Mamete Prevostini: «Puntiamo a diventare il vino rosso di Lombardia»

Mamete Prevostini: «Puntiamo a diventare il vino rosso di Lombardia»

Interviste e protagonisti
di Sara Missaglia
22 luglio 2024

Continuità con il passato, ma anche tanti nuovi progetti, a partire da un grande evento che evidenzi la centralità del vino valtellinese. L’intervista a Mamete Prevostini, per la quarta volta presidente del Consorzio Tutela Vini di Valtellina.

A volte ritornano, e Stephen King non c’entra: Mamete Prevostini a fine maggio è stato nuovamente eletto Presidente del Consorzio Tutela Vini di Valtellina, per la quarta volta dopo i tre mandati consecutivi dal 2009 al 2017. Solo ora, però, dopo aver completato incontri che ha definito strategici con i produttori, è pronto a raccontare il programma e i progetti per un territorio che, con i suoi 3,5 milioni di bottiglie e poco meno di 900 ettari vitati, rappresenta una delle eccellenze della Lombardia.

Imprenditore, non ama né la luce dei riflettori, né protagonismi di sorta e alle parole preferisce sicuramente le azioni. «Mi piacerebbe che fosse un'intervista al Consorzio» ci dice subito appena inizia il nostro incontro. «Vorrei che in primo piano non ci fossi io come personaggio, che sono qua di passaggio come tutti, ma una condivisione di progetti e strategie dell’organismo di cui sono responsabile».

Nel segno della continuità

Ciò che lo ha spinto ad essere nuovamente presidente è la continuità: «credo che questa sia la cosa più importante: abbiamo avuto presidenti come Casimiro Maule, Aldo Rainoldi, Danilo Drocco e ora nuovamente io. In continuità. Penso che sia ciò che deve emergere: il Consorzio Vini è dimensionalmente piccolo (le cantine associate sono 65, ndr), la Valtellina stessa è piccola, ma negli ultimi anni tutti sono orientati al bene del territorio». Da soli si va più veloci, ma insieme si va più lontano: il vecchio proverbio non sbaglia e, soprattutto quando si è in montagna tra salite e discese, è meglio procedere con il passo giusto. «Il mio obiettivo è proseguire nel consolidamento di un territorio importante dal punto di vista vitivinicolo. Quando parlo di vino di Valtellina parlo di un territorio declinato nelle sottozone previste dal disciplinare e nelle DOC e DOCG che lo hanno reso celebre. Vorrei che su una tavola elegante e perfettamente imbandita ci fosse sempre una bottiglia di Valtellina e che venisse percepita importante e glamour – perché no – come una di Barolo o di Brunello». 

L’eccellenza della Valtellina ha ancora ampi margini di crescità

La Valtellina assomiglia a una piccola Borgogna, ha ormai raggiunto livelli qualitativi altissimi, ma ora è necessario andare oltre, alzare l’asticella e avere un posto speciale nell’Olimpo dei fine wines. «Se prendi una bottiglia di ciascun produttore e di ogni tipologia e le metti in fila, non sbagli: i nostri sono vini eleganti, agili, dotati di ottima bevibilità. Sono vini contemporanei, che incontrano il gusto del mercato: sono dotati di straordinarie potenzialità, che hanno ancora un ampio margine di incremento in espressione e riconoscibilità».
Il neo presidente sottolinea l’importanza del territorio e del paesaggio: se il fondovalle ha una vocazione industriale, lo sguardo va alzato per cogliere la bellezza e l’unicità di un paesaggio terrazzato: «i miei capelli bianchi testimoniano il tempo passato e le numerose vendemmie che ho alle spalle: rispetto a 25-30 anni fa abbiamo perso un po’ di superficie vitata, ma i vigneti sono dei giardini. Le nuove aziende e le aziende storiche si sono adeguate a una viticoltura che non è quella di quaranta o cinquanta anni fa: ogni giorno mi rendo conto di quanto la Valtellina sia un territorio unico. Rispetto alle Rive del Prosecco, alle terrazze dell'Alto Adige, alla Liguria e alle altre zone del nostro Paese dove si alleva la vite su pendii ripidi e con il ricorso al terrazzamento, noi siamo nelle Alpi. Siamo in montagna, quella vera, in una valle messa di traverso, con l'orizzonte libero, con il sole quindi da mattina a sera, la Breva del lago, le vette del Bernina che ci proteggono dalle gelate. Non dobbiamo dimenticare che i nostri vini nascono qui». 

La centralità della promozione del territorio

Con queste premesse, nell’interpretazione di Mamete Prevostini, compito del Consorzio è la promozione delle caratteristiche pedoclimatiche del territorio. «L’interpretazione moderna ci porta a valorizzare il singolo vigneto, quello che chiamiamo cru, ma il gioco di squadra va fatto tra tutte le aziende. Il bene di uno è il bene di tutti, non esiste il “migliore” in senso assoluto. Abbiamo uno spettro ampio di possibilità, che devono diventare opportunità».
L’ambizione non manca, ma quando si sogna è sempre necessario farlo in grande: e qui, più che di sogni, si parla di realtà, con pragmatismo e voglia di compattare le tante biodiversità dei viticoltori valtellinesi. «Un vecchio collega ora scomparso, mi diceva che, alla fine, siamo tutti concorrenti: sull'etichetta abbiamo il nome della nostra cantina, a differenza di altri prodotti del territorio, come i formaggi Casera e Bitto DOP o la bresaola, che nel piatto non hanno brand in evidenza. Il calice invece ha una riconoscibilità certa, e durante ogni pranzo o cena parleremo di “quel” vino e di “quel” produttore che abbiamo scelto in abbinamento al piatto. Il Consorzio deve agire come il buon padre di famiglia».

I tanti volti del nebbiolo valtellinese

Prevostini non parla di una specifica Denominazione su cui il Consorzio intende investire maggiormente: «credo che si debba parlare e promuovere il nebbiolo di Valtellina in tutte le sue declinazioni, a partire dallo Sforzato, il vino più complesso e tecnico che siamo in grado di realizzare sul territorio. Parlando sempre di vini rossi, noi siamo in grado di assecondare una molteplicità di abbinamenti a tavola. Un Rosso DOC servito a temperature più fresche è perfetto d’estate in riva al lago con del pesce persico, per arrivare sino a Natale, per festeggiare un grande piatto con una Riserva importante o con uno Sforzato». 

Il ruolo dell’export e la centralità di Milano

«Puntiamo a diventare il vino rosso di Lombardia. Siamo un riferimento in Valtellina chiaramente da sempre. Milano è per noi strategica, soprattutto quella dei grandi ristoranti, nei quali il nostro vino può essere venduto al prezzo corretto. È un tema di comunicazione, perché se raccontiamo come viene fatto il vino e come viene realizzato, il prezzo viene da sé. Bisogna lavorare su questo, mettersi in gioco e creare le occasioni per presentarsi con l'abito giusto. Milano quindi e, chiaramente, l'estero, che per noi è sempre una bella vetrina». Anche se, con i suoi 900 ettari vitati e rese volutamente basse, il tema dell’export va affrontato con buon senso e realismo. «Tutte le cantine hanno una bandierina nei mercati di altri Paesi, ma i nostri numeri non ci permettono di andare a conquistare l'estero come potrebbero farlo il Barolo, l’Amarone o il Chianti Classico».

Spazio a nuovi programmi, a partire da un grande evento sul territorio 

«Abbiamo in programma di realizzare un grande evento a Sondrio, a casa nostra. Una manifestazione che possa attrarre voci autorevoli del nostro mondo per farci conoscere meglio di quanto abbiamo fatto sino ad ora» annuncia Prevostini, che pensa a una manifestazione che ponga la Valtellina al centro della viticoltura italiana. «Questo è un territorio antico, ne parlava Leonardo: da qui deve partire un rinnovamento importante rivolto ai giovani, soprattutto a coloro che sono al di sotto dei 25 anni. A loro dobbiamo parlare con un linguaggio diverso, e far riscoprire il vino e il rispetto di tutto ciò che ci sta dietro, non solo attraverso la piacevolezza di beva o il costo del calice».
Tutto questo senza dimenticare le allerte salutistiche e il bere responsabile, evitando di rendere complessa la parte amministrativa e burocratica a carico del viticoltore. Un altro punto importante su cui Mamete Prevostini insiste molto è poi il tema della sostenibilità sociale: «cercheremo, come comparto, di andare sempre più verso una sostenibilità sociale e una maggior tutela anche per chi fa vino. Lavorare la vigna in Valtellina è un mestiere abbastanza pesante, soprattutto in anni come questi dal punto di vista climatico. Incentiveremo l’uso di nuovi strumenti e della tecnologia in vigneto, a cominciare dall’uso dei droni per alleviare la fatica dei nostri viticoltori. Altrimenti in futuro sarà difficile trovare chi va in vigneto nei mesi di giugno e di luglio. Preservare i muretti a secco e i nostri terrazzamenti, resta una priorità, ma la salvaguardia, la tutela e il miglioramento delle condizioni di lavoro sono imprescindibili. Una qualità di vita diversa mantiene qui anche i giovani e ci assicura un futuro».

Foto di copertina: Lido Vannucchi. Nel testo: Sara Missaglia