L’Alfiera: quando la barbera diventa iconica

L’Alfiera: quando la barbera diventa iconica

La Verticale
di Sara Missaglia
23 novembre 2022

Marchesi Alfieri ha celebrato i primi trent’anni dell’Alfiera con una verticale di dieci annate: la degustazione di un vino che non teme il tempo è una storia di famiglia, tra territorio e cantina.

Ci sono cantine e castelli che non hanno solo il profumo dell’uva ma quello della storia. Marchesi Alfieri è, prima di tutto, una famiglia, che negli ultimi 300 anni è stata protagonista non solo di tante vicende che hanno segnato la storia del nostro Paese, ma della valorizzazione di un territorio vitivinicolo che nasce al confine tracciato dal fiume Tanaro tra Langhe, Roero e Monferrato. Al centro la barbera, vitigno che caratterizza l’eredità culturale del loro percorso, in cui Giovanna, Antonella ed Emanuela San Martino di Germano, dopo la morte del padre Casimiro, hanno profondamente creduto. Il legame con il celeberrimo Vittorio e con Camillo Benso Conte di Cavour, la presenza di un castello di fine Seicento – che è la casa degli Alfieri - dalla bellezza straordinaria e con un giardino trasformato in un parco costellato di piante secolari, conferiscono ai vini un gusto che ha radici lontane. 

Da sinistra: Piero Roseo e Mario OliveroDi Barbera nel mondo se ne beve tanta ma se ne parla poco”, sostiene Mario Olivero, enologo e direttore della cantina, quasi a sottolineare quanto la barbera non sieda ancora sullo scranno più alto in compagnia dei grandi vitigni autoctoni italiani.

La verticale di Alfiera rende omaggio alla bellezza del vitigno e del vino: si svolge in un’elegante sala sull’Orangerie del cortile interno, con i busti dei più illustri ospiti del castello: foto della famiglia alle pareti, tovaglie ricamate e calici. Le parole di Marco Olivero si fondono con quelle dell’agronomo Piero Roseo in un racconto-percorso negli anni di lavoro.

La svolta nel 1996, data in cui ha inizio il diradamento dei grappoli in vigna: Marchesi Alfieri è tra le prime cantine a compiere questo tipo di operazione, dando il via a una pratica agronomica innovativa e all’epoca non solo non capita, ma anche osteggiata. “Andavamo in vigna di notte per diradare i vigneti, eravamo costretti a farlo clandestinamente. Per i nostri lavoranti era inaccettabile quello che interpretavano come spreco”, racconta Donna Giovanna. 

LA VERTICALE 1993- 2019

L’Alfiera viene prodotta (il numero di bottiglie dipende dalle caratteristiche di ogni singola vendemmia) da uve barbera in purezza e prende il nome dal vigneto storico dell’azienda di 4,5 ettari (la vigna più vecchia è del 1937), il cui sottosuolo si caratterizza per un mix di sabbia rosa, argilla bianca, calcare e limo, e di alte percentuali di sodio, potassio e calcio, che contribuiscono allo sviluppo di bucce più spesse e resistenti. Il diradamento dei grappoli avviene nella prima metà di agosto al momento dell’invaiatura: la produzione per ceppo è di 1 - 1,2 kg. La raccolta è manuale in cassette nella prima parte del mese di settembre. Dopo un’accurata selezione delle uve si procede con una diraspapigiatura soffice. La fermentazione è sulle bucce in vasche di acciaio alla temperatura di 28°-30° per 15-20 giorni con delestage e leggeri rimontaggi. La fermentazione malolattica è in legno con bâtonnage. La maturazione avviene per circa 18 mesi in barriques e botti di rovere francese con differenti tostature (Allier e Tronçais) da 225 a 500 litri. 

Il percorso degustativo individua due registri narrativi diversi: le annate storiche con le tecniche di cantina in primo piano e il legno sempre presente in intensità, e le annate più recenti, calibrate su florealità e note mentolate che slanciano il sorso e restituiscono maggior finezza al bouquet olfattivo. L’Alfiera è un vino sempre molto elegante, giocato sull’esaltazione del frutto, che vede nell’acidità l’assoluta protagonista per vincere sulla ricchezza e sull’opulenza.

2019
Purpurea, succosa, con grandi sensazioni di frutto e di speziature che ricordano la cenere e l’incenso. Bilanciamento con le spezie, con un calore alcolico appena accennato e un sorso dove prugne e tabacco tornano con grande intensità. Finale avvolgente senza eccesso di esuberanza o acidità, con una beva già scorrevole nonostante la gioventù. Il desiderio è di un approccio tra tre/quattro anni per coglierne meglio l’equilibrio gustativo.

2017
Naso più delicato, con minor frutto e maggiore speziatura tra alloro ed erbe aromatiche. Il palato è più materico, con una metrica rapida e un buon equilibrio tra acidità e sapidità. Tannini vigorosi veicolati da una valida dotazione alcolica e glicerica. La freschezza si prolunga anche in chiusura, con una persistenza generosa e asciutta. 

2015
Dell’annata sono state degustate più bottiglie, alla ricerca del corretto corredo olfattivo. Il millesimo caldo non ha impattato sulla freschezza del vino, che presenta una dolcezza al naso tra peonie e lamponi. Ricordi di carrube, vaniglia e cacao. Sorso molto invitante, corredato da ampia freschezza e da tannini fini. Allungo importante e volumetria al palato in grande persistenza finale.

2011
Naso più austero, con note evolutive che virano verso quote tostate di caffè e di cioccolato. Sensazioni di sagrestia ricca di incenso. La bocca è espansiva e molto fresca, sin dall’attacco: la complessità olfattiva si riversa al palato e la struttura poggia su un perfetto equilibrio tra sapidità e freschezza.

2007
Suggestioni floreali di geranio e bacche di ginepro in infusione, su toni di ciliegie sotto spirito fuse nel cioccolato fondente. Confettura di frutti rossi e note di tabacco, elevato apporto glicerico e componenti taniche setose e aggraziate. L’esuberanza del sorso tradisce il millesimo, in ottima forma.

2005
Il ricordo è di una grande piacevolezza di beva, con un tannino vellutato e dotato di grande equilibrio tra sensazioni mentolate di eucalipto e ricordi di cioccolato alla menta. Il palato ha piena propulsione, accogliente, espansivo, e denota un grande senso di accuratezza nella gestione delle impronte fruttate, mai sovrastanti.

2003
Grandi intensità floreali e fruttate tra rosa canina e prugna, con sentori di erbe aromatiche e richiami di spezie esotiche. Tostature da caffè e da mandorla in chiusura, in uno riuscitissimo scambio tra sensazioni fresche e minerali. Tannino ammorbidito senza compromissione del sorso, che rimane elegante e appetitoso.

2001
Al naso sensazioni torbate e affumicate, tra erbe aromatiche e volumetrie da dattero e fico secco. La forza del tannino è comunque presente così come l’acidità, che restituisce alla beva una silhouette precisa e affilata, mai sovraccarica. Il palato chiude asciutto, con un sottofondo balsamico e resinoso.

1998
Il colore è ancora molto luminoso, con un’introduzione olfattiva concentrata sul frutto maturo tra ciliegia e mora in elisir di spezie che impreziosiscono il sorso. Sbuffi salmastri e di colata di alici, con ricordi di carrube che impreziosiscono e personalizzano la beva. Tannini addolciti e di piacevole eleganza.

1993
Il colore vira verso nuance più aranciate e si sviluppa su tonalità più filigranate: la presenza di particelle in sospensione ne testimonia l’età. I ricordi sono legati alla brace di un caminetto spento e a sensazioni evolutive da incenso in sagrestia. La Barbera non cede, e solo apparentemente sembra l’annata più stanca per via del millesimo: sul finale l’astringenza del tannino e la vena fresca del vitigno si rifanno vive e restituiscono alla memoria l’omaggio di un vino da lunga evoluzione.

Nel castello il vino scorre nelle vene e la cantina ne è il cuore pulsante, non lontana dall’antica cucina recentemente restaurata: la sensazione è che, nonostante i secoli alle spalle, tutto sia vita, energia, contemporaneità. L’Alfiera si conferma un vino da attendere, fermo, fiero e granitico, orgoglioso e rispettoso del tempo: se degustato nella sua gioventù non perde tuttavia in emozione e raffinatezza.