Pratiche enologiche: il taglio

Pratiche enologiche: il taglio

Diritto diVino
di Paola Marcone
22 febbraio 2022

Il taglio è una pratica enologica abbastanza comune che può avere un considerevole impatto sulla qualità dei prodotti vitivinicoli. Vediamo in cosa consiste, con che limiti è ammessa dalla normativa europea e cosa l’Italia ha deciso per i propri vini.

Quando si parla di pratiche enologiche la premessa d’obbligo è che qualunque tecnica o trattamento voglia utilizzarsi deve essere espressamente autorizzata dal Legislatore comunitario per mezzo di appositi Regolamenti.

Le prescrizioni indicate in questi atti recepiscono le norme tecniche raccomandate dall’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (OIV) che attualmente è presieduta dal professor Luigi Moio ed è composta da 48 Stati (assenti tra i Paesi produttori più importanti USA e Canada).

I Regolamenti dell’Unione Europea sulle pratiche enologiche, quindi, vengono costantemente aggiornati secondo le indicazioni che la comunità scientifica ritiene opportune per garantire qualità e sicurezza al vino, ragion per cui è concesso ai singoli Stati membri di applicare esclusivamente le norme comunitarie o, al limite, intervenire sulla materia in maniera più restrittiva ma mai più permissiva.
Il più recente dei Regolamenti sulle pratiche enologiche (il 2019/934) allora, costituisce il punto di riferimento del nostro approfondimento odierno sul taglio, come lo è stato di quello relativo all’arricchimento del titolo alcolometrico e all’uso del saccarosio.
Che il taglio sia una pratica enologica rilevante è una certezza di cui il Legislatore europeo ha sempre avuto consapevolezza, tanto da dichiarare espressamente tra le premesse dei vari Regolamenti sui prodotti enologici che “al fine di evitare abusi e garantire un elevato livello qualitativo dei prodotti vitivinicoli promuovendo nel contempo una maggiore competitività del settore, tale pratica dovrebbe essere oggetto di una precisa definizione e di una regolamentazione rigorosa. Per gli stessi motivi, nella produzione del vino rosato l'uso di tale pratica dovrebbe essere regolamentato in maniera più dettagliata per alcuni vini che non sono soggetti alle disposizioni di un disciplinare di produzione”.

La definizione di taglio, quindi, è il punto di partenza per qualsivoglia ragionamento sulla possibilità di ricorrere a questa pratica e la normativa europea precisa che taglio è la miscelazione di vini o di mosti:

  • di diverse provenienze;
  • di diverse varietà di vite;  
  • di diverse vendemmie;
  • appartenenti a categorie diverse di vino o di mosto.

Presupposto imprescindibile del taglio, allora, è la miscelazione di vini o mosti e se la loro diversità è facilmente intuibile in relazione alla diversa provenienza, varietà di vite o vendemmia, le differenze associate alle categorie di vino o di mosto sono state espressamente chiarite dalla disciplina comunitaria.

Sono, infatti, considerati appartenenti a categorie diverse di vino o di mosto: 

a) il vino rosso, il vino bianco nonché i mosti o i vini da cui si possa ottenere una di queste categorie di vino; 
b) il vino senza denominazione di origine e il vino senza indicazione geografica protetta, il vino a denominazione di origine protetta (DOP) e il vino a indicazione geografica protetta (IGP) nonché i mosti o i vini da cui si possa ottenere una di queste categorie di vino. 

E’ taglio, quindi, sia la miscelazione tra vini o mosti di differente colore (e il rosato è considerato vino rosso dal Legislatore) sia la miscelazione tra vini o mosti di differente classificazione (vino comune, vino DOP, vino IGP).

L'arricchimento mediante aggiunta di mosto di uve concentrato o di mosto di uve concentrato rettificato e la dolcificazione, invece, sono stati espressamente esclusi dalle regole sul taglio, perché per tali pratiche il Regolamento comunitario ha dedicato specifiche norme. 
Ferma la definizione legale di taglio, possiamo ora vedere quali siano modalità e limiti che il Regolamento europeo individua per questa pratica, partendo dal presupposto che nell’Unione sono vietati sia il taglio di un vino originario di un Paese terzo con un vino della Unione stessa sia il taglio tra loro di vini originari di due o più Paesi terzi.
No alle miscele che prevedano l’impiego di vini di Paesi extra comunitari, quindi, mentre per le miscele di vini di Paesi dell’Unione la pratica è ammessa, salvo limiti più restrittivi dettati anche dai singoli Stati membri.
Per l’Italia la pratica del taglio tra diverse categorie deve fare i conti con le norme prescritte dalla normativa interna e dai singoli disciplinari di produzione dei vini tutelati da denominazione di origine o da indicazione geografica tipica.

In pratica le situazioni che possono verificarsi con riguardo all’origine dei prodotti sono:

  • miscelazione ammessa (tranne per i rosati come a breve vedremo) per i vini generici, varietali e di annata, anche tra prodotti comunitari;
  • miscelazione sempre vietata per i vini DOP (DOC e DOCG), perché la normativa europea ma anche quella italiana nonchè i singoli disciplinari impongono la produzione al 100% da uve raccolte nella zona tutelata;
  • miscelazione parzialmente ammessa per i vini IGP, nel senso che la normativa comunitaria prescrive che almeno l’85% delle uve di questi prodotti debba provenire esclusivamente dalla zona geografica dichiarata, nulla dicendo per il rimanente15%.

Un vino IGP, quindi, potrebbe essere tagliato per massimo il 15% con vini o mosti di altra provenienza, anche se sempre del medesimo Paese di origine, trattandosi di indicazioni geografiche. 
In Italia, però, anche se la normativa interna ricalca quella comunitaria, i singoli disciplinari di produzione IGP indicano sempre quale debba essere la zona di produzione delle uve, limitandola ad un determinato areale geografico ed imponendo così regole più restrittive.
In ogni caso c’è da dire che per quanto riguarda la provenienza del vino l’etichetta deve obbligatoriamente indicare questa informazione. Possiamo quindi, facilmente sapere se un vino generico è o meno “prodotto da miscela di vini comunitari” (o diciture simili) e quale sia il paese produttore di un vino DOP o IGP.

Oltre il profilo dell’origine dei vini utilizzati, poi, la pratica del taglio per categorie pone alcune problematiche quando si tratta di miscelare vini o mosti di colore diverso per produrre vini rosati. Come abbiamo, infatti, ricordato lo stesso Legislatore comunitario sottolinea come la regolamentazione di questi prodotti debba essere particolarmente attenta nelle ipotesi in cui non vi sia un disciplinare di produzione che garantisca un processo condiviso di qualità. Ecco allora che il Regolamento europeo chiarisce come un vino rosato non possa essere prodotto mediante il taglio di un vino bianco senza DOP o senza IGP con un vino rosso senza DOP o senza IGP.  In altre parole viene espressamente vietato il taglio tra vini generici bianchi e vini generici rossi, ma la pratica è sempre ammessa quando il prodotto finale è totalmente destinato alla preparazione di una partita (cuvée) da spumantizzare o all’elaborazione di vino frizzante. Il divieto, insomma, non riguarda spumanti e frizzanti ed è solo per le miscelazioni di vini o mosti della categoria vino senza tutela di origine o di indicazione geografica. Questo, però, non deve far pensare che sia liberamente consentita la miscelazione per i prodotti DOP e IGP. Se l’intento del Legislatore comunitario, infatti, è dettare norme specifiche per le ipotesi in cui i vini non siano già regolamentati da disciplinari di produzione, ne consegue che la produzione dei rosati DOP o IGP non potrà che seguire le prescrizioni contenute nei rispettivi disciplinari, normalmente più restrittive.

Il divieto del taglio per i vini rosati generici, in definitiva, nasce dall’esigenza di impedire che sul mercato dell’Unione Europea circolino prodotti a basso costo e senza particolari controlli di qualità, ottenuti da semplice miscela di vini e non già da vinificazioni rispettose della materia prima e delle tecniche produttive più tradizionali. Limiti relativi all’origine dei prodotti utilizzati e limiti attinenti alla produzione dei vini rosati: questi dunque i principali paletti che l’Unione Europea pone alla pratica del taglio e che mettono in luce una certa complessità dell’argomento, ricco di aspetti tecnici da inquadrare in precisi indirizzi di politica agricola e commerciale.
Non senza dimenticare il ruolo fondamentale che i singoli produttori sono chiamati a svolgere nelle scelte quotidiane da prendere per garantire ai propri vini qualità. Perché, a prescindere da norme, leggi o disciplinari, sono solo loro i custodi delle vigne che lavorano e i coprotagonisti dei risultati che ne derivano.

Foto in Home di phideg da Pixabay