Champagne Héritage. La restituzione del tempo

Enozioni a Milano 2025
di Stefano Vanzù
25 marzo 2025
Bollicine finissime e seducenti di sei importanti Maison, custodite in bottiglie che hanno attraversato sino a tre decenni di storia, si sono svelate dopo tanto tempo nella prestigiosa Masterclass di AIS Lombardia dedicata agli champagne d’annata, condotta da Samuel Cogliati Gorlier.
Lo champagne è indiscutibilmente un simbolo di gioia, convivialità e piacere, ma non solo: eleganza e classe sono parole che di frequente accompagnano le prestigiose bottiglie che nascono in quell’angolo nel nord della Francia, termini che assumono un significato ancora più profondo e identitario se li associamo allo scorrere del tempo che, in ogni grande vino - e lo champagne lo è senza dubbio - opera silenziose ma fondamentali trasformazioni in grado di arricchire in maniera peculiare e spesso straordinaria aromi, profumi e sapori del nettare conservato con cura e amore in cantine ricche di storia e fascino.
Samuel Cogliati Gorlier, italo-francese, scrittore, giornalista, consulente nel mondo del vino e fondatore di Possibilia Editore, è un profondo conoscitore della Champagne, delle sue Maison e degli uomini e donne che sono alla base del perdurante successo dello champagne nel mondo, Davanti a una platea attenta e interessata, prima di condurre la superba degustazione di sei champagne d’annata, ha voluto puntualizzare alcuni aspetti fondamentali che consentono a uno champagne di superare la prova del tempo e di rivelarsi a noi, dopo svariati anni, ancora complesso e, soprattutto, estremamente piacevole, capace di regalare stupende sensazioni olfattive e tattili.
Invecchiamento & C.
Cosa rende uno champagne ben fatto un vino potenzialmente in grado di sfidare gli anni? La parola magica è l’invecchiamento, un termine che Samuel considera più “sincero” rispetto, per esempio, ad affinamento poiché rende ancor meglio l’idea di maturità legata a un vino di classe che ha bisogno di tempo per esprimere tutta la sua complessità. Proprio la sua lunga curva di invecchiamento genererà nello champagne aromi e sapori variegati mentre l'anidride carbonica (CO₂), incolore e inodore ma indubbiamente elemento caratterizzante di ogni champagne, si integrerà sempre di più nel vino, svanendo, col trascorre degli anni. E sempre a proposito dall’anidride carbonica, il consiglio di Samuel per capire al meglio la qualità di uno champagne, evitando di lasciarsi fuorviare da essa, è quello di assaggiare il vino 2/3 giorni dopo aver stappato la bottiglia (ovviamente avendola conservata in frigo ben tappata) quando la sua pressione sarà scesa a 1,5-2 atmosfere.
Occorre sottolineare subito che lo champagne non è comunque un vino da consumare giovane, come pensano erroneamente alcuni “consumatori” che ritengono che per assaporarne la freschezza sia necessario berlo in tempi rapidi e che, in generale, uno spumante non sia adatto per l’invecchiamento.
Nel processo di produzione dello champagne ci sono però alcune fasi fondamentali che permetteranno al vino di conservarsi e maturare correttamente nel tempo:
- la pressatura delle uve che deve avvenire in due frazioni: la prima (chiamata cuvèe, perché fornirà le basi dell’assemblaggio) per ottenere un mosto fiore in grado di dare un vino di grande freschezza e “portato” all’invecchiamento; la seconda (taille) per dare un vino che, aggiunto alla cuvée, conferirà allo champagne maggiore struttura e corposità;
- nel caso di un assemblaggio, è molto importante che le basi della cuvée vengano affinate in legno;
- il tirage;
- la rifermentazione in bottiglia, che deve durare almeno 6-8 settimane;
- il vieillissement sur lattes (affinamento con le bottiglie in posizione orizzontale, impilate in file) seguito dall’affinamento sulle pupitre; in questa fase lo champagne subisce una lentissima ossidazione controllata che apporta ulteriore complessità.
Un’altra lavorazione poco conosciuta che viene effettuata da alcuni produttori “virtuosi” è la cosiddetta remise en cercle: una parte di uno champagne già pronto in bottiglia viene utilizzato come vino base (vin clair) per indurre, in quello che sarà il prodotto finale, un’ulteriore rifermentazione in bottiglia che gli donerà ancora più complessità.
Gli elementi decisivi per avere un grande champagne da invecchiamento
Arrivati a questo punto, possiamo chiederci quali siano gli elementi chiave che fanno sì che uno champagne possa diventare un nobile spumante col trascorrere degli anni benché, come sosteneva un grande produttore borgognone, «il vino è l’esatto contrario della certezza» (e ce ne accorgeremo in degustazione).
Samuel identifica dieci punti essenziali:
- l’annata, aspetto imprescindibile per stabilire quanto “lontano” nel tempo potrà arrivare quel vino;
- il vitigno: lo chardonnay è ritenuta l’uva perfetta per ottenere un ottimo champagne in grado di invecchiare mantenendo eleganza e complessità, il che non significa affatto che solo un blanc de blanc di chardonnay in purezza può affinare a lungo senza compromettersi, perché un produttore valuta sempre, nel caso di una cuvèe, quali percentuali inserire degli altri due vitigni classici degli champagne (il pinot noir che apporta struttura e vinosità e il meunier che conferisce robustezza al vino);
- le rese moderate;
- le importanti operazioni di frazionamento e pressatura dei grappoli;
- la fermentazione malolattica: alcuni produttori, probabilmente per vendere più velocemente il loro vino, la bloccano allo scopo di mantenere la freschezza del prodotto, ma questa scelta fa “indurire” il vino a causa dei solfiti rimanenti;
- l’èlevage (l’evoluzione del vino dalla fermentazione, alla maturazione in legno prima dell’imbottigliamento), con l’ossigeno che, in dosi corrette, diventa un alleato dell’invecchiamento;
- il bouchage (tappatura), con la scelta fra i tradizionali tappi in sughero o i tappi a corona (oggi esistono tappi a corona di alta qualità in grado di garantire un ottimo invecchiamento al vino);
- il già citato vieillissement sur lattes;
- il dosaggio: è noto che uno champagne dosato invecchia meglio e più a lungo di uno non dosato;
- le condizioni di conservazione.
Per noi appassionati, però, c’è un altro elemento fondamentale che spesso facciamo fatica a controllare, ed è la pazienza ovvero il non avere fretta di stappare quella bottiglia che sappiamo essere un ottimo vino ma a cui dobbiamo lasciare il tempo affinché diventi un grande vino.
La degustazione
Samuel ha condotto la degustazione alla cieca, con le bottiglie coperte, per evitare di essere preventivamente influenzati dall’annata in degustazione.
Champagne Brut 1988 - Michel Furdyna
70% pinot noir, 30% chardonnay - 12% vol.
Nato nell’areale di Aube, è un vino di un bel colore dorato intenso con sfumature ambrate che offre all’olfatto aromi tenui e delicati di frutta molto matura, una componente di brodo, lievi note speziate e affumicate. Uno champagne non estremamente complesso sebbene costante nella sua “normale” complessità e che al palato si rivela fresco, schietto e diretto, unendo la tensione gustativa alla maturità del frutto. Molto equilibrato, è moderatamente lungo nel finale dove si evidenzia una separazione fra la parte dolce e quella acida. Abbinamento consigliato: scaloppine di vitello bagnate dallo stesso vino.
Champagne Extra Brut Le Mont Aimé - Coeur de Terroir 2007 - Pasqual Doquet
100% chardonnay; sboccatura 05/2020
Qui siamo nell’areale della Marna, in Côte des Blancs, con un Extra-Brut brillante, più chiaro e leggermente dorato rispetto al precedente. Al naso è “vaporoso”: avvertiamo un profumo deciso di crema pasticcera al limone e sentori di ribes bianco, nocciola e una nota balsamica. In bocca si percepisce che, rispetto al primo champagne, si ha una maggior dotazione di anidride carbonica (forse ancora un po’ eccessiva) e un impatto tattile superiore. Un vino “quadrato”, unito, dove sono ben presenti la salinità e un’acidità ancora quasi erbacea.
Champagne Brut Blanc de Blancs Vinothèque 1995 - Deutz
100% chardonnay
Rimaniamo nell’areale della Marna, sempre in Côte des Blancs, con questo Blanc de Blancs che si offre raccolto all’impatto olfattivo con un profilo aromatico quasi rarefatto con aromi di pastafrolla, una leggera burrosità, del tabacco dolce e una lieve nota salmastra. Al palato è piacevole e immediato, con una evidente parte salina; uno champagne meno gastronomico del Brut di Furdyna, ma che potremmo anche sorseggiare nel dopo cena come vino da meditazione.
Champagne Brut Héritage 1985 - J. De Telmont
100% meunier; sboccatura 05/2012
La rive droite della Vallée de la Marne è il luogo natio dell’Héritage che è sostato sui lieviti per ben 26 anni. Al naso è leggermente etereo offrendo profumi di anguria, cioccolato al latte, pesca molto matura e un accenno di smalto, ma rispetto ai precedenti champagne risulta un po’ spento. In bocca si rivela sconnesso pur conservando ancora una piacevole e soffusa sapidità, ma nel finale è polveroso, slegato nelle sue componenti aromatiche: in sintesi, uno champagne arrivato alla fine della sua carriera, ma a cui si deve rispetto per il meglio che avrà certamente offerto si degustato qualche anno fa. Resta il dubbio che un meunier in purezza, forse, non sia in grado di sostenere un invecchiamento prolungato come una cuvèe.
Champagne Brut Comme AUTREFOIS 2004 - Françoise Bedel et Fils
55% meunier, 30% chardonnay, 15% pinot noir; sboccatura 05/2017
Una cuvée di Aisne (Vallèe de la Marne Ouest) che ha sostato 11 anni sui lieviti e ha conquistato tutti i partecipanti della masterclass. All’olfatto è molto complesso e in prima battuta sembra di sentire l’odore emanato da un caminetto spento seguito da toni di sottobosco bagnato, frutta secca (datteri, anacardi), una nota brodosa e un’affumicatura delicata che poi svanirà una volta che il vino si sarà ossigenato. Il palato è eccezionale, l’acidità è presente ma non si impone regalando note di frutta fresca e una grande beva, con il finale più lungo fra tutti gli champagne degustati. Un nettare che Samuel definisce «un prodigio della Champagne», qui all’apice della sua maturità che perdurerà ancora per 7/8 anni.
Champagne Extra Brut Millésime 2000 - Fleury
70% pinot noir, 30% chardonnay; sboccatura 02/2014
Ritorniamo nell’areale di Aube con un extra brut figlio di un’annata difficile e che ha effettuato una fermentazione alcolica spontanea. Rivela subito la sua maturità con un naso molto vigoroso, di polvere da sparo, citronella, sentori rugginosi e una nota ossidativa (si tratta di una precisa scelta stilistica del produttore) che emerge ancor di più quando il vino prende aria e si ossigena. In bocca si avvertono una evidente salinità e un’acidità ottimale che compensa la parte zuccherina residua.