Orientarsi tra le bottiglie: i prodotti vitivinicoli aromatizzati - Seconda Parte

Orientarsi tra le bottiglie: i prodotti vitivinicoli aromatizzati - Seconda Parte

Diritto diVino
di Paola Marcone
17 maggio 2022

Vini aromatizzati, bevande aromatizzate a base di vino e cocktail aromatizzati di prodotti vitivinicoli sono i tre gruppi di prodotti vitivinicoli aromatizzati. In commercio se ne trovano tantissimi e qualcuno è anche scritto nel Registro delle Indicazioni Geografiche dell’Unione Europea. Conosciamoli più da vicino a partire dai vini aromatizzati.

Nelle scorse settimane abbiano visto quali siano le caratteristiche generali e le differenze dei prodotti vitivinicoli aromatizzati. Ora, cominciando dai vini aromatizzati, è il momento di curiosare tra i vari gruppi di bevande per scoprire con quante diverse designazioni possiamo trovarli in commercio.

Le designazioni di vendita dei vini aromatizzati

La caratteristica principale di questa tipologia di prodotti è di essere composta per almeno il 75% da mosto di uve fresche mutizzato con alcole, vino (ma non la retsina), vino liquoroso, vino spumante (anche di qualità, di qualità del tipo aromatico, gassificato) e vino frizzante (anche gassificato), con un titolo alcolometrico volumico totale non inferiore a 17,5% vol salvo casi specifici.

Tra le denominazioni di vendita ammesse dal Regolamento comunitario dedicato ai prodotti vitivinicoli aromatizzati è ammesso l’utilizzo, quindi, di “Vino aromatizzato”, ma anche di “Aperitivo a base di vino”.

In questo caso, però, è comunque necessario rispettare tutte le prescrizioni previste per la tipologia in modo da non confondere il prodotto con altri che non abbiano le specifiche tecniche dei vini aromatizzati (magari perché la base della bevanda è altra da quelle sopra riportate) e a cui la normativa comunitaria pure consente di utilizzare lo stesso termine “aperitivo”.

Un rilievo significativo è poi riconosciuto a vini aromatizzati come il “Vermut o Vermout o Vermouth”, che possono così essere designati in etichetta quando è stato aggiunto alcole e il gusto caratteristico della bevanda è stato ottenuto con l’impiego di sostanze della specie Artemisia. L’Italia ha iscritto nel Registro delle Indicazioni Geografiche dell’Unione Europea il “Vermut di Torino/Vermouth di Torino”, che, come previsto dal disciplinare di produzione, è il vino aromatizzato ottenuto in Piemonte a partire da uno o più prodotti vitivinicoli italiani, aggiunto di alcole, aromatizzato prioritariamente da Artemisia absinthium e (oppure) pontica unitamente ad altre erbe, spezie ed eventuali sostanze aromatizzanti ammesse dalla normativa vigente.

Il “Vermut di Torino”, bianco o rosso, è eventualmente colorato esclusivamente per utilizzo di caramello mentre le piante delle diverse specie ammesse per la produzione devono essere coltivate e (oppure) raccolte nell’intero territorio della Regione Piemonte. 

Un altro modo ammesso per designare i vini aromatizzati è quello di “Vino aromatizzato amaro”.Anche in questo caso deve essere stato aggiunto alcole e la denominazione di vendita “Vino aromatizzato amaro” deve essere seguita dal nome della principale sostanza aromatizzante amara. 

La dicitura, inoltre, può essere completata o sostituita da: 

  • “Vino alla china”, quando l’aromatizzazione principale è fatta con aroma naturale di china.

Il più conosciuto vino aromatizzato di questo tipo è senz’altro il Barolo chinato, ma nella tradizione piemontese oltre il Nebbiolo vengono anche utilizzati vitigni tipici come Barbera o Freisa.

  • “Bitter vino”, quando l’aromatizzazione principale è fatta con aroma naturale di genziana e quando alla bevanda è stata data una colorazione gialla e (oppure) rossa mediante coloranti autorizzati. 

Sono pochi i prodotti ormai in commercio che utilizzano questa designazione e quei pochi che si trovano appartengono per lo più a manifatture artigianali che ripropongono antiche ricette, come quella abruzzese di aromatizzare il Trebbiano.

In ogni caso anche qui come nell’ipotesi del termine “”Aperitivo a base di vino”, la normativa precisa che l’uso di “Bitter” non impedisce che la dicitura sia impiegata per definire prodotti che non siano vini aromatizzati, come per esempio nel caso di alcune bevande spiritose al gusto amaro (o bitter appunto) o i prodotti analcolici o con contenuti assai limitati di alcol, aromatizzati con sostanze amaricanti e zuccherine.

  • “Americano”, termine consentito quando l’aromatizzazione è dovuta alla presenza di sostanze aromatizzanti naturali ricavate dall’assenzio e dalla genziana e quando alla bevanda è stata data una colorazione gialla e (oppure) rossa mediante coloranti autorizzati.

Da sottolineare che questa designazione è possibile solo quando si tratti di vino aromatizzato con le caratteristiche appena descritte (in Piemonte esistono esemplari produzioni limitate e artigianali con base Grignolino) e da non confondere con l’omonimo e famoso cocktail nato in Italia negli anni Trenta, composto da Bitter Campari, vermut rosso e soda.

Interessante è anche la denominazione di vendita “Vino aromatizzato all’uovo” che è ammessa quando è stato aggiunto alcole, tuorli d’uovo di qualità o loro estratti nel quantitativo minimo di tuorlo d’uovo pari a 10 grammi per litro e il prodotto abbia un tenore di zuccheri superiore a 200 grammi.

L’interesse è dato dal fatto che quando si parla di “Vino aromatizzato all’uovo” la mente corre subito alle preparazioni a base di Marsala ma le distinzioni da fare per un corretto inquadramento dei prodotti nelle differenti denominazioni legali sono diverse. 

Per prima cosa, infatti, bisogna subito precisare che il “Vino aromatizzato all’uovo” è ben diverso dal “Liquore a base di uova” (o “Advocaat o Avocat o Advokat”) e dal “Liquore all’uovo”, per come descritti dal Regolamento comunitario sulle bevande spiritose.

Queste ultime due designazioni di vendita sono, infatti, riservate a prodotti con uovo a base di alcole etilico di origine agricola, distillato di origine agricola o bevanda spiritosa, o una loro combinazione. 

Si tratta per esempio del “Liquore zabaglione all'uovo” iscritto nell’Elenco nazionale dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (P.A.T.) per l’Emilia-Romagna e del “Liquore all’uovo” iscritto per il Veneto.

Quando, invece, la designazione in etichetta riporta “Vino aromatizzato all’uovo” la composizione deve rispettare le, differenti, prescrizioni del Regolamento dei prodotti vitivinicoli aromatizzati che abbiamo prima d’ora approfondito.

La dicitura “Vino aromatizzato all’uovo”, inoltre, può anche essere accompagnata dal termine “Cremovo” quando tale prodotto contiene vino della denominazione di origine protetta “Marsala” in una percentuale non inferiore all’80%.

Se, invece, il prodotto contiene vino della denominazione di origine protetta “Marsala” sempre in una percentuale non inferiore all’80% ma con tuorlo d’uovo in quantità non inferiore a 60 grammi per litro, la denominazione di vendita “Vino aromatizzato all’uovo” può essere accompagnata dal termine “Cremovo zabaione”.

Quando in etichetta, quindi, troviamo la dicitura “Cremovo” e “Cremovo zabaione” possiamo essere certi che in entrambi c’è del “Marsala DOC” per almeno l’80%.

A questo proposito è bene ricordare come attualmente (cioè dal 1984 quando è stata mutata la regolamentazione del Marsala) la denominazione di origine controlla “Marsala” (che deve essere integrata a seconda delle caratteristiche del prodotto da “Fine”, “Superiore”, “Superiore Riserva”, “Vergine” o “Soleras”, “Vergine Riserva” o “Soleras Riserva”, oppure “Vergine Stravecchio” o “Soleras Stravecchio”) è riservata solo ai vini liquorosi, di colore oro, ambra e rubino.

Quelli che, invece, un tempo erano i “Marsala speciali”, variamente aromatizzati (all’uovo o alla mandorla per esempio), non sono tutelati dalla DOC ma devono seguire la disciplina dei vini aromatizzati, qualora, ovviamente, ne rispettino tutte le prescrizioni.

Ultima designazione di vendita ammessa per i vini aromatizzati è quella di Väkevä viiniglögi” o “Starkvinsglögg”, qualora sia stato aggiunto alcole e il gusto caratteristico sia stato ottenuto mediante l’impiego di chiodi di garofano e (oppure) cannella.

Sono prodotti che possono assomigliare nel gusto al vin brulé, ma se ne distinguono per la percentuale di composizione del vino di base e per il volume alcolico.

La designazione “Glühwein” (equivalente di vin brule), è, infatti riservata ad alcune bevande aromatizzate a base di vino.

Nel concludere questa breve rassegna sui diversi modi in cui è possibile trovare in commercio i vini aromatizzati, abbiamo in precedenza ricordato come nel Registro delle Indicazioni Geografiche dell’UE, l’Italia abbia provveduto a iscrivere il “Vermut di Torino”.

È il momento quindi ora di dire che la Spagna è l’altro unico Paese ad aver inserito un vino aromatizzato nel Registro, con l’andaluso “Vino Naranja del Condado de Huelva”, da oltre 300 anni ottenuto dall’aromatizzazione di vini bianchi con bucce di arancia.

Viste, dunque, le designazioni di vendita dei vini aromatizzati che si sono rivelate varie e articolate, non meno differenti sono le modalità di etichettatura con cui è possibile commercializzare gli altri prodotti vitivinicoli aromatizzati.

Non resta allora che attendere i prossimi approfondimenti per scoprirne di più.