L’immortale sapidità del Blanc di Mazzolino

L’immortale sapidità del Blanc di Mazzolino

La Verticale
di Sofia Landoni
21 giugno 2023

Una verticale di undici annate per celebrare 30 anni di vendemmie dello Chardonnay Provincia di Pavia IGT Blanc. A raccontarne tutte le sfumature: Armando Castagno.

Una sapidità immortale corre tra i calici del Blanc, come fosse il negativo di quei suoli infiltrati di gesso. Il gesso: proprio questo minerale monoclino racchiude uno dei tanti segreti dell’eleganza dello Chardonnay firmato da Mazzolino. Abbonda nel sottosuolo, nascosto dagli strati più superficiali di argilla nelle sedi più alte e di sabbie nei fondovalle, ma affiora di tanto in tanto in venature visibili all’esterno. 

«Questi sono vini dei gessi» commenta Armando Castagno, uno dei più attenti e autorevoli studiosi e conoscitori dei vini a base chardonnay e investito dell’onore di guidare una verticale d’eccezione, quella che si è svolta giovedì 15 giugno nella sede della cantina di Corvino San Quirico. 
Undici annate di Blanc in degustazione, come i capitoli di una storia coerente, sviluppata su un filo conduttore che è trama e firma allo stesso tempo.Armando Castagno

Mazzolino iniziò a produrre chardonnay in purezza esattamente 30 anni fa. Nessuno, in Oltrepò Pavese, ci avrebbe mai scommesso, nel lontano 1993. Ma il nonno di Francesca Seralvo, oggi alla guida di questa pluripremiata azienda oltrepadana, si contraddistingueva per una certa lungimiranza. Una storia tutto sommato normale: un uomo che crede nel potenziale di un vitigno, si affida alla competenza di un consulente francese e pianta nella propria tenuta le migliori barbatelle di chardonnay; ne produce un vino, inizialmente in poche bottiglie, e da lì a qualche anno l’etichetta diventa parte del portfolio aziendale.
Un classica storia vitivinicola, se non fosse per un unico straordinario dettaglio. Dall’annata 1998 alla 2021 – prima non ci è dato di sapere in un raffronto al calice – la fisionomia del Blanc non è mai cambiata di una virgola. La coerenza, quella parentela lampante nella somiglianza, i tratti tramandati in eredità dal suolo all’uva – e rispettati dallo stile di produzione enologica – in tutti questi anni non sono mai venuti meno, regalandoci oggi la possibilità di osservare i diagrammi del tempo in una verticale eccezionale. 

L’unica variabile è quella dell’annata, che calca la mano su certi tasti o ne attenua altri, senza poter mascherare mai quella sapidità che è in grado di sfidare tutto. L’eleganza e la tempra di questo vino rimangono un filo conduttore indistruttibile, che ammalia nelle sue sfumature di vendemmia ma che rimane solido e inconfondibile nella sua personalità. Uno chardonnay che non ha comparazioni in zona, poiché bianco outsider in una terra di rossi e spumanti, ma che ha ben poche comparazioni anche a livello nazionale. Lo vediamo oggi nello sviluppo del suo trentennio e lo vedremo ancora e sempre sul palco dei grandi bianchi italiani.

Francesca Seralvo

La degustazione. Chardonnay Provincia di Pavia IGT Blanc 2021 | 1998

2021
Naso pungente, pizzica nella nota di acqua di colonia, nell’agrume, nel frutto tendente all’asprigno. Il corpo altro non è che un piedistallo per la sapidità, quella sapidità che inizia a mostrarsi come inestinguibile. 

2020
Affiora una componente affumicata, quasi sulfurea, allo stesso modo con cui i fili di gesso si infiltrano fra le argille delle colline. La bocca conferma la sua lineare eleganza, dove a farla da padrona è nuovamente la sapidità. Tutto sfuma su un’eco di bocca che rimanda alla liquirizia.

2019
Scattante, istiga il naso come la punta di uno spillo. Spezia pungente, zenzero, pepe bianco, mentolo, su uno sfondo di frutto tropicale e una leggera ombra terrosa. Fresco, sapido, assolutamente coerente con il naso irrequieto.

2018
Il naso si fa più accogliente e mansueto, con una trama erbacea intrigante di verbena, tè bianco, con qualche accenno idrocarburico. La bocca ammalia per texture setosa ed equilibrio perfetto, dove persino l’indomabile vivacità sapida ha trovato perfetta armonia con tutte le componenti di bocca. Un vino che tende, senza alcuna presunzione, alla perfezione.

2017
Canfora, zenzero e pepe bianco ripropongono la pungenza speziata, che lascia poi posto a uno sfondo più morbido di crema pasticciera. Ancora una volta la sapidità afferma il suo nome ad alta voce, senza mai, comunque, alcun tipo di eccesso.

2016
Naso succoso e ricco nel frutto. Ricorda il profumo coinvolgente della pesca gialla matura, del mango, della papaya e del litchi, con, anche in questo caso, un lievissimo accenno idrocarburico. La sapidità, come nell’annata 2018, è armonicamente integrata a tutte le parti, presentando una bocca coesa ed equilibratissima.

2015
Naso solare, espressivo nel frutto maturo e tropicale. Grasso, intenso ed esuberante come il sole della sua annata, non cede comunque di un millimetro su quella sapidità che marchia a fuoco terra, uva e vino.

2014
Ricorda quasi l’incenso. Presenta una trama sulfurea, un tratto di salsa di soia e lo sfondo di frutto tropicale. Bocca sapidissima, tesa e fine anche nelle corde fresche e di ottima persistenza. Il Blanc nella sua versione più incisiva e tagliente.

2009
Lo spessore del tempo inizia ad essere colto anche nella materia colorante, che ora appare in un bellissimo dorato. Una leggera sfocatura ossidativa non fa altro che apportare ancora più complessità, già presente in abbondanza con le note di miele, mela, albicocche disidratate, scorza d’arancia e narcisi. La bocca stupisce. È una bocca di potenza e di finezza fresco sapida, ancora vigorosa in tutto, scalpitante come sempre, ancora pronta per vivere molto a lungo.

2003
La materia colorante qui si fa quasi ambrata. Ricorre, al naso, la frutta disidratata, le albicocche secche, il the al limone, la propoli e una nota persino di carruba. Bocca materica, omogenea e morbida, con l’immancabile sapidità del Blanc. «Un vino dolce di estratti», come ben dice Armando Castagno.

1998
Una sorpresa incredibile, poiché appare più giovane del precedente, in tutto. Colore dorato intenso e luminosissimo, naso sulfureo, un po’ timido sulle prime impressioni ma che poi si apre a una trama complessa, ricchissima, veloce nelle sue sfumature che cambiano con lo scorrere del tempo nel calice. La bocca è ancora tesa, seppur omogenea e perfetta nelle sue parti. E poi, la sapidità, quella sapidità che ancora resiste e agita il sorso come bandiera al vento e che ne decreta, con la sua immortalità, una vita ben lontana dallo spegnersi.