Per il vino “naturale” è il momento della credibilità

Per il vino “naturale” è il momento della credibilità

Diritto diVino
di Paola Marcone
18 febbraio 2023

Da indistinto fenomeno alternativo a una chiara affermazione di identità. Quali strade perché il vino “naturale” sia una scelta credibile per i consumatori?

A leggere il Wine Intelligence Global Alternative Wine Opportunity Index sembrerebbe che nei sedici mercati chiave del vino analizzati nel 2022, tra cui Regno Unito, Germania, Cina e Stati Uniti, il concetto di vino “naturale” sia materia ampiamente conosciuta dal consumatore. La categoria dei vini “naturali”, infatti, risulta al primo posto di scelta tra i prodotti alternativi al vino convenzionale, precedendo anche quella del vino biologico e del vino biodinamico. Idee chiare quindi su cosa debba intendersi con il termine “naturale” associato al vino? Non proprio. Un approfondimento sul tema, condotto sempre da Wine Intelligence, ha viceversa dimostrato come solo una nicchia dei consumatori (gli appassionati e conoscitori di vino) abbia una certa consapevolezza delle caratteristiche del cosiddetto vino “naturale” in termini di tecniche di conduzione agronomica e produzione, mentre la maggior parte dei consumatori utilizza il termine “naturale” come semplice aggettivo per indicare un prodotto agricolo stagionale, che si ottiene con metodi tradizionalmente consolidati in contesti naturalistici ameni e dal forte impatto paesaggistico.

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Per questi consumatori, quindi, il vino, qualunque vino, essendo un prodotto che si ottiene dalla natura è “naturale”. All’opposto, non mancano consumatori che sottolineano come la produzione di vino imponga comunque l’intervento dell’uomo e, di conseguenza, “naturale” il vino non può esserlo. In ogni caso se fermassimo il nostro sguardo al punto di vista di quei consumatori che dichiarano di preferire il vino “naturale”, la relativa definizione sarebbe associabile a un ventaglio di concetti tutti più o meno fondati ma non univoci, con il comune denominatore dell’essere percepiti come prodotti a valore positivo. Non a caso anche tutte le statistiche redatte negli ultimi anni da Wine Monitor dimostrano una costante tendenza di preferenza tra i consumatori italiani per i vini “green”, che racchiudono prodotti variamente definiti (biologici, sostenibili, “naturali”, biodinamici, vegani, eco-friendly). In questo panorama così articolato è però evidente il rischio per il consumatore di non riuscire a inquadrare esattamente il concetto di vino “naturale”, tanto più se nell’attuale contesto normativo comunitario solo “vino” è termine definito mentre “naturale” no.

Nella legislazione europea, infatti, accanto alla generale definizione di vino sono state dettagliatamente regolamentate le pratiche di produzione e si è predisposto per i vini biologici un apposito Regolamento. Per il Legislatore quindi è questo ad oggi il solo perimetro normativo che chi decide di fare vino deve rispettare, valutato come adeguato per tutelare tanto il prodotto quanto il consumatore. Ogni volta che le istituzioni europee hanno reso chiarimenti sull’utilizzo del termine “naturale”, invece, si è sempre ribadito che l’indicazione potrebbe suggerire un vino di qualità più alta inducendo il consumatore in errore, magari portandolo a credere che il vino definito “naturale” sia addirittura più salubre. Ancora recentemente, nel marzo 2021, la Commissaria Europea per la Salute e Sicurezza Alimentare ha precisato come l’uso del termine “naturale” per definire i prodotti alimentari (vino compreso quindi) non venga considerato dall’Unione Europea né un’indicazione nutrizionale né un’indicazione sulla salute, quanto invece una delle informazioni rese volontariamente al consumatore, che però come pratica leale deve essere veritiera, documentabile e non ingannevole.

Se, dunque, dal punto di vista normativo, il Legislatore europeo non sembra avere intenzione di andare oltre le categorie già esplicitate, viene quindi da chiedersi quale sia la possibile strada affinché i produttori siano in grado di dimostrare ai consumatori che il termine “naturale” associato al proprio vino sia veritiero, documentabile e non ingannevole. Il tema non è da poco e neanche così secondario perché ormai anche tra i produttori c’è consapevolezza della necessità che il vino “naturale” sia riconosciuto come categoria credibile e qualitativamente virtuosa e non già come il cavallo di Troia per produzioni inadeguate ed estemporanee. Anzi proprio l’assenza di uno scudo normativo che definisca il campo di azione ha in qualche modo reso sempre più solida questa ricerca di credibilità da parte delle diverse associazioni che riuniscono quanti si identificano in una viticoltura che rispetti il territorio e non sia standardizzata in protocolli produttivi dominati dalla chimica. Il Manifesto “La forma e la sostanza, le luci e le ombre” presentato a Viniveri nell’aprile del 2022 e firmato da Sandro Sangiorgi e Paolo Vodopivec, presidente del Consorzio, cristallizza l’urgenza di questa necessità, mettendo nero su bianco come: “Molti produttori si stanno pericolosamente abituando a imperfezioni tecniche, più o meno gravi, considerandole peccati veniali o, ancora peggio, aspetti caratteristici dei propri vini – e sovente anche di quelli dei colleghi. (…) stiamo passando al paradosso mostruoso di chi considera la competenza tecnica un ostacolo alla realizzazione del liquido odoroso, quasi che meno si sa e meglio si riesce. (…)”.

Fermo quindi che il concetto di naturalità del vino non può mai prescindere dal rispetto dei limiti legali minimi stabiliti dalla normativa per tutte le produzioni, il documento mette in luce come la credibilità per i vini “naturali” debba passare necessariamente dalla ricerca della qualità, di cui la genuinità, però, è solo uno dei tasselli. “Oltre che imparare a vinificare, maturare e affinare il frutto del proprio lavoro agricolo, diventa ineludibile educarsi alla degustazione, in modo da coltivare un senso di bellezza che elevi e non appiattisca tanto sforzo.”. Educazione alla degustazione e competenza tecnica; forma e sostanza. Questa per i produttori di Viniveri sembra essere la strada per rendere veritiero, documentabile e non ingannevole il vino “naturale”. Abbiamo allora chiesto ad Angiolino Maule, presidente di Vinnatur, e ad Alessandro Sala, produttore lombardo di vini ottenuti esclusivamente con i vitigni PIWI, di raccontarci la loro idea su quali altre strade si possano percorrere affinché i consumatori siano garantiti sul prodotto “naturale” che acquistano. Perché una cosa è certa: senza una definizione legale, serve uno sforzo comune e ancor più rigoroso per dare un’identità credibile al vino “naturale”.