Brunello di Montalcino Poggio alle Mura in verticale

Brunello di Montalcino Poggio alle Mura in verticale

La Verticale
di Alessandra Marras
22 maggio 2023

Un’azienda simbolo della viticoltura italiana e uno dei territori del vino più noti al mondo. Insieme ad Artur Vaso una straordinaria verticale del Brunello di Montalcino Poggio alle Mura di Banfi durante l’ultima edizione di Enozioni a Milano.

Adagiato sulla cima di un'unica imponente collina, nel paesaggio di straordinaria bellezza della Val d’Orcia, Patrimonio Mondiale UNESCO dal 2004, il borgo di Montalcino sorge a circa 40 km a sud della città di Siena. L’origine del nome “Montalcino” è dibattuta. L’ipotesi più accreditata lo collega a Mons “Ilcinus” (Monte dei Lecci) riferendosi alla forte presenza di lecci (ilex, ilicis) come lo stesso stemma del comune - sei monti rossi che fanno da base a un leccio - sembrerebbe confermare; altrettanto valida però la derivazione da Lucina (Mons Lucinae), nome della dea romana del parto, di origine etrusca.

Il comune, che corrisponde all’intera superficie della collina più - solo a partire dal 2017 - lo spicchio di San Giovanni d’Asso, si estende per 243,62 km². Nei dintorni, 40 km in direzione ovest, il mare, 95 km a est, gli Appennini e, a proteggere da sud-est, il Monte Amiata con i suoi imponenti 1738 m di altitudine. La zona di produzione, che coincide con il territorio comunale, è delimitata dalle valli di tre diversi fiumi: Orcia, Asso e Ombrone e ha una forma pressoché quadrata, i cui lati misurano in media 15 chilometri. L'area si sviluppa in altezza dai 120 m s.l.m. lungo i fiumi fino ai 661 m di Poggio Civitella, il punto più alto del territorio.

Fisionomia di un territorio: fasce e versanti

Nonostante il grande sviluppo della denominazione e i crescenti interessi economici ad essa correlati, Montalcino può ancora incredibilmente vantare un cospicuo patrimonio di biodiversità. Bosco, ulivi, incolti e altre colture sovrastano l’estensione vitata che corrisponde ad appena il 15% della superficie totale dell’areale.

Il territorio, punto di incontro di eterogenee matrici geologiche originatesi in ere diverse, si distingue per una inconsueta variabilità pedologica e climatica, affatto facile da semplificare. Partendo dai suoli, è ipoteticamente possibile suddividere la collina in tre fasce parallele. La prima, tra i 120 e i 200 m s.l.m., si caratterizza per suoli alluvionali argilloso-sabbiosi o argilloso-limosi, talvolta ricchi di scheletro, tendenzialmente profondi e umidi; tratteggiata da dolci rilievi e vallate, è quasi completamente riservata alla coltura del grano: non bisogna infatti dimenticare che la Val d’Orcia rappresenta da sempre uno delle più importanti sorgenti cerealicole della Toscana. La fascia intermedia, posizionata tra i 200 e i 450 m s.l.m., trae beneficio da un terreno antico e povero, composto da argille, calcari e marne di origini marine. In questo settore, dove le vigne, sottoposte a condizioni ottimali di stress, tendono a esprimere al meglio le proprie potenzialità, si concentra il numero maggiore di aziende vinicole. Infine, la terza fascia, al di sopra dei 450 m s.l.m., presenta terreni ricchi di scheletro, in molti casi galestro e granito e con tessiture meno pesanti e compatte, ma più sciolte e drenanti a causa delle sabbie. Sono presenti anche numerose rocce metamorfiche di origine vulcanica provenienti dal Monte Amiata.

Artur Vaso e Fabio ScaglioneNel tentativo di comprendere la complessità del luogo, è però necessario accostare al mosaico di suoli, le interazioni climatiche che, differenziandosi notevolmente da zona a zona, hanno negli anni restituito molteplici classificazioni continuamente in aggiornamento. Complessivamente, la posizione intermedia tra la catena appenninica e il mare garantisce su tutto il territorio di Montalcino un macroclima mediterraneo asciutto, di buona e omogenea ventilazione; rare le gelate tardive, alto il numero di giornate di sole durante il periodo vegetativo della vite, ottimale l’escursione termica giorno-notte. Entrando più nel dettaglio è possibile individuare almeno 5 aree diverse; alla zona adiacente al centro si affiancano i 4 versanti della collina: nord-est, nord-ovest, sud-est e sud-ovest. Ognuno di questi si differenzia per esposizione, per insolazione dei vigneti e temperature medie, generalmente più elevate nei versanti meridionali e più fredde a nord. Anche le precipitazioni, che si aggirano in media intorno ai 700 mm all'anno, variano notevolmente da versante a versante; grazie alla vicinanza del Monte Amiata, che funge da scudo e parafulmine, i versanti orientali risultano godere di una sensibile ed evidente protezione aggiuntiva.

A nord-est il clima è più fresco, i terreni sono argillosi pesanti e le uve tendono a maturare più tardi nella stagione della vendemmia. Umidità e precipitazioni non mancano, così come il vento freddo di tramontana. I vini, dai profili austeri e rigidi che possono richiedere più tempo per maturare, si distinguono per sottigliezza dei profumi e freschezza.

Il versante nord-ovest costituisce la parte più selvaggia di Montalcino, è quasi interamente ricoperto da foreste e vanta una bassissima presenza di produttori. Esposto a meno ore di luce solare durante il giorno, si distingue per temperature fresche, a rischio di gelate primaverili, e terreni argillosi, arenacei e scistosi. I vini risultano freschi, sottili ed eleganti anche nelle annate più calde.

Al centro di Montalcino le altitudini medie sono le più alte della denominazione. I terreni a nord e sud della cittadina sono di varia natura: arenaria, scisto, calcare, marna e galestro. Il clima fresco e le elevate escursioni termiche diurne aiutano il frutto a mantenere l'acidità. In questa zona, dove si concentra la maggioranza dei produttori e dove risiedono alcune delle aziende che più hanno fatto la storia di Montalcino, le uve arrivano a regalare vini di grande complessità, eleganza e longevità.

Il sud-est si caratterizza per le lunghe giornate di sole, una benefica costante ventilazione, temperature appena più calde rispetto al centro di Montalcino e suoli che nascono da eterogenee combinazioni di marne, scisti, arenarie e argille. I vini di questa zona, che sempre più sta esprimendo un’ottima vocazione, si distinguono per sapidità, freschezza, longevità e una pigmentazione talvolta più fitta.  

A sud-ovest, in località Tavernelle, i vigneti si posizionano ad altitudini relativamente elevate con terreni calcareo-argillosi e sabbie. Le temperature diurne sono elevate ma beneficiano di un rapido raffreddamento serale che garantisce la giusta escursione termica necessaria per la buona acidità e freschezza dei vini. Spostandosi verso sud più pieno, le temperature medie si elevano ulteriormente e diminuiscono le precipitazioni. I suoli vanno da sabbia e argilla vicino al fiume in Sant'Angelo Scala a suoli calcarei a quote più elevate. Le alte temperature e la maturazione relativamente rapida e anticipata di questa zona possono disegnare vini dal profilo più prontamente accessibile, di struttura, ricchi di alcol e, in alcune annate, contenuta acidità.

Vocazioni antiche e inaspettate

La collina su cui sorge Montalcino era probabilmente già abitata in epoca etrusca. Ma è fra il XII secolo e il Cinquecento che, grazie alla posizione strategica, il territorio acquisisce un ruolo di grande rinomanza. Roccaforte inespugnabile, protetta da mura e da una grande fortezza, divenne fulcro di aspre contese militari, prima contro Siena e dopo il 1260, insieme a Siena, contro Firenze. Nel 1559, con la consegna delle chiavi cittadine a Cosimo I de’ Medici, Montalcino era rimasto l’ultimo comune libero d’Italia.

La vocazione vinicola del territorio di Montalcino era probabilmente già conosciuta dai tempi antichi, ma è proprio in quegli anni travagliati che l’ampia notorietà prende forma grazie soprattutto alla congiuntura di due principali circostanze: la vicinanza della via Francigena, la “strada originata dalla Francia”, asse fondamentale di collegamento tra nord e sud dell’Europa, e l’ottenimento, nel XIII secolo, del privilegio di porto franco. I pellegrini, provenienti dal nord percorrevano la Via per dirigersi a Roma, ed eventualmente proseguire lungo la Via Appia verso i porti pugliesi, dove s’imbarcavano verso la Terrasanta; il buon vino rappresentava una preziosa derrata da vendere ai viaggiatori. Un po’ più di sorpresa desta il fatto che il vino più famoso di Montalcino fosse, all’epoca, un vino dolce ottenuto da uve bianche di moscato, il Moscadello di Montalcino, appunto; già noto al tempo dell’Impero Romano, vede ulteriormente crescere fortuna e fama con l'affermazione della signoria dei Medici. Non stupisce infatti che, nel 1685, Francesco Redi, medico “poeta” alla corte dei Medici, nel noto ditirambo «Bacco in Toscana», un raffinato componimento d’evasione che passa in rassegna i migliori vini toscani offrendo un’interessante e accurata panoramica sull’enologia del tempo, puntualmente lo citi: «del Leggiadretto, del sì divino Moscadelletto di Montalcino […] egli è un vin, ch’è tutto grazia».

E poi il Brunello

Alternando fasi di crisi e ripresa, l’economia montalcinese, fondamentalmente agricola, sopravvive fino alle soglie dell’Ottocento adagiandosi per la quasi totalità allo stagnante e fondamentalmente poco qualitativo, sistema mezzadrile. In tale contesto, nella seconda metà dell’Ottocento, irrompe la figura di Clemente Santi che, con approccio scientifico, in maniera del tutto innovativa, orienta la propria produzione verso la ricerca dell’alta qualità. Sulla sua scia, gli anni Ottanta dell’Ottocento vedono il fermento di una nuova leva di viticoltori Montalcinesi. Ferruccio Biondi Santi, seguendo le tracce di nonno Clemente, si dedica completamente all’azienda di famiglia, il Greppo, e, grazie a una metodica selezione clonale del Sangiovese, dà origine al mitico Brunello 1888, di cui ancora oggi si conservano due bottiglie (erano tre, ma in occasione del centenario una fu donata all’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga).

La Prima Guerra Mondiale e politiche agricole poco inclini a spronare la viticoltura, siglano un calo considerevole di interesse nei confronti del vino. A fare eccezione, Tancredi Biondi Santi, figlio di Ferruccio che, baluardo indomito e forza trainante per tutta la comunità dei viticoltori, nel 1926, nel tentativo di sostenere una categoria in evidente difficoltà, fonda la cantina cooperativa Biondi Santi & C. Cantina Sociale. A Tancredi, ispiratosi ai grandi vini francesi già avvezzi a tale pratica, si deve inoltre la nascita in Italia della cerimonia della ricolmatura che consisteva nello stappare le vecchie bottiglie di Riserva e, previo controllo di integrità del prodotto, ricolmarle appunto con il vino della stessa annata e richiuderle con tappi nuovi. Negli anni ’50, al padre Tancredi, si affianca Franco Biondi Santi, altra figura imprescindibile nel mosaico che, tassello dopo tassello, ha condotto il Brunello di Montalcino ai fasti odierni. Uomo-mito che, facendo leva sull’indiscussa e indiscutibile qualità dei vini da lui prodotti, ha sempre lottato strenuamente per difendere l’identità del Brunello. Nel 2016 la Biondi Santi è passata in mano ai francesi di EPI (Européenne de Participations Industrielles) una holding familiare guidata da Christopher Descours.

1964-1980: tre eventi che segnano il destino di Montalcino

Nel 1964 prende via l’iter che condurrà alla fine della mezzadria. La transizione miete diverse “vittime” tra i produttori che, incapaci di riconvertirsi, si vedono costretti a chiudere. Sempre nel 1964, con l’apertura dell'Autostrada del Sole, Montalcino si trova improvvisamente tagliata fuori dalle grandi vie di comunicazione; perdendo quel fiorire di transiti su cui per secoli aveva prosperato: diviene di fatto un paese invisibile, povero e trascurato, tanto che nel giro di dieci anni la popolazione comunale subisce un calo del 70%. Fortunatamente, il 28 marzo 1966, al Brunello di Montalcino viene concessa la DOCe l'anno successivo nasce il Consorzio di tutela. Il Disciplinare approvato è estremamente severo; tra le varie norme è previsto l’obbligo di invecchiamento in botte di ben quattro anni, prima dell’imbottigliamento: chi avesse voluto mettere in commercio il vino prima dei termini suddetti, avrebbe dovuto optare per l’etichettatura come Vino Rosso dai Vigneti di Brunello. La via della severità mirava a suggerire, fin dal principio, l’intenzione di dare vita a un grande vino italiano. Il 1° luglio 1980 il Brunello di Montalcino ottiene la DOCG.

“Gli Americani”

Fino agli anni '70 del secolo scorso, la storia del Brunello di Montalcino si identifica con la famiglia Biondi Santi, in primis, e poche altre famiglie, come la Cinelli Colombini della Fattoria dei Barbi, distintasi fin da subito per l’abilità di gestione delle attività commerciali. Il periodo che conduce all’assegnazione delle Denominazioni di Origine viene a coincidere con l’arrivo dei primi contributi per la rinascita dell’agricoltura italiana. Sull’onda di tale impulso, grazie anche al deprezzamento dei terreni, l’attività viticola montalcinese inizia a dare i primi segni di grande fermento e nuovi imprenditori fanno il loro ingresso in scena sul territorio. Ma è dal 1978, con l’arrivo di due italo-americani, John ed Harry Mariani, che prende il via un’ulteriore e definitiva svolta. La famiglia Mariani sbarca a Montalcino su suggerimento di Ezio Rivella, enologo piemontese la cui intuizione, già anni prima, aveva contribuito alla grande fortuna dei Mariani conseguita con l’importazione del Lambrusco negli Stati Uniti. Un successo da 11 milioni di casse l’anno! L’idea iniziale prevedeva un cospicuo investimento per la produzione ed esportazione del Moscadello. Accantonato il progetto Moscadello che stentava a decollare, tutte le risorse confluirono sul progetto Brunello, di cui all’epoca si vendevano solo 300 mila bottiglie, ed era praticamente uno sconosciuto per i consumatori statunitensi. Il disegno di Castello Banfi, dal nome della prozia dei due fratelli, fonte indiscussa di ispirazione, prende il via con l’acquisto dei primi vigneti nel 1978; nel 1983, con l’acquisizione del meraviglioso castello di Poggio alle Mura, la Banfi porta la proprietà a una superficie di 2830 ettari, terreni tutti contigui, 850 ettari dei quali dedicati a vigneto. L’arrivo dei due fratelli americani, inizialmente non privo di attriti con la comunità locale, porta a Montalcino investimenti di una portata mai vista prima, andando di fatto a svolgere una funzione di stimolo per gli altri produttori, ma non solo. Potendo contare su una vincente esperienza pregressa in materia di comunicazione e sulla conoscenza approfondita dei meccanismi economici statunitensi, apre letteralmente le porte per la conquista del mercato americano. Gli ingenti investimenti di capitale, la razionalizzazione del lavoro in vigna, il poter contare su una produzione di vaste proporzioni e, non ultimo, lo sviluppo di una nuova visione della viticoltura che preveda anche la componente turistico-scenografica, definiscono il quadro completo di un nuovo importante successo.

Attualmente, i vini Banfi sono presenti in oltre 90 paesi in tutto il mondo e il Brunello di Montalcino ha di fatto conquistato il panorama enologico mondiale.

Poggio alle Mura

A casa Banfi studio, ricerca e sperimentazione non si fermano mai. Nel 1980 prende il via un lavoro di zonazione che, attraverso l’osservazione mirata delle peculiarità pedoclimatiche delle singole zone, ha consentito di inserire ciascun vitigno nell’habitat a esso più congeniale al fine di ottenere, per ognuno di essi, il livello massimo di espressione qualitativa.

Nel 1982, inoltre, in collaborazione con l'Università degli Studi di Milano e con il Prof. Attilio Scienza, inizia un progetto di selezione clonale che ha per protagonista il sangiovese. Dopo anni di sperimentazioni, nell’intento di valorizzare la ricchezza espressiva e multiforme del vitigno capace di infinite variazioni grazie a una rara quanto preziosa capacità di rispondere all’ambiente, si è giunti all’individuazione di 15 cloni da utilizzare congiuntamente nel vigneto, così da poter esprimere al meglio le potenzialità del vitigno stesso. La linea Poggio alle Mura incarna il risultato della perfetta interazione tra gli studi di zonazione e quelli di selezione clonale. Anche i legni utilizzati per la maturazione dei vini sono stati al centro di un approfondito studio di ricerca che ha preso in considerazione tutti gli aspetti della selezione: scelta delle piante, stagionature e tostature. Il rovere francese proviene dai boschi Alliers, Nevers, Fontainebleu e Tronçais. Le doghe vengono fatte stagionare in condizioni ottimali nella tenuta Banfi e, una volta portato a compimento il delicato processo di maturazione dei legni, si procede con l’assemblaggio delle barrique. Anche la tostatura è eseguita con la massima cura, a bassa temperatura e per un periodo prolungato così da poter assecondare la variabilità del singolo contenitore e ottenere un risultato più uniforme possibile. Nel 2007, proseguendo il costante e progressivo percorso di ricerca dell’eccellenza qualitativa, nasce il programma Horizon: «una nuova area di vinificazione completamente dedicata, con tini compositi, realizzati in legno e acciaio, che consentono alle uve in fermentazione di ottenere i migliori benefici da entrambi gli elementi e di poter contare su una gestione ottimale delle temperature”. Horizon, un nome che perfettamente riassume la volontà indomita di perseguire sempre nuovi e più ampi orizzonti.

La degustazione

I primi tre calici narrano l’espressione delle potenzialità di evoluzione nel tempo di tre diverse annate di Brunello alle Mura vinificate secondo i canoni della nuova interpretazione enologica inaugurata con il progetto Horizon proprio nel 2007, l’annata del terzo campione.

I viniBrunello di Montalcino DOCG Poggio alle Mura 2011 (sistema Horizon)
Timido all’esordio, lentamente si apre virando su calde note di frutta secca tostata, cuoio e un intrigante bouquet di erbe essiccate. Il tempo, nel calice, lascia emergere un fresco soffio mentolato e lievi cenni di spezie. La raffinata delicatezza dei profumi si trasforma al gusto in nerbo deciso, con acidità e tannini che stupiscono per una vibrante e piacevole vitalità che fa dimenticare l’età anagrafica della bottiglia. La maturità affiora – invece - con classe, rivelando una trama gustativa complessa che si dipana in toni tattili di cuoio levigato, richiami di caffè. Sullo sfondo, un’impronta balsamica - coerentemente - riconduce all’agilità dell’olfatto.

Brunello di Montalcino DOCG Poggio alle Mura 2008 (sistema Horizon)
Si concede per gradi, rivelando un profilo più scuro ma che, avvolgente, seduce. Il caco maturo, la spezia dolce, cannella e chiodi di garofano. Lentamente si apre su cenni di polvere di caffè e sentori di frutta scura disidratata. Conquista la bocca il tocco morbido e vellutato, con una struttura piena in cui i tannini distendono la trama dal tratteggio ricamato. La ciliegia e la prugna concedono un frutto ancora dolce, succoso e godibile. Contenuta l’acidità, il gusto si appoggia sulla vena salina del gustoso ed elegante finale.

Brunello di Montalcino DOCG Poggio alle Mura 2007 (sistema Horizon)
Lieve e sussurrante l’incipit olfattivo. Di mirabile compostezza, si rivela dolce nei toni che richiamano la vaniglia, le spezie orientali e accenni di cacao. Segue il respiro balsamico da cui delicatamente affiorano sfumature di un frutto rosso ancora fragrante. Vigoroso e piacevole al sorso, non si nasconde il tannino, presente, ma perfettamente integrato. Vivace la struttura che, pur piena, si distingue per freschezza e agilità. Una silhouette di dinamica espressione che promette ulteriore longevità.

Gli ultimi tre calici, andando ancora più a ritroso nel tempo, raccontano il cammino evolutivo dello stesso vino quando ancora veniva vinificato in maniera tradizionale.

Brunello di Montalcino DOCG Poggio alle Mura 2006
Subito evidente e percettibile un orientamento più scuro e austero dei sentori. Il bouquet profondo si esprime su profumi di frutta scura disidratata, caffè, cuoio, cacao e mallo di noce; note terrose e di radice bagnata si integrano con un lieve richiamo di foglie secche. La bocca, coerente con l’austero tratteggio olfattivo, rivela un impatto più muscolare rispetto ai campioni precedenti. Definito il tannino che non nasconde la presa. Il ricordo appena accennato del frutto cede avvolto dalla sensazione calorica che, con non timida assertività, emerge.

Brunello di Montalcino DOCG Poggio alle Mura 2004
Scuro e ricco l’attacco olfattivo, lascia presagire maturità evolutiva. Una tisana di erbe e frutti, sentori di fumo, cuoio, ma anche ciliegie nere selvatiche, lamponi secchi, cannella e liquirizia. Corposo il sorso che si impone con potente e incisiva presenza. Il frutto si snoda denso intarsiato dai tannini netti e ancora mordaci. Aromi di cioccolato, caffè e spezie conducono a un finale di saporito e risoluto carattere.

Brunello di Montalcino DOCG Poggio alle Mura 1998
Qui il colore rivela una trama più fitta ma dalla luminosità appena attenuata rispetto agli altri calici. Al naso, inizialmente sussurrato, i sentori sono complessi e di intensa concentrazione. In apertura un frutto maturo, scuro, in confettura, che poi vira su fragranze di tè, richiami di grafite, spezie austere, liquirizia e foglie di tabacco; sullo sfondo toni terrosi di sottobosco. Generosa di estratto la bocca, corposo e pieno il sorso; ancora energica e tagliente la trama dei tannini che, al sapore, richiamano l’arancia amara. Percettibile l’acidità che conduce a un finale di non celato calore.

Il fascino di poter tornare indietro nel tempo seguendo le imprevedibili evoluzioni che ogni bottiglia di pregio può regalare, non delude mai. A rendere ancora più speciale questa verticale, la possibilità di toccare, in maniera tangibile, gli effetti migliorativi che, ai fini dell’evoluzione, un progresso mirato e ragionato delle tecniche produttive, può determinare. La guida, attenta e scrupolosa, di Artur, rispettoso e fedele interprete di quel che il calice racconta, ha consentito un approccio particolarmente approfondito alla degustazione. Il confronto che ne è nato sembra rivelare che, in linea generale, i vini ottenuti con la metodologia Horizon donino nel tempo una migliore compiutezza e integrazione delle componenti, definendo profili di più equilibrata e godibile armonia.