Bordeaux, Hit Parade Tasting

Bordeaux, Hit Parade Tasting

Enozioni a Milano 2025
di Sara Missaglia
18 marzo 2025

La masterclass condotta da Luisito Perazzo parla di vini cominciando dalla Gironda e dal vicino Oceano. La degustazione assomiglia a un grande fiume, che scorre con slancio e ci trasporta là, dove ci porta non il cuore, ma Luisito. Come in un jukebox di vecchi album in vinile, la musica è nei calici e non nei 45 giri, anche se l’età dei vini si approssima allo stesso numero. 

«Senza fine» cantava Gino Paoli nel 1961. Ma qui non si tratta di amore, ma di vino. Di vini divini, perché di Bordeaux, quella parte di Francia dove l’eccellenza ha messo radici da Duemila anni. Vini senza esitazione, dotati di un’abbondante dose di generosità. Prendere o lasciare: l’aristocrazia non negozia. E quando parli di Châteaux, il colore dei calici da granato sembra quasi diventare blu. Esistono rari termini di confronto e i vini di Bordeaux, senza vendere l’anima, comprano stupore. L’esclusività si impone, e lo fa con una eleganza priva di sussurro. La selezione di Luisito Perazzo, brillante e raggiante come i vini che ha proposto, prende il via dal millesimo 1977: 48 anni fa, molto tempo prima di quando giovani e giovanissimi in sala siano nati. L’emozione è soprattutto questa: perché, a volte, le canzoni più belle sono quelle dei nostri genitori, e funziona anche con i vini. Quelli di Bordeaux hanno perso l’umana mortalità e, a volte, sembrano irraggiungibili. La masterclass è quindi da favola, per scoprire che il finale è tutto vero.

Il senso della degustazione

Nessuno di noi ha mai dimenticato il primo amore. O il primo giro in bicicletta. O la prima interrogazione. Perché il tempo, come i ricordi, a volte si ferma e si fissa nella memoria. Una geometria dei sentimenti e delle sensazioni. I vini di Bordeaux sanno impiegare una vita intera per tornare esattamente al punto di partenza, come se, lungo l’asse del tempo, sapessero affrontare con coraggio e temerarietà la sabbia nella clessidra, rallentandone il flusso. O, addirittura, deviandolo, in una dimensione spazio-temporale reinventata. Vini che scippano il tempo e mescolano gli anni come se fosse una mano di poker. Anche i vini sanno sognare, e noi con loro. Questo è il credo di Luisito, che in questi calici legge poesia. Se non la si trova, come diceva Franco Arminio, significa che si deve guardare meglio. La degustazione è quindi emozione, perché questi vini giocano la partita privi dell’energia scalpitante della gioventù, ma con la consapevolezza della maturità. Un’anima vintage, con la sicurezza di chi non abbassa lo sguardo, e la sana presunzione di natali talmente nobili da farsi perdonare anche qualche lieve imperfezione. Sono proprio queste a renderli unici. Senza ruggine e senza polvere, le bottiglie si sono presentate con le etichette sbiadite, a tratti consunte dal tempo, ma con l’orgoglio di non voler cambiare. Non chiedono indulgenza, ma desiderio: la loro stappatura è un rischio da correre, dal fascino irresistibile: ne valeva la pena.

Un veloce tour nella regione di Bordeaux

Luisito corre veloce, tra le curve pianeggianti di Bordeaux, a cominciare dalla storia, dai Romani che introdussero la coltivazione della vite: la fertilità dei suoli fu un elemento favorevole, così come il clima del 46° parallelo, la latitudine considerata ideale per la viticoltura. Il clima temperato oceanico, con influenze dell'Oceano Atlantico e l'estuario della Gironda, mitigano le temperature estreme e favoriscono la maturazione delle uve. Grazie ai due fiumi Garonna, che nasce dai Pirenei e attraversa la città di Bordeaux, e Dordogna, che scorre a suo fianco e a cui si unisce poco a nord di Bordeaux, rendono l’areale vocato all’eccellenza.

Il Medioevo segnò il passaggio della zona all’Inghilterra, con il matrimonio tra Eleonora d'Aquitania ed Enrico II d'Inghilterra, nel 1152. Con la regione sotto il dominio inglese iniziò un’epoca d’oro per il commercio del vino bordolese proprio verso l’Inghilterra, a cui andava la maggior quota della produzione esportata: vini rossi dal colore scarico, da allora identificati con il nome di Claret. Questo periodo prosperò fino al 1453, quando Bordeaux tornò sotto il controllo francese con la Guerra dei Cent’anni.

Nel XVII arrivarono gli Olandesi, che contribuirono a migliorare il drenaggio delle paludi del Médoc: da qui in poi qualificazione del terroir, produzioni di altissimo livello, esportazioni in tutto il mondo, apprezzamenti senza confini, con Bordeaux che si affermò come uno dei principali distretti vinicoli d’Europa.

Nel 1855, in occasione dell'Esposizione Universale di Parigi, l'Imperatore Napoleone III promosse una classificazione ufficiale per i migliori vini di Bordeaux, con l’obiettivo di valorizzare la produzione locale, guidare i consumatori nella scelta e stabilire una sorta di gerarchia di prezzi. Furono selezionati 61 Châteaux, suddivisi in cinque categorie, con il Médoc e Sauternes in primo piano. Da allora, la classificazione è rimasta quasi invariata, con un'unica revisione avvenuta nel 1973, quando Château Mouton Rothschild venne portato da Duexième Cru a Premier Cru. Ancora oggi, questo sistema rappresenta un punto di riferimento per i vini di alta qualità.

E poi la paura, con l’arrivo della fillossera, dello oidio e della peronospora nella seconda metà dell’Ottocento: ci vorranno quasi trent’anni per superare queste sciagure, ma dalle ceneri, dalle gelate, da tante avversità, Bordeaux ha saputo rimboccarsi le maniche e ricostruire i vigneti, la produzione, il livello qualitativo e la fama. Nel 1936 venne creato l'I.N.A.O. (Institut National des Appellations d'Origine), che introdusse le AOC, regolate da normative precise su diversi aspetti della produzione come la zona geografica, i vitigni, la resa, il grado alcolico e i metodi di coltivazione e vinificazione, al fine di proteggere la qualità e tutelare i produttori. Questo segna l'inizio di una crescita costante, fino al raggiungimento di un successo planetario negli anni '80.

Gli areali di Bordeaux

Riva destra, riva sinistra, i due fiumi, l’estuario della Gironda, la porzione centrale, l’Entre-deux-Mers: l’acqua è protagonista, in una terra di vini e dove le alture a malapena arrivano a 100 m s.l.m. Il Médoc, con le prestigiose denominazioni di Pauillac e di Margaux: Pauillac annovera tre dei cinque Premier Grand Cru Classé del 1855 (Château Lafite-Rothschild, Château Latour e Château Mouton-Rothschild), mentre Château Margaux è l’azienda iconica che porta il suo nome. Saint-Julien e Saint-Estèphe, le Graves e Pessac-Léognan, a sud di Bordeaux, e infine Saint-Émilion e Pomerol, sulla riva destra della Dordogna. Da questi luoghi Château Cheval Blanc, Château Ausone e Château Pétrus hanno raggiunto una fama indiscutibile nel mondo.

La degustazione

La stappatura è stata per la squadra di servizio sicuramente una sfida importante: la ritrosia, la delicatezza e la fragilità dei tappi hanno messo a dura prova la competenza della squadra di servizio, composta da Giovanni Silvestri e Alessandro Marcolini.

Bordeaux Saint-Julien 1978 - Château Léoville Las Cases
cabernet sauvignon 65%, merlot 25% e cabernet franc 10%

La maturazione del vino avviene per 20 mesi in barrique, di cui l’80% nuove. Il colore evidenzia immediatamente una evoluzione importante, con note che virano verso tonalità mattonate e aranciate. Il naso è terziarizzato, con note arrostite: sono ricordi di cuoio, pellame, con sbuffi affumicati. Inizialmente al naso il vino sembra ritroso, con sensazioni non positive: con il trascorrere dei minuti si liberano erbe e foglie secche, ricordi di selvaggina, tartufo e catrame. Subito dopo fiori secchi, su uno sfondo quasi balsamico. In bocca il vino ha un corpo di media struttura, ma sorprende per la spiccata acidità. È un vino di 48 anni che, con il passare del tempo nel calice, tende a diventare più aperto, piacevole, dialogante e, comunque, performante.

Pomerol 1988 - Château La Grave à Pomerol (Trigant de Boisset)
merlot 90%, cabernet franc 10%

La fermentazione è mista tra acciaio e rovere grande, mentre la maturazione è di 16 mesi in barrique, nuove per il 60%. Il naso è sicuramente evoluto, ma meno rispetto al precedente. La frutta è più evidente, tra mora e mirtillo. Molto incisiva una nota empireumatica di caffè, e di cioccolato, ma non fondente. Sigari, pomodoro cotto, note di cenere di camino, tostatura e note vegetali cotte. La bocca è elegante ma non lunghissima, con un ritorno molto fruttato sul palato. Spiccata l’acidità, con un tannino dalla simmetria meno performante.

Bordeaux Saint-Émilion Grand Cru 1988 - Château Fonroque
merlot 85%, cabernet franc 15%

Il terzo vino arriva da una conduzione biodinamica. Il naso è più legato a ricordi di ciliegie e di amarena, con evidenze più classiche di tostatura dolce e liquirizia, che virano verso il balsamico. Il naso è molto fresco, così come la bocca. Con il passare del tempo il corredo dei profumi, inizialmente un po’ monotematico, si riscatta nella fase finale. Il sorso chiude con un bel frutto di grande piacevolezza e un tannino maturo dolce. Succoso e molto fresco, ha un’acidità che non irrompe nella parte finale. Dopo qualche minuto emergono sensazioni legate all’umami (salsa di soia, brodo di carne), con ricordi di sigaro. Dotato di buona struttura, chiude morbido e avvolgente.

Bordeaux Saint-Émilion Grand Cru 1999 - Château Beau-Séjour Bécot
cabernet franc, merlot e cabernet sauvignon

Nel colore è molto simile al secondo vino, pur avendo 11 anni meno. Il naso ha ricordi animali, tra selvaggina, pellame e cuoio. Si tratta di un biodinamico non dichiarato. Molto evidenti le note di sigaro, tra fiori gialli ed evidenze di miele. Il corpo è medio, con un tannino non perfettissimo e ancora lievemente astringente.

Sauternes 1997 - Château Doisy-Védrines
sémillon 80%, sauvignon blanc 17%, muscadelle 3%

Qui siamo a Sauternes, il regno della muffa nobile e dei tre vitigni è il sémillon a essere sensibile al fungo. La maturazione avviene per 18 mesi in barrique, nuove per il 40%. Le rese sono bassissime, con un bicchiere di vino per pianta. È di un ambrato luminoso, lucente, per un vino che ha 28 anni. È un naso arrostito, con pesche sciroppate, albicocche disidratate, tostature da mandorla, scorza di agrume e speziature dolci come lo zafferano, la curcuma e le spezie indiane. Note di crème caramel. Il sorso è dolce, ma non eccessivo. A tratti prevale invece una sensazione di elevata acidità, che lo rende particolarmente desiderabile. In bocca si rivela più mielato e sciroppato, con una bellissima lunghezza.

Sauternes 1988 - Château Raymond-Lafon
sémillon 80%, sauvignon blanc 20%

Rese bassissime, esasperate e cernita. La maturazione avviene per 36 mesi in barrique, nuove per il 70%. Il naso è meraviglioso, smaltato, con note di iodio, di vernice, di crema pasticciera, di millefoglie, di medicinali, fuse in spezie esotiche. Ricordi di alici di Cetara, erbe aromatiche, con un sorso un po’ più dolce del precedente. Un vino straordinario, che ammalia tutti i partecipanti. 

I vini acquistano forza con il tempo, e con un secondo assaggio hanno ancora molto da dire. Sono vini dotati di un carattere proprio: hanno la loro storia da raccontare, non la nostra, sottolinea Luisito. L’uscita di scena è importante: i vini se ne vanno con un inchino senza, naturalmente, concedere il bis. Come le star aspettano che i riflettori si spengano. Non le emozioni, ops, pardon le Enozioni. Applausi, senza fine.