hanno avuto l’obiettivo di mettere maggiormente a fuoco le caratteristiche qualitative di questa denominazione, intervenendo più incisivamente sulle modalità produttive del Grignolino che nel Monferrato Casalese trova una delle zone più vocate del Piemonte.

Per prima cosa, accanto alla tipologia “Grignolino del Monferrato Casalese” si è aggiunta quella “Grignolino del Monferrato Casalese riserva”, con invecchiamento dei vini minimo 30 mesi, di cui almeno 18 mesi in contenitori di legno.

È stata data, inoltre, la possibilità di far accompagnare le due tipologie dalla menzione “vigna”.

Per quanto riguarda la base ampelografica dei vini, si è provveduto ad aumentare la percentuale minima di Grignolino (dal 90 al 95%), introducendo un massimo 5% di Barbera, accanto alla già prevista Freisa mentre le norme per la viticoltura sono state meglio precisate, puntualizzandosi alcuni fattori essenziali per produzioni di qualità, prima un po' troppo generici e permissivi.

Se da un lato, infatti, ora viene specificato che la coltura dei vigneti deve avvenire su terreni calcarei, argillosi e loro eventuali combinazioni, con giacitura esclusivamente collinare, esclusi  terreni di fondovalle, umidi e non sufficientemente soleggiati, anche per gli impianti e la loro densità ci si è orientati verso un dettagliare più rigoroso, prescrivendo che i nuovi impianti e i reimpianti, dal momento dell’entrata in vigore del nuovo disciplinare, dovranno avere un numero di ceppi per ettaro non inferiore a 4.000, con forme di allevamento e sistemi di potatura specificati, rispettivamente, in controspalliera con vegetazione assurgente e Guyot tradizionale, cordone speronato basso o altre forme comunque atte a non modificare la qualità delle uve. 

Photo Credit: https://vinimonferratocasalese.it

Per tutte le tipologie, inoltre, anche con la menzione “vigna”, la resa massima per ettaro è stata fissata a 8 tonnellate e per il "Grignolino del Monferrato Casalese" (l’unica tipologia prima esistente con precedenti rese per ettaro a 7,5 t), il titolo alcolometrico naturale minimo è stato innalzato da 10,50% vol all’11,50% vol. (per il “Grignolino del Monferrato Casalese riserva”, il “Grignolino del Monferrato Casalese vigna” e il “Grignolino del Monferrato Casalese riserva vigna”, invece, il minimo è il 12,00% vol). 

Le operazioni di vinificazione, elaborazione ed invecchiamento dei vini devono essere effettuate all'interno del territorio amministrativo dei Comuni previsti dal disciplinare (che sono gli stessi delle precedenti versioni), ma nella nuova versione oltre a concedere che tali operazioni vengano effettuate nell'intero territorio della provincia di Alessandria si è allargato il raggio anche ai Comuni astigiani di Viarigi, Montemagno, Casorzo, Grazzano Badoglio, Moncalvo, Penango, Calliano, Tonco, Montiglio Monferrato e Robella d’Asti. 

Maggiore dettaglio è stato raggiunto anche per la presentazione e la commercializzazione dei vini, non solo adeguandosi all’obbligo già introdotto dal Testo Unico sul vino di indicare in etichetta l’annata di raccolta delle uve (che nella precedente versione del disciplinare era contemplata come facoltà), ma anche specificandosi che:

- le bottiglie in cui vengono confezionati i vini “Grignolino del Monferrato Casalese”, anche “vigna”, devono essere in vetro, di forma e colore tradizionale, di capacità non inferiore a 18,7 cl e con esclusione del contenitore da 200 cl e, in ogni caso, è escluso il tappo a corona;

- le bottiglie per il “Grignolino Monferrato Casalese riserva” e il “Grignolino Monferrato Casalese riserva vigna” devono avere tappo di sughero ed essere in vetro, di forma e colore tradizionale, nelle capacità di litri: 0,187,  0,250, 0,375, 0,500, 0,750, 1,000, 1,500, 3,000, 5,000 (con esclusione della dama), 6,000, 9,000, 12,000, 18,000.

In ultimo, appare interessante notare come la ricerca di una maggiore definizione del prodotto tutelato dalla denominazione si riscontri anche nell’aggiunta fatta al paragrafo del disciplinare dedicato al legame geografico con il territorio.

Parlando delle informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del Grignolino del Monferrato Casalese, infatti, si è sottolineato come “(…) I vini hanno un colore molto tipico, espressione varietale inequivocabile: rosso rubino a volte tenue, dai riflessi che possono variare dall’aranciato al granata. Il gusto è pieno, con una tannicità di rilievo, fresca l’acidità mitigata dalla fermentazione malolattica, necessaria per evitare sinergie dal risvolto astringente, in equilibrio con l’impianto polifenolico. Il profumo è complesso, dalle evidenti note speziate accostate a sentori freschi di piccoli frutti rossi. Non mancano le note floreali, soprattutto di rosa e di viola. I vini possono presentare titoli alcolometrici totali minimi di 11,5% vol., ma le misure più frequenti oscillano tra 12,5 e 14 % vol. L’acidità totale minima è 4,5 g/l; le misure più frequenti sono tra 5 e 5,5 g/l, ma si possono trovare vini, in annate particolarmente fresche, che arrivano a 5,8/6 g/l. L’estratto non riduttore minimo è 20 g/l, ma le misure più frequenti sono tra 22 e 25 g/l (...)”.

Freisa. Photo Credit: https://www.viniastimonferrato.itFREISA D’ASTI DOC

Questa denominazione si unisce alle altre quattro piemontesi (Nizza DOCG, Barbera d’Alba DOC, Gavi DOC e, come appena visto, Grignolino del Monferrato Casalese DOC) che nel corso del 2021 hanno visto apportare modifiche al proprio disciplinare di produzione.

Si inizia con una variazione della composizione ampelografica dei vini, affiancandosi alla Freisa (che prima era l’unico vitigno ipotizzato e ora è indicato per un minimo del 90%), l’utilizzo di un massimo del 10% di altri vitigni a bacca nera, non aromatici, idonei alla coltivazione nella Regione Piemonte. 

Come per il disciplinare del Grignolino del Monferrato Casalese DOC, inoltre, si è deciso di meglio puntualizzare le norme in materia di sesti di impianto e sistemi di potatura e allevamento, che devono sì essere quelli generalmente usati o comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini, ma tenendo conto che:

- i vigneti oggetto di nuova iscrizione o di reimpianto dovranno essere composti da un numero di ceppi ad ettaro non inferiore a 3.500;

- i sistemi di potatura dovranno essere quelli tradizionali ossia la controspalliera con vegetazione assurgente;

- i sistemi di potatura pur sempre tradizionali dovranno essere guyot ma anche altre forme comunque atte a non modificare in negativo la qualità delle uve.

I limiti minimi del titolo alcolometrico naturale hanno subito variazioni in aumento per la “Freisa d’Asti” (dal 10,50 % vol all’11% vol) e per la “Freisa d’Asti superiore” (dall’11,50% vol al 12% vol), fermo il limite di 8 tonnellate per ettaro di resa per tutte le tipologie.

Per quanto riguarda la tipologia “superiore”, poi, viene stabilito che sei dei mesi di invecchiamento massimo prescritto (fino al 1° novembre dell’anno successivo a quello di vendemmia) siano necessariamente svolti in recipienti di legno e, come nel caso del Grignolino del Monferrato Casalese DOC, è stata introdotta la possibilità di utilizzare la menzione “vigna”.

Interessanti variazioni ancora si deducono dalla lettura del nuovo articolo dedicato alla designazione dei vini dove viene eliminato qualsiasi riferimento al termine “naturale” accanto a “spumante” e “frizzante”, abolendosi la possibilità di ottenere questi vini mediante rifermentazione dello zucchero naturale residuato nel vino amabile o dolce, conservato secondo pratiche enologiche di filtrazione ripetuta e/o refrigerazione. 

Nella nuova versione del disciplinare, infatti, si prescrive che la produzione dei vini spumanti e frizzanti debba essere effettuata esclusivamente con il metodo della fermentazione in autoclave o in bottiglia.

Quanto alle diciture in etichetta, di conseguenza, diventa vietata l’aggiunta oltre che di termini come “extra”, “fine”, “scelto”, “selezionato”, “riserva” e similari anche di “naturale”, mentre è consentito l’utilizzo dell’unità geografica “Piemonte”.

Nel silenzio del precedente disciplinare sul confezionamento dei vini, infine, la nuova versione ha  inserito un’apposita norma, stabilendosi che il confezionamento deve avvenire in recipienti di vetro fino a 60 litri (con esclusione dei contenitori della capacità da 200 cl).

E’, tuttavia, consentito anche l’uso di recipienti di altri materiali idonei a venire in contatto con gli alimenti, ad esclusione dei contenitori in PET, ma non per le tipologie qualificate con la menzione “vigna” e per le tipologie qualificate con la menzione “superiore”.

Vietati in ogni caso tappi a corona e tappi in plastica per la tipologia “spumante”.

BOLGHERI DOC

La denominazione toscana ha subito una rilevante modifica della base ampelografica dei propri vini bianchi.
Se, infatti, le tipologie ammesse dal disciplinare continuano ad essere “bianco”, “Vermentino”, “Sauvignon”, “rosato”, “rosso” e “rosso superiore”, proprio i bianchi hanno visto sostituire alla vecchia composizione di Vermentino da 0 al 70%, Sauvignon da 0 a 40%, Trebbiano toscano da 0 a 40%, con saldo di massimo il 30% di altri vitigni con uve a bacca bianca, idonei alla coltivazione per la Regione Toscana, il seguente assemblaggio

Vermentino: da 0 a 100 %; 

Sauvignon: da 0 a 100 %; 

Viognier: da 0 a 100 %. 

Il saldo di altri vitigni con uve a bacca bianca è salito ad un massimo del 40%.

Photo Credit: https://www.bolgheridoc.comAnche la resa massima dell’uva in vino finito è stata modificata sia per la tipologia “bianco” sia per quella “Vermentino” e “Sauvignon”, passandosi da un massimo del 65% al 70% e parificandosi così i limiti a quelli previsti per il “rosato”, il “rosso” e il “rosso superiore”.

Per quanto riguarda tutte le tipologie, infine, sulla scia di modifiche simili già avvenute in altri disciplinari toscani come Rosso di Montepulciano DOC, Vin Santo di Montepulciano DOC e Vino Nobile di Montepulciano DOCG, è stato introdotto l’obbligo di indicare in etichetta il termine geografico “Toscana”, fatto salvo, naturalmente, lo smaltimento delle etichette per le partite di vini della vendemmia 2021 e precedenti.

IRPINIA DOC

Interessanti novità hanno riguardato questa denominazione che ha visto ampliare sia le tipologie che la composizione ampelografica dei propri vini.

Per prima cosa accanto al “bianco”, “rosso” e “rosato” senza specificazione della sottozona è stata aggiunta la tipologia “bianco spumante” (Fiano e Greco, da soli o congiuntamente minimo 50%),  “rosso spumante” e “rosato spumante” (entrambi Aglianico minimo 50%).

Oltre alla tipologia “Falanghina” e “Falanghina spumante”, poi, è stata inserita la tipologia “Falanghina passito” (sempre con un minimo dell’85% del corrispondente vitigno) mentre per i vini a base Aglianico (minimo 85%) alle tipologie “Aglianico”, “Aglianico passito” e “ Aglianico liquoroso” sono state aggiunte quelle dell’ “Aglianico spumante”,  dell’ “Aglianico vinificato in bianco” e dell’ “Aglianico vinificato in bianco spumante”.

In tali ultime due ipotesi il nuovo disciplinare stabilisce l’obbligo di indicare in etichetta la specificazione “vinificato in bianco”.

Per quanto riguarda invece le modifiche nella composizione ampelografica delle tipologie già esistenti, il nuovo disciplinare ha previsto che Fiano e Greco, da soli o congiuntamente per minimo 50%, costituiscano la base del “bianco” (mentre prima doveva essere Greco dal 40 al 50%, Fiano dal 40 al 50%) e il “rosso” “rosato” o “novello” vengano prodotti con Aglianico minimo al 50%, contro il 70% della precedente versione. 

Passando alle variazioni che hanno interessato le norme per la viticoltura, appare rilevante notare l’eliminazione del limite di 600 mt slm per i terreni idonei alla coltivazione (in linea con l’esigenza di fare i conti con i fenomeni di surriscaldamento atmosferico), mentre per quanto riguarda tutte le tipologie di spumanti, se elaborate con metodo classico, l’immissione al consumo è stato fissato a 18 mesi dal 1° ottobre dell’anno di raccolta della partita più recente contro i 20 mesi della precedente versione del disciplinare.

Photo Credit: https://consorziovinidirpinia.it

Rimanendo in tema di spumanti, inoltre, è oggi prescritto che tutte le tipologie possano uscire nella versione dal pas dosé al dolce, comprese quelle precedentemente previste (Falanghina spumante, Fiano spumante e Greco spumante) per le quali si limitava il residuo zuccherino alle sole ipotesi dell’extra brut e del brut. 

Anche l’invecchiamento prescritto per la sottozona “Campi Taurasini” ha subito una modifica: se prima, infatti, il periodo doveva essere di almeno 9 mesi a far tempo dal 1° novembre dell'anno della vendemmia, ora il disciplinare si limita a dire che questi vini devono essere immessi al consumo a far data dal 1° settembre dell’anno successivo a quello della vendemmia. 

Ultima modifica di un certo rilievo, infine, è costituita dall’introduzione della possibilità di utilizzare contenitori alternativi al vetro, ossia il confezionamento in bag in box, di volume non inferiore ai 3 litri, escludendosi, però, la tipologia “Fiano passito”, “Greco passito”, “Falanghina passito”, “Aglianico passito”, “Aglianico liquoroso” e quella con sottozona “Campi Taurasini”.