Il quartetto di Chambave

Il quartetto di Chambave

L'aromatico italiano
di Massimo Zanichelli
15 gennaio 2025

C’è un piccolo distretto della piccola Valle d’Aosta che produce un grande Moscato. Anzi, quelli della cantina cooperativa locale sono addirittura quattro.

Comprensorio di un pugno di comuni e di una manciata di ettari alle porte di Aosta, Chambave è il cuore del moscato valdostano. L’uva è il moscato bianco di Canelli, localmente chiamato “muscat à petits grains” (la Valle d’Aosta è regione bilingue, benché il suo francese sia in realtà un dialetto franco-provenzale chiamato patois che un parigino faticherebbe a comprendere), ma siamo lontani dalle effervescenze dell’Asti e del Moscato d’Asti: i vini sono qui rigorosamente fermi, siano essi secchi o dolci.

La Crotta di Vegneron, che gestisce la quota maggioritaria dell’estensione locale – una decina di ettari sparsi tra Chambave, Saint-Denis, Châtillon e Verrayes con impianti a guyot e cordone speronato più alcuni rari, e bellissimi, alberelli, il tutto tra i 450 e i 750 metri di quota su suoli morenici, sciolti, sabbiosi e in forte pendenza – ne è da tempo l’interprete di riferimento, anche grazie alla mano impeccabile dell’enologo Andrea Costa, piemontese d’origine. L’accattivante gamma, tutta Doc Vallée d’Aoste Chambave Muscat, contempla accanto al tradizionale flétri (il passito di questo territorio è conosciuto dal XIV secolo) ben tre diverse versioni secche.

Il classico della casa è il Muscat, in produzione dal 1985 e vinificato in acciaio con frequenti bâtonnage come gli altri. Il 2023 ha colore cristallino, profumi prorompenti ed eleganti di muschio, pesca bianca, susina, zenzero, un sorso succoso e terso, aromatico e secco, d’invitante e variopinto allungo floreale-speziato. Il suo pendant contemporaneo è il Mines, ultimo nato nel 2020: dopo l’imbottigliamento viene portato a Cogne a 2000 metri di quota per affinarsi nelle gallerie di antiche miniere di magnetite dismesse nel 1979. Riposa nell’ex polveriera, la parte della miniera dove venivano conservati gli esplosivi. Il 2022 è pura leggiadria, un candelotto aromatico che brilla senza esplodere, spandendo intorno tutta la sua aura soffusa, sciolta, sottile, sussurrata: purezza aromatica, fiori assortiti, muschio a gogò e tanti minerali. Nel 2027 uscirà la prima riserva affinata per cinque anni.

L’Attente, prima annata 2009, rappresenta invece il riuscito matrimonio tra uva e doga, tra frutto e legno (trascorre un anno in botte grande). Il 2021 è un vino stiloso, ammaliante, dal tratto boisé su base aromatica, tra spezie ed erbe, con profilo denso, avvolgente, gastronomico. Il Flétri Prieuré, prodotto dal 1985 come il Muscat, arriva da uve fatte appassire in cassette per una settantina di giorni, da una fermentazione che si protrae anche per un mese e da un anno di affinamento in acciaio. Il 2020 è l’ennesimo velluto. Ha colore oro cristallino, eleganza olfattiva tra sentori canditi, afflati di muschio e menta, note di pasticceria. Il tatto è viscoso e felpato, possiede concentrazione e freschezza, contrasto e levità, e una persistenza tutta in souplesse.