Rita Babini (FIVI) “Perché ciclicamente si demonizza il mondo del vino?”

Interviste e protagonisti
di Paolo Valente
18 aprile 2025
Il calo dei consumi, i dazi, l’utilizzo dei droni in vigna. Le nuove sfide dei vignaioli indipendenti secondo la neo presidentessa. «Il consorzio Oltrepò Pavese un esempio di lungimiranza da seguire»
«Auspichiamo che da qui in avanti il mercato si possa riprendere. I dazi USA? Sono un problema ancora gestibile». A fare il punto di questa prima turbolenta parte dell’anno dai padiglioni dell’ultima edizione di Vinitaly, è Rita Babini, vignaiola in Romagna sulle colline di Faenza e da poco, lo scorso 13 febbraio, al timone della FIVI, la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, associazione che mette insieme quasi 1800 i produttori presenti in tutta Italia, per un totale di oltre 17.000 ettari di vigneto. «Siamo all'inizio dell’anno e il primo trimestre da sempre è un po’ meno movimentato. In linea di massima è stato più calmo sia in Italia che all’estero».
Quali sono i fattori che stanno incidendo sul calo dei consumi?
Ad allontanare il consumatore dal mondo del vino ci sono stati più fattori che si sono trovati a concorrere nello stesso momento diventando più incisivi. Alcune trasmissioni hanno demonizzato l’alcol raccontando in modo errato quello che è un dato scientifico e riferendolo unicamente nel vino quando, in realtà, si dovrebbe parlare di molecola dell'alcol e non di vino A questo bisogna aggiungere che con il nuovo Codice della Strada sono aumentate le sanzioni pur senza modificare il limite del tasso alcolometrico. Tutto questo non ha facilitato la gestione e la programmazione delle vendite ma mi auguro che da qui in avanti ci possa essere una chiave di lettura più positiva.
Sembra ci sia una diffusa tendenza ad attaccare il mondo del vino.
C'è un altro fattore su cui, secondo me, ogni tanto sarebbe bene soffermarsi: all'interno dell'agricoltura, il comparto del vino è quello che, comunque, riesce ancora a garantire una redditività leggermente migliore. Mi chiedo perché, ciclicamente, sia necessario demonizzare uno dei pochi comparti che funzionano. È una domanda che resta senza risposta.
Come FIVI avete in corso qualche iniziativa per cercare di combattere questo trend?
La comunicazione è da sempre il nostro veicolo principale per rendere il consumatore informato. Il consumatore che si avvicina alla nostra identità è comunque un consumatore che cerca del contenuto all'interno del bicchiere e sa che attraverso le nostre bottiglie, attraverso il nostro metodo di produzione che segue tutte le fasi della filiera, può trovare identità oltre che la qualità.
Per il consumo al ristorante resta comunque il problema del Codice della Strada
Con i clienti che sono già vicini a noi comunichiamo in primis il consumo moderato dell'alcol e poi cerchiamo di trasmettere il messaggio che le nostre bottiglie sono buone anche il giorno dopo e quindi, se al ristorante non si termina la bottiglia, il cliente dovrebbe sentirsi libero di poterla portare a casa e finirla il giorno dopo. Questo è molto importante e siamo felici di non essere stati i soli, all'interno della filiera, a passare questo messaggio; credo sia la visione più completa per riuscire ad apprezzare e valorizzare il piccolo investimento che ciascun consumatore fa nei confronti di una bottiglia di vino nel momento in cui la consuma in un ristorante.
Come influirà l’aumento dei dazi sulle vendite verso gli Stati Uniti?
Il 73% dei nostri vignaioli esporta e il mercato degli Stati Uniti resta quello principale. La preoccupazione è sicuramente presente anche se, devo ammettere, conoscere la percentuale del dazio permette di avere un punto di partenza su cui lavorare; è stato molto peggio il periodo precedente con l’incertezza. Noi vendiamo un prodotto che, come ci dice un’indagine di Nomisma, esce sul mercato italiano quasi al doppio del prezzo medio del resto delle bottiglie; è un prodotto, quindi, che presuppone una consapevolezza di acquisto da parte del consumatore che cerca la qualità, cerca una filiera corta, cerca un'identità.
I vini italiani riusciranno a sopportare questi dazi?
Credo che a questo livello, i dazi applicati dagli USA, siano un problema ancora gestibile se il nostro Governo continuerà nel lavoro di mediazione sulla sua riduzione per il comparto agroalimentare e quello del vino. Sicuramente l'aumento finale del prezzo influirà sulle vendite rallentandole un po’ ma non le bloccherà perché il cliente finale ha la capacità di poter assorbire un eventuale moderato aumento; immagino che questo possa danneggiare maggiormente i vini di primo prezzo. Questo non significa che non ne subiremo le conseguenze, forse però in maniera leggermente meno preoccupante di quello che si prospettava all'inizio quando sembrava che i dazi dovessero arrivare al 200%.
Quali sono gli obiettivi di FIVI per i prossimi anni?
Il mantenimento della situazione attuale e il continuare a portare avanti le istanze aperte è già abbastanza impegnativo. Continueremo a lavorare con i Consorzi che sono gli interlocutori principali nei confronti del Ministero; è fondamentale lavorare in maniera costante e sempre costruttiva cercando di aumentare quella che è la nostra rappresentatività. L'esempio del Consorzio dell’Oltrepò Pavese racconta una dinamica meravigliosa di apertura, di lungimiranza, di consapevolezza del valore da dover e voler riconoscere al territorio; speriamo che altri Consorzi possano seguire questo esempio.
Ci sono altri temi su cui punterete?
Abbiamo richiesto la semplificazione di alcune pratiche amministrative perché noi siamo vignaioli, il nostro lavoro parte nel campo e la giornata è sempre molto piena; se riuscissimo, non dico a eliminare – la tracciabilità è fondamentale –, ma a facilitare determinati aspetti burocratici, sarebbe ottimo.
Siete intervenuti anche sulla possibilità di usare i droni in campagna
Sì, è un’istanza che ci sta molto a cuore e che stiamo portando avanti con la speranza che possa portare a breve a una decisione da parte dei tavoli ministeriali. Noi abbiamo chiesto che possa esserci una deroga costante all'utilizzo dei droni nei territori più difficili, territori che abbiamo indicato come quelli con una pendenza di almeno il 20%. I droni potrebbero consentire un'erogazione di fitofarmaci molto più contenuta perché maggiormente mirata, un consumo ridotto dell'acqua, meno compattamento del suolo e, aspetto non marginale, garantire la sicurezza sul lavoro. Noi siamo quelli che stanno sul trattore anche dove le pendenze sono elevate oppure che dobbiamo fare i trattamenti a mano. Con alcune fitopatie è indispensabile agire prima che il sole si alzi, quindi nelle ore notturne, e dove ci sono delle pendenze superiori al 20% il rischio è grande; è fondamentale che la sicurezza degli operatori sul campo diventi la chiave di lettura principale di questa deroga.