Valtellina, Sforzato ma non solo

Interviste e protagonisti
di Raffaele Foglia
01 ottobre 2009
La filosofia produttiva della Rainoldi di Chiuro, azienda con quasi 85 anni di attività, in un colloquio con Aldo Rainoldi giovane enologo e neo Vice-Presidente del Consorzio Vini di Valtellina...
Tratto da L'Arcante N° 10
“Lo Sforzato sia la nostra perla enologica, ma è tempo di valorizzare definitivamente i nostri cru, Inferno, Sassella, Grumello e Valgella”. E’ questo il pensiero di Aldo Rainoldi, 36 anni, enologo della Casa vinicola Rainoldi di Chiuro, nonché vicepresidente del Consorzio Vini della Valtellina. Un pensiero che nasce anche dall’esperienza di questi anni, dove si doveva ridare valore al lavoro e all’operosità dei viticoltori per superare alcuni luoghi comuni sorti attorno ai prodotti valtellinesi. “Negli ultimi 10-15 anni – spiega – abbiamo dovuto affrontare vari problemi. Non solo quelli connessi agli aspetti viticoli ma anche pregiudizi legati al tipo di vino. Se si andava in una enoteca di Milano, nostro bacino di riferimento, si sentiva dire che i vini erano troppo acidi, duri, difficili. Nei ristoranti avevano solo un’etichetta valtellinese nella carta dei vini. Ora la musica è cambiata: nei locali sono presenti 3 o 4 aziende con i loro prodotti. Questo grazie al lavoro di un folto gruppo di giovani intraprendenti e determinati nonché ad una nuova leva di consumatori più evoluti e coscienti di quanto hanno nel bicchiere.
In generale di persone mediamente giovani, di livello culturale medio alto che assaggiano il vino e non si basano sul sentito dire; che sanno e vogliono conoscere la realtà produttiva, il territorio e gli uomini che vi operano”. E lo Sforzato? “Ci ha riaperto le porte della ristorazione, ha fatto da apripista per tutta la Valtellina. E’ e resta un prodotto di altissimo livello e di grande importanza. Adesso dobbiamo tornare ad essere altrettanto forti anche sui nostri cru, le nostre sottozone. Inferno, Sassella, Grumello e Valgella è necessario ritornino al loro antico splendore. I Valtellina Superiore e i vari cru hanno un’ampia possibilità di utilizzo, soprattutto per quanto riguarda gli abbinamenti a tutto pasto, e per questo si hanno molte più occasioni per berli.
Lo Sforzato, in ogni caso, deve rimanere un nostro vino di punta”. Una filosofia riportata anche nella produzione della Rainoldi, azienda con quasi 85 anni di attività. “Negli ultimi vent’anni – continua Aldo Rainoldi – ci siamo assestati su una produzione di 200-220 mila bottiglie all’anno. Non abbiamo mai voluto affrontare un’espansione della produzione, ma si è cercato di qualificare sempre di più quello che veniva fatto in cantina. La nostra idea è che, a fianco dei vini importanti, come lo Sforzato Ca’ Rizzieri e le riserve che hanno ricevuto negli anni moltissimi premi, debbano esserci anche prodotti più semplici, acquistabili a prezzi contenuti, ma che gratifichino chi li acquista. Noi produciamo, per esempio, circa 40 mila bottiglie di Rosso di Valtellina: ed è sempre un vino di qualità.
Così come il Brut Rosè, totalmente da uve nebbiolo vinificate in rosato, una vera chicca, del quale produciamo 5.000 bottiglie: è un po’ un nostro vezzo, ma crediamo di proporre un prodotto unico nel suo genere. Discorso, questo, che vale anche per il bianco, il Ghibellino, un sauvignon blanc coltivato nei nostri vigneti a di Tresivio a 400 mt di quota”.
Per tale motivo, le parole chiave della filosofia di casa Rainoldi sono due: “Affidabilità e costanza. A cui teniamo davvero molto. E per fare questo bisogna lavorare con impegno, a partire dal controllo delle vigne. Abbiamo 9,5 ettari e 78 viticoltori conferenti – ricorda Aldo Rainoldi – Io con loro parlo, li conosco personalmente, vado nei vigneti assieme
a loro. Il segreto sta proprio li nel rapporto con i fornitori. Per me sono amici e loro sanno quello che io voglio”. Affidabilità, però, significa anche non uscire con i grandi vini se l’annata non è positiva. “Vedo vini che, a parole, sono realizzati solo nelle grandi annate, e poi ci sono tutti gli anni. Possibile? Faccio l’esempio del nostro Sforzato Ca’ Rizzieri: se abbiamo dei dubbi, preferiamo non farlo, siamo severi con noi stessi. E dispiace, anche per i conti dell’azienda. Il Ca’ Rizzieri, tuttavia, nel 2003 e nel 2005, per motivi diversi, non è stato prodotto”. Per il futuro, poi, ci sono nuovi progetti. “In agricoltura, pensiamo di proseguire con importanti investimenti, come già fatto in passato. La vera sfida è la cantina di vinificazione nuova. La mia idea è quella di poter fare vini da vigneto singolo: un risultato al quale spero di arrivare nel prossimo futuro”.
Per quanto riguarda i mercati, la situazione è di cauto ottimismo, nonostante la crisi. “La Rainoldi vende tutto quello che produce e quindi siamo a regime – sottolinea Aldo Rainoldi. “ Il nostro limite consisteva nel fatto che il 33% della produzione andava all’estero, e il resto, per la quasi totalità, in Lombardia. Da poco tempo siamo distribuiti dalla Meregalli, un gruppo importante presente in tutta Italia. La sfida è questa: portare i nostri prodotti sulle carte dei vini dei grandi ristoranti, da Venezia a Roma, da Torino a Bologna. Significa avere più visibilità, non solo per noi, ma per tutta la Valtellina. La distribuzione all’estero è molto capillare: i vini di Rainoldi pur con piccole quantità, li si può trovare sulle principali piazze mondiali. E sovente sono venduti da distributori che annoverano i migliori produttori francesi e langaroli. I Valtellina perciò con i grandi Barolo, i mitici Borgogna e i blasonati Bordeaux. Questo non è poco. Per fare un esempio, la Michael Skurnik, importante azienda distributrice che opera negli Stati Uniti e che ha la cantina Rainoldi con i cru da nebbiolo di montagna presente nella sua offerta enologica”.
“Sono risultati che ci stimolano e ci danno la voglia di crescere ancora cosa che intendiamo
fare con tutto il territorio che oggi offre in Valtellina una qualità mediamente alta e alla pari di zone magari più osannate. Lavoriamo perciò con impegno guardando al futuro. L’ entusiasmo non ci manca e con esso tanti progetti”. Infine un pensiero anche al Consorzio, del quale è vicepresidente. “Credo ci sia una generazione di giovani che hanno voglia di fare, e fare bene. Con loro ci potrebbe essere un’ulteriore fase di decollo, dopo i successi di questo decennio, per tutta la Valtellina, anche perché il naturale ricambio generazionale tanto auspicato ora si è concretizzato”.
Non ci resta che attendere, fiduciosi, la vendemmia 2009 che ha tutti i numeri e le caratteristiche per essere un’altra ottima annata.

In generale di persone mediamente giovani, di livello culturale medio alto che assaggiano il vino e non si basano sul sentito dire; che sanno e vogliono conoscere la realtà produttiva, il territorio e gli uomini che vi operano”. E lo Sforzato? “Ci ha riaperto le porte della ristorazione, ha fatto da apripista per tutta la Valtellina. E’ e resta un prodotto di altissimo livello e di grande importanza. Adesso dobbiamo tornare ad essere altrettanto forti anche sui nostri cru, le nostre sottozone. Inferno, Sassella, Grumello e Valgella è necessario ritornino al loro antico splendore. I Valtellina Superiore e i vari cru hanno un’ampia possibilità di utilizzo, soprattutto per quanto riguarda gli abbinamenti a tutto pasto, e per questo si hanno molte più occasioni per berli.
Lo Sforzato, in ogni caso, deve rimanere un nostro vino di punta”. Una filosofia riportata anche nella produzione della Rainoldi, azienda con quasi 85 anni di attività. “Negli ultimi vent’anni – continua Aldo Rainoldi – ci siamo assestati su una produzione di 200-220 mila bottiglie all’anno. Non abbiamo mai voluto affrontare un’espansione della produzione, ma si è cercato di qualificare sempre di più quello che veniva fatto in cantina. La nostra idea è che, a fianco dei vini importanti, come lo Sforzato Ca’ Rizzieri e le riserve che hanno ricevuto negli anni moltissimi premi, debbano esserci anche prodotti più semplici, acquistabili a prezzi contenuti, ma che gratifichino chi li acquista. Noi produciamo, per esempio, circa 40 mila bottiglie di Rosso di Valtellina: ed è sempre un vino di qualità.
Così come il Brut Rosè, totalmente da uve nebbiolo vinificate in rosato, una vera chicca, del quale produciamo 5.000 bottiglie: è un po’ un nostro vezzo, ma crediamo di proporre un prodotto unico nel suo genere. Discorso, questo, che vale anche per il bianco, il Ghibellino, un sauvignon blanc coltivato nei nostri vigneti a di Tresivio a 400 mt di quota”.
Per tale motivo, le parole chiave della filosofia di casa Rainoldi sono due: “Affidabilità e costanza. A cui teniamo davvero molto. E per fare questo bisogna lavorare con impegno, a partire dal controllo delle vigne. Abbiamo 9,5 ettari e 78 viticoltori conferenti – ricorda Aldo Rainoldi – Io con loro parlo, li conosco personalmente, vado nei vigneti assieme
a loro. Il segreto sta proprio li nel rapporto con i fornitori. Per me sono amici e loro sanno quello che io voglio”. Affidabilità, però, significa anche non uscire con i grandi vini se l’annata non è positiva. “Vedo vini che, a parole, sono realizzati solo nelle grandi annate, e poi ci sono tutti gli anni. Possibile? Faccio l’esempio del nostro Sforzato Ca’ Rizzieri: se abbiamo dei dubbi, preferiamo non farlo, siamo severi con noi stessi. E dispiace, anche per i conti dell’azienda. Il Ca’ Rizzieri, tuttavia, nel 2003 e nel 2005, per motivi diversi, non è stato prodotto”. Per il futuro, poi, ci sono nuovi progetti. “In agricoltura, pensiamo di proseguire con importanti investimenti, come già fatto in passato. La vera sfida è la cantina di vinificazione nuova. La mia idea è quella di poter fare vini da vigneto singolo: un risultato al quale spero di arrivare nel prossimo futuro”.

“Sono risultati che ci stimolano e ci danno la voglia di crescere ancora cosa che intendiamo
fare con tutto il territorio che oggi offre in Valtellina una qualità mediamente alta e alla pari di zone magari più osannate. Lavoriamo perciò con impegno guardando al futuro. L’ entusiasmo non ci manca e con esso tanti progetti”. Infine un pensiero anche al Consorzio, del quale è vicepresidente. “Credo ci sia una generazione di giovani che hanno voglia di fare, e fare bene. Con loro ci potrebbe essere un’ulteriore fase di decollo, dopo i successi di questo decennio, per tutta la Valtellina, anche perché il naturale ricambio generazionale tanto auspicato ora si è concretizzato”.
Non ci resta che attendere, fiduciosi, la vendemmia 2009 che ha tutti i numeri e le caratteristiche per essere un’altra ottima annata.
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