Orientarsi tra le bottiglie: le bevande spiritose - Parte 1

Orientarsi tra le bottiglie: le bevande spiritose - Parte 1

Diritto diVino
di Paola Marcone
08 settembre 2021

Dallo scorso 25 maggio la disciplina comunitaria sulle bevande spiritose è applicabile nella sua interezza. Facciamo quindi il punto della situazione su questa categoria di prodotti che racchiude un gran numero di differenti bevande.

“Alla luce dell'esperienza recente e dell'innovazione tecnologica, degli sviluppi di mercato e dell'evoluzione delle aspettative dei consumatori, è necessario aggiornare le norme relative alla definizione, alla designazione, alla presentazione e all'etichettatura delle bevande spiritose e rivedere le modalità di registrazione e protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose.”.

Con queste parole si apre il Regolamento 2019/787 con cui sono state introdotte alcune novità nella vasta categoria delle bevande spiritose, che, secondo le stime della Commissione Europea, con quasi 12 miliardi di euro di esportazioni nel 2018, contribuisce per circa 10 miliardi di euro alla bilancia commerciale positiva dell'UE, generando intorno ai 22,4 miliardi di euro in accise e IVA nelle vendite all'interno dell'UE e rappresentando circa 1 milione di posti di lavoro diretti nei settori della produzione e delle vendite. 

Il Regolamento, dunque, incide su un settore fortemente radicato nella cultura e nelle tradizioni europee ed è, nella sua interezza, pienamente applicabile dal 25 maggio 2021 (alcune parti lo erano dall’8 giugno 2019), anche se, transitoriamente, viene stabilito che i precedenti prodotti, realizzati nel rispetto della relativa normativa, possano continuare ad essere commercializzati fino a esaurimento delle scorte.

Nel luglio 2021, inoltre, sono stati pubblicati i due Regolamenti con cui si sono predisposte apposite norme per l’iscrizione nel registro ufficiale delle bevande spiritose e per la registrazione delle domande delle Indicazioni Geografiche.

Definizione 

Ma cosa si intende per bevanda spiritosa? La definizione legale può così sintetizzarsi: deve trattarsi di un prodotto destinato al consumo umano, che possiede caratteristiche organolettiche particolari e un titolo alcolometrico volumico minimo del 15%, salvo il caso delle bevande spiritose a base di uova.

Deve, inoltre, essere ottenuto o per distillazione di prodotti fermentati o per macerazione in alcol di materie prime vegetali o, ancora, tramite miscelazione di queste due componenti, più un’eventuale aggiunta di ingredienti come coloranti, edulcoranti, aromi (nel rispetto, ovviamente, della disciplina comunitaria applicabili a tali sostanze). 

Categorie

Per specificare ancor più quali bevande possano essere definite “spiritose”, gli allegati I e II al testo del Regolamento elencano ben 47 categorie di prodotti che, partendo dalla definizione legale di bevanda spiritosa, appunto, vanno a sommare, poi, ulteriori caratteristiche specifiche.

Si va dal rum alla vodka passando al bitter, ai liquori o ancora al maraschino, all’idromele, al gin e a tante altre bevande, alcune anche di tradizione prettamente locale come specifici prodotti di Germania, Francia e Repubblica Ceca. Norme particolari, poi, sono poi state dettate in un apposito allegato per il sistema di invecchiamento dinamico dei brandy (o “criaderas y solera” o “solera e criaderas”).

Nei prossimi appuntamenti di DirittodiVino dedicheremo a ciascuna di queste bevande un’apposita scheda per avere un quadro il più completo possibile, ma fin da subito è bene ricordare come tra le bevande spiritose non rientrino i vini aromatizzati (il Vermut per esempio), perché questi prodotti sono disciplinati da un altro Regolamento comunitario (il 2014/251) e fanno parte del sistema normativo dedicato ai vini speciali di cui parleremo in futuro.

Zuccheri e materie prime

Novità del Regolamento è stata l’introduzione per moltissime delle categorie di bevande spiritose di un limite massimo di zucchero (invertito) ammissibile, così da uniformare le norme per tutti i prodotti dell’Unione. Si tratta comunque solo di quantità che permettono un arrotondamento del gusto della bevanda al termine della produzione e non di dolcificazione della materia prima. A titolo di esempio per il rum si è previsto il limite massimo di 20 grammi per litro, per il brandy 35 e per la vodka 8.
Per i liquori, invece, si è optato per la predisposizione di un limite minimo di zuccheri, ossia 100 grammi per litro.

In ogni caso, a differenza che nell’etichettatura di altri prodotti alimentari, l’indicazione del valore energetico della bevanda e le dichiarazioni nutrizionali non sono previste come informazioni obbligatorie da riportare in etichetta. 

Il Regolamento, poi, è anche intervenuto con incisività per disciplinare la menzione in etichetta della materia prima grezza impiegata per la produzione dell’alcol o dei distillati di origine agricola, specificando che il riferimento alle materie prime può essere fatto solo se l'alcol etilico o i distillati siano stati ottenuti esclusivamente a partire da tale materia prima.

In tal caso, ciascun tipo di alcol etilico di origine agricola o distillato di origine agricola utilizzato è menzionato secondo l'ordine decrescente dei quantitativi in volume dell'alcol puro. 

Si è, così, voluta superare ogni confusione derivante da casi come quello – emblematico – della vodka, prodotta con diverse materie prime (patate e cereali tra tutte), che conferiscono alla bevanda caratteristiche organolettiche e qualitative assai differenti. Con la nuova disciplina, quindi, qualora si volesse indicare in etichetta la materia prima di una vodka (per esempio cereali), dovrà anche indicarsi la percentuale dell’alcol presente derivante dal cereale menzionato, così da non lasciar dubbi sull’effettiva quantità degli ingredienti presenti nel prodotto.

Denominazioni legali

Il Regolamento europeo dedica ampio e dettagliato spazio alle denominazioni legali con cui sono identificate le diverse bevande spiritose immesse sul mercato e precisa che i prodotti che soddisfano i requisiti di una categoria di bevande spiritose definite nell'allegato I utilizzano la denominazione di tale categoria come denominazione legale. 

Pastis, rum, gin e via dicendo, per esempio, sono categorie di bevande spiritose e, al tempo stesso, denominazioni legali dei relativi prodotti.

Se una bevanda spiritosa non possiede i requisiti caratteristici di una delle categorie degli allegati, invece, ma solo quelli generali di cui alla definizione legale, il prodotto deve essere immesso in commercio semplicemente come “bevanda spiritosa” (se l’alcol è minore del 15% la dicitura sarà “bevanda alcolica”), mentre se vengono soddisfatti i requisiti di più di una categoria, allora la bevanda può essere commercializzata con una o più delle denominazioni consentite.

In ogni caso la denominazione legale deve figurare nella designazione, nella presentazione e nell'etichettatura del prodotto in modo chiaro e visibile. 

La disciplina, inoltre, si rivela altamente dettagliata per quanto riguarda le integrazioni alle denominazioni legali, prevedendosi una gran quantità di possibili variabili che vanno ad aggiungersi  alle denominazioni stesse, fermi comunque i principi di chiarezza e comprensibilità. 

Ecco allora, solo per fare qualche esempio, che  la denominazione legale di una bevanda spiritosa può essere completata o sostituita da una delle indicazioni geografiche riconosciute, che può essere a sua volta completata da qualsiasi termine consentito dal relativo disciplinare, oppure la denominazione legale può essere sostituita da un termine composto che includa la dicitura “liquore” o “crema”, a condizione che il prodotto finale soddisfi i requisiti della categoria “liquore”. 

La denominazione “Liquore di Limoni di Sorrento” I.G. potrà, quindi, essere integrata, come da disciplinare e a determinate condizioni, dalla menzione “Capri” mentre la denominazione “Genziana” potrà essere presentata, avendone i requisiti, anche come “Liquore di Genziana” o quella “Whisky” (o “Whiskey”) come “Crema di Whisky”, sempre per fare qualche esempio pratico.

Insomma, il mondo delle denominazioni legali delle bevande spiritose si presenta multisfaccettato e dalle innumerevoli variabili, che rendono la presentazione e l’etichettatura di tali prodotti una questione a volte di difficile gestione.

Miscele, assemblati, allusioni

Tra le tante variabili possibili, comunque, sembra interessante ricordare il significato di alcuni termini che possono facilmente trovarsi sulle bottiglie delle bevande spiritose, a partire dal concetto di miscela che il Regolamento europeo (modificato sul punto dal successivo Regolamento 2021/1096) definisce la bevanda spiritosa ottenuta o dalla combinazione tra una o più bevande spiritose di diversa categoria o combinando una bevanda spiritosa con una o più distillati o alcol di origine agricola. 

Parliamo in definitiva di cocktail premiscelati con un risultato finale da bevanda spiritosa; titolo alcolometrico volumico, quindi, superiore o uguale a 15%. 

In questo caso in etichetta andrà indicata la denominazione legale della bevanda spiritosa di cui si posseggono tutti i requisiti (o altrimenti si utilizzerà semplicemente “bevanda spiritosa”) a cui aggiungere il termine “miscela”, mentre in un’apposita lista di ingredienti potranno essere elencati i vari prodotti utilizzati.

Simile la disciplina per le bevande assemblate, che il Regolamento comunitario definisce, però, prodotti ottenuti dalla combinazione di due o più bevande spiritose ma della stessa categoria, distinguibili tra loro solo per differenze di composizione dovute a uno o più dei seguenti fattori: metodo di produzione, periodo di maturazione o di invecchiamento, zona geografica di produzione.

In questo caso la denominazione legale sarà quella della categoria di appartenenza, cui si potrà aggiungere la parola “assemblato”, “assemblaggio” o “bevanda assemblata”.

Il Regolamento comunitario, infine, disciplina anche le cosiddette allusioni, ossia i riferimenti diretti o indiretti a una o più denominazioni legali o indicazioni geografiche, fatto nella designazione, presentazione e etichettatura o di un prodotto alimentare diverso da una bevanda spiritosa (“Babà al rum”; “Cola al Rum”, come esempio), o di una bevanda spiritosa che soddisfa i requisiti di alcune delle categorie dell'allegato I (“Liquore di ciliege e rum”, in ipotesi).

In questi casi, infatti, il riferimento ad alcune bevande spiritose permette di descrivere gli ingredienti di altri alimenti che andranno adeguatamente segnalati in etichetta secondo precisi parametri individuati dal Legislatore.

Al momento, però, la normativa, per quanto recente, è già in attesa di adeguamento, dovendosi meglio precisare i requisiti di etichettatura in tutti i casi in cui, come nell’esempio del “Liquore di ciliege e rum”, alla bevanda spiritosa ricompresa tra alcune categorie si sia aggiunta altra bevanda spiritosa, perché qui il discrimine tra allusione e miscela è davvero sottile e, dunque, non resta che attendere le delucidazioni dei prossimi Regolamenti comunitari.

Indicazioni geografiche

Se, in via generale, l'indicazione del paese d'origine o del luogo di provenienza dell'ingrediente primario della bevanda spiritosa non è considerato elemento obbligatorio dalla normativa dell’Unione, la nuova disciplina delle Indicazioni Geografiche qualificate costituisce nell’intenzione del Legislatore europeo un contributo “al raggiungimento di un livello elevato di protezione dei consumatori, all'eliminazione dell'asimmetria informativa, alla prevenzione delle pratiche ingannevoli e alla realizzazione della trasparenza del mercato e di eque condizioni di concorrenza”. 

Si sono, così, notevolmente semplificate le procedure per la registrazione delle domande di protezione, che vanno presentate sulla base di un preciso disciplinare di produzione.

La normativa ricalca quella della protezione dei prodotti alimentari in genere con l’istituzione di un registro elettronico accessibile al pubblico dove elencare e aggiornare le Indicazioni Geografiche tutelate.

Ad oggi nella sezione bevande spiritose di eAmbrosia, il registro generale dell’Unione Europea per la protezione dei prodotti agroalimentari e vitivinicoli, sono iscritti 252 prodotti, di cui 34 italiani.

Ci soffermeremo, dunque, su queste bevande nei prossimi approfondimenti per meglio cogliere la portata innovativa della nuova disciplina comunitaria.