Davide Scabin: il gusto della forma

Davide Scabin: il gusto della forma

Interviste e protagonisti
di Anita Croci e Paolo Valente
07 aprile 2015

Davide Scabin stupisce con le sue preparazioni, con l’ordine di servizio delle portate, con l’evoluzione del suo essere, con il suo pensiero rivoluzionario nel rigore della realizzazione

Davide Scabin

Inizia prestissimo a lavorare dietro ai fornelli supportato dalla madre, anche lei cuoca.

Nel 1994, dopo la scuola alberghiera e un’esperienza di venditore di cosmetici, apre a Torino Combal che, trasferito nel 2000 all’interno del Museo di Arte Contemporanea del castello di Rivoli, si trasforma in Combal.zero. Da Combal, conca in dialetto piemontese, a Combal.zero, a definirne la ripartenza. 

Ha codificato il suo metodo di ricerca basato sull’analisi di cinque campi primari (gusto, piacere, emozione, esperienza, ricordo) definendolo “gusto della forma”. Il gusto è in primo piano: il gusto di come sono prodotte le materie prime, di come vengono realizzati i piatti, delle tecniche e delle tecnologie di cucina.

I piatti della tradizione piemontese rivisitati con creatività in un ambiente moderno, tutto cristallo, dove al centro c’è sempre e comunque il gusto.


Qual è il suo rapporto personale e professionale con il vino?

Pessimo! (ride)  No, state parlando forse con uno dei sommelier più giovani d'Italia. 
Prima di finire la quinta dell'istituto alberghiero avevo il terzo diploma di sommelier. Dell' AIS. A I S (scandisce) Terzo livello AIS. 
Ai tempi c'era l'esame professionale che era il quarto, che oggi non c'è più. Quello non l'ho fatto. A me interessava studiare, capire il vino, tutto quanto. E basta. 
Poi non sono neanche più rimasto associato all'AIS, non ero d'accordo su certe cose. Però stiamo parlando ragazzi dell'Ottantadue!
 
Davide Scabin sul Palco di Identità Golose 2015Per cui c'è un rapporto decisamente buono con il vino.
Il vino è un alimento, il vino è un ingrediente. 
Io sono un "saucier" e non sono un "rôtier": amo il vino, perché è la base di tantissimi punti di partenza del gusto in cucina.
 
Ma allora quando pensa ad un nuovo piatto pensa anche ad un possibile utilizzo del vino o l’abbinamento con un vino?
No, io gli abbinamenti non li penso perché ho una vita che spero si prolunghi ancora per un po' di tempo per riuscire a diventare un bravo chef e quindi non posso dedicarmi anche all’abbinamento, vorrebbe dire aver bisogno di un’altra vita ancora e non ho tutto questo tempo. O comunque, se mi avanza un po’ di tempo vorrei andare almeno a giocare a golf! 
Sicuramente invece, quando penso ad un piatto, scelgo con il mio sommelier il vino da utilizzare in quel piatto, questo sì. Se ho in testa una salsa con rafano, cetriolo e qualcos’altro vado a cercare con Massimo se sia meglio avere un alsaziano, un ice-wine, o qualcosa del genere, per creare la riduzione, per lasciargli la punta cruda all’ultimo. 
Io amo il vino come ingrediente. Come alimento, ormai non consumo quasi più vino rosso per colpa dei dieci anni di statalismo dell’estrazione del frutto frutto frutto e quindi mi son diventate tutte delle marmellate in bottiglia: nauseanti, stucchevoli e quando mi son trovato anche dei dolcetti che dopo che ne hai bevuto un bicchiere non riuscivi a mandarne giù un altro, ho detto basta, mi son stufato. E quindi mi sono allontanato sempre di più. Se devo bere del rosso bevo del pinot nero, possibilmente d’Oltralpe, non lo nego. Se no bianco, possibilmente “gasato”, oppure alsaziani, soprattutto gli aromatici; anche i tedeschi mi piacciono molto.
 
Parlando invece della clientela del suo ristorante, ha notato nell’ultimo periodo una tendenza verso la ricerca di vini naturali, biologici, microproduzioni?
Come tutte le mode, le tendenze, si è soliti subirle. Non condivido per niente un vino che si fregia di essere naturale e che puzza, lo possono bere gli appassionati o i talebani del naturale. Per fortuna il mio sommelier è in linea con me perché, se dovesse servire su un mio piatto qualcosa che puzza, io mi arrabbierei. Altrimenti farei anch'io un piatto che puzza!
 
Per concludere, ci propone un piatto con un abbinamento che le piace particolarmente?
Mah, non c’è un piatto che mi può piacere molto, posso dirvi magari cosa mi può piacere accompagnare con un piatto. Amo del brodo con all'interno un grande Sherry o con un grande Porto. Oppure un grande Vermouth, ormai ci sono degli ottimi Vermouth artigianali, bisogna trovare quelli buoni. 
Aprire una cena con una tazza (o una coppa Martini o anche un bicchiere da vino) di un brodo non eccessivamente bollente, che non sia oltre i 42/45 gradi, con il taglio giusto di un buon Porto o di un buon Sherry, è qualcosa che amo particolarmente.


Crediti foto: F. Brambilla - S. Serrani

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