La Colombera e il cru Derthona Montino

La Colombera e il cru Derthona Montino

La Verticale
di Florence Reydellet
06 marzo 2024

Una verticale in formato magnum per valutare la potenzialità evolutiva della varietà timorasso. E quella andata in scena nella sede della rivista Civiltà del Bere. Protagonista: il cru Derthona Montino interpretato dall’azienda tortonese La Colombera, guidata dalla vignaiola Elisa Semino

«Ci siamo riappropriati di un vitigno dimenticato». E ancora: «abbiamo voglia di architettare e crescere». Così esordisce Elisa Semino, titolare dell’Azienda Agricola tortonese La Colombera ed enologa dalla mente sempre in fermento. 

Giorno: martedì 22 febbraio 2024. Posizione: l’Enoluogo, la bella sede della rivista Civiltà del Bere a Milano. È andata qui in scena una verticale in formato Magnum del Montino, cru di timorasso Derthona che nasce sulle colline di Vho in provincia di Alessandria. Erano sei le annate presentate (2021, 2020, 2019, 2017, 2015, 2013) per indagare il potenziale evolutivo di questa ormai nota varietà autoctona. Al fianco di Elisa, a guidare l’incontro è stato Alessandro Torcoli, editore e direttore della rivista Civiltà del Bere. 

Alessandro Torcoli ed Elisa Semino

«Il timorasso è un’uva a bacca bianca a dir poco talentuosa per la sua notevole acidità fissa e per un’espressività aromatica minerale che emerge col tempo», ci spiega Alessandro. «In passato, tuttavia, il vitigno era stato quasi dimenticato a causa delle difficoltà di gestione in vigna: produttività incostante, scarsa adattabilità alle condizioni climatiche e altissima sensibilità al marciume». 

Facciamo quindi una piccola, ma utile, digressione. Walter Massa è l’uomo che si è fatto parabola e mito del vitigno. Nel 1986 ricupera la cultivar e si affianca una squadra fatta da vignaioli del tortonese - tra cui Elisa - desiderosi di dar rilievo all’uva, di farle raggiungere vette qualitative e renderla oggetto di culto. Detto e fatto: nel 2000, è nato il Derthona - antico nome romano della città di Tortona - come marchio del Consorzio Tutela Vini Colli Tortonesi. È stato concepito tenendo bene in mente l’idea che nessun grande vino porta il nome del proprio vitigno. Nel 2005, grazie al Consorzio, il timorasso entra a far parte del disciplinare di produzione dei Colli Tortonesi. Il marchio è oggi in attesa di ottenere il riconoscimento di sottozona della DOC Colli Tortonesi che, secondo Elisa, potrebbe finalmente avvenire a ridosso del prossimo Vinitaly.

Torniamo a La Colombera. Nel 1997, Elisa, assieme a papà Piercarlo e al fratello Lorenzo, tende la mano al timorasso e, dopo un’attenta selezione clonale della varietà, mette a dimora cinque vigneti sui suoli di arenarie e marne di Sant’Agata Fossili della zona. La famiglia si cimenta con la cultivar ed esce nel 2000 una prima etichetta: il Derthona, per l’appunto. Desiderosi, però, di dare seguito all’avventura, individuano un nuovo appezzamento di un ettaro e mezzo di fronte alla loro antica cascina. Nasce lì, nel 2006, il cru Derthona Montino, oggi simbolo di La Colombera: 200 m s.l.m., grande attenzione alle uve; vinificazione e affinamento in acciaio; 6000 bottiglie annue, di cui 200 in formato magnum. 

La degustazione

Le calde e assolate annate che dal 2015 si sono susseguite nei colli tortonesi hanno certamente influito sui profili dei vini, che talvolta peccano per assenza di freschezza del frutto, altre volte il TDN marca troppo precocemente le direttrici organolettiche. Ciò detto, tutti i sei vini hanno evidenziato la perizia enologica da parte di La Colombera.

2021

Ha colore oro lucente. In principio si propone con una lieve riduzione ma si adatta ben presto all’ossigeno che fa emergere un naso opulento: ananas, fiori carnosi, l’agrume del pompelmo e miele caldo. Dopo mezz’ora, il floreale abbandona la partita per far entrare il mangostano. Il palato è pulito e un’inaspettata freschezza concorre a delineare tensione. Lunga la persistenza in chiusura su un’indole già idrocarburica. Grande sarebbe la curiosità di degustarlo l’anno prossimo. 

2020

Veste dorata, as well. Naso di ingannevole semplicità. Dietro un’aromaticità che sembra incentrata solo su note di albicocca secca, vi è in realtà un fitto intreccio di gariga, zafferano e di pepe bianco. Si scorge in filigrana un embrionale TDN. L’assaggio è glicerico, caldo e si sgretola un po’ nella progressione. L’esito è però terso e lungo il giusto con una nota di amaretto intinta nell’alcol. Godibile oggi. 

2019

Dorato corrusco. Identità millefoglie: vi sono mela verde, spezie dolci (vaniglia in primis), salicornia e miele di castagno. L’idrocarburo, poi, che tuttavia non soffoca. Al gusto è intabarrato dalla morbidezza e tituba un po’ quanto a durezze. Il finale, con il ritorno delle spezie e del miele, va di pari passo con l’olfatto. 

2017

Dorato più intenso e olfatto decisamente più evoluto. La bocca parla di frutto maturo, sciroppo d’acero, semi oleaginosi e alcol. Inaspettatamente - così come la 2021 - l’assaggio è molto verticale. Ha grip, reattività e mai è prevaricante nella dolcezza, con chiusura tersa e durevole di pietra focaia. Balena l’idea che possa andare avanti.

2015

Stesso dorato del precedente. Il primo impatto è nettamente fiorito (gelsomino) e speziato (pepe bianco). Segni lasciatigli dall’infanzia. Poi, con l’aria, fa una curva degna di un Gran Premio e propone la pera sciroppata. Il palato è carnoso, un filo timido quanto ad acidità, ma comunque dritto. Allungo espressivo e contrastato che dilaga sul sale. Sospeso fra passato e presente. 

2013

A distanza di dieci anni, il colore è persino paglierino: un curioso caso di Benjamin Button, spiegabile con le condizioni climatiche dell’annata (la più fresca della batteria). Profilo odoroso integro, nel segno della leggiadria. Si avvertono le erbe aromatiche, il frutto, un’idea floreale di camomilla e qualcosa di balsamico. Un olfatto composito che prelude a un sorso percorso da una corrente elettrica, dall’efficientissima sinergia tra freschezza e sapidità. Trazione finale persino incessante, con ricordi fruttati. Non cede ancora alla nostalgia e ha fiducia nel futuro. Il migliore Timorasso mai assaggiato da chi scrive.