Obiettivo longevità. Il vermentino di Cantine Lunae
La Verticale
di Alessandro Franceschini
24 luglio 2023
In occasione dell’inaugurazione della nuova cantina dell’azienda della famiglia Bosoni, una doppia verticale di due etichette di vermentino che ambiscono a sfidare il tempo.
«La nostra idea di vermentino è quella di un vitigno che ha grandi possibilità di longevità». Non è così raro, ormai, ascoltare dalla voce di un produttore, come in questo caso, la volontà di volersi smarcare da un’identità legata alla logica dei vini d’annata, che punta quasi esclusivamente su un facile approccio. Ancor di più se il protagonista nel bicchiere è un vino che, nell’immaginario collettivo, va soprattutto a braccetto con uno spensierato consumo estivo.
L’idea che il vermentino, l’uva principe dei Colli di Luni, estrema propaggine del levante ligure al confine con la Toscana, possa sfidare il tempo nelle sue versioni più importanti, è un obiettivo da sempre presente nei pensieri della cantina più significativa di questo territorio, per storia, numero di bottiglie e tipologie prodotte: Lunae. Passo dopo passo, vigneto dopo vigneto, la famiglia Bosoni, a partire da Paolo negli anni ’60 e oggi con il figlio Diego, ha messo insieme un parco vitato composto da 40 parcelle che si estendono nelle tre fasce che caratterizzano la viticoltura lunigiana: la zona pianeggiante, quella pedecollinare e infine quella più alta i cui vigneti arrivano oltre i 300 metri di altitudine.
Tre zone che ovviamente infondono peculiarità altrettanto differenti al vermentino: a sud della statale Aurelia, a due passi dal mar Tirreno, troviamo terreni pianeggianti, sabbiosi, chiari e sciolti, che accolgono i vini della IGT Levante. Nella zona pedecollinare, invece, inizia la DOC Colli di Luni e i terreni diventano di medio impasto, con ciottoli alluvionali di pietra arenaria che si poggiano su declivi appena accennati. Appena la strada si impenna e arricchisce di tornanti, quasi a lambire la montagna, troviamo terrazzamenti, suoli molto drenanti, ricchi di scheletro e pietre come argilliti e macigno.
Oggi dei 65 ettari di proprietà dalla famiglia Bosoni, ai quali si aggiungono quelli degli storici conferitori per arrivare a un totale di 80 ettari vitati, il vermentino occupa il 70%. Circa 30 ettari sono in conduzione biologica e l’obiettivo è di proseguire lungo questo percorso, nonostante la grande frammentazione della proprietà, che certo non agevola questo processo di conversione.
La gamma dei Vermentino dell’azienda si declina in cinque etichette e l’idea di provare a verificare la tenuta nel tempo di almeno due di queste è nata contestualmente al battesimo della nuovissima cantina, che sorge a poca distanza da quella storica. Operativa già dal 2019 e inaugurata a giugno di quest’anno, la nuova casa dei vini di Lvnae è posta al centro di alcuni vigneti di proprietà e rappresenta una sorta di coronamento dei progetti di Diego Bosoni, che ha seguito la sua realizzazione sin dall’inizio. Un’opera moderna, con gli spazi idonei per dare luce ai tanti progetti che l’ultima generazione della famiglia Bosoni ha in mente.
La degustazione
Etichetta Nera e Numero Chiuso. Sono i due vini che abbiamo indagato lungo un percorso composto da 8 annate direttamente in azienda.
Colli di Luni DOC Vermentino Etichetta Nera 2021|2019|2018
«Pochi anni dopo la nascita della DOC, mio padre fece una selezione: si trattava di prendere le uve dalle migliori parcelle privilegiando le zone collinari» spiega Diego Bosoni. «Era il tentativo di dimostrare che il vermentino poteva durare nel tempo e non era solo vino per turisti: semplice, beverino, per l’estate e la spiaggia». Con l’Etichetta Nera inizia, nel 1992, questo percorso verso una nuova dimensione. Macerazione a freddo direttamente in pressa, affinamento in acciaio, qualche mese sur lie, poi in bottiglia a inizio primavera dell’anno successivo la vendemmia. Produzione complessiva di circa 40mila bottiglie ogni anno.
Tre annate che giocano su registri aromatici differenti, sebbene sempre accomunati da un tocco mediterraneo ben evidente e acceso. Sono vini dotati di buona, se non ottima, acidità, e nelle versioni con qualche anno in più sulle spalle, nel nostro caso la 2019 e 2018, un manto sapido avvolge il sorso, rendendolo particolarmente intrigante e lungo. Se la 2019 mostra il volto meno fruttato, con note sulfuree molto evidenti e che in parte ricordano l’idrocarburo, la 2018 ha un frutto più denso e maturo, con cenni di zafferano abbastanza evidenti. Tre versioni certamente vive, che non mostrano in questo momento alcun cenno di stanchezza, anzi, in fase di completa evoluzione ascendente. Poter andare ancor più indietro nel tempo potrebbe riservare, probabilmente, sorprese inattese.
Colli di Luni DOC Vermentino Numero chiuso | 2019|2018| 2017| 2015|2011
Si tratta di un piccola produzione che nasce da due storiche vigne di vermentino posizionate in alta collina. «Selezioniamo grappolo per grappolo» sottolinea Diego Bosoni. Affina in un’unica botte da 20 ettolitri per un anno e mezzo. Un altro anno e mezzo lo trascorre in bottiglia. Esce, quindi, 3 anni dopo la vendemmia. Non sono state prodotte né la 2014, né la 2012. La prima annata in commercio la 2008. Solo 2600 bottiglie all’anno, da qui il nome “numero chiuso”.
La ricchezza estrattiva, la maggior avvolgenza al palato, una connotazione aromatica su note più “dolci”, a volte di frutta matura, pur senza mai risultare stucchevoli o forzate, connotano questo cru di vermentino, che insieme al Cavagino rappresenta uno dei fiori all’occhiello della produzione aziendale. Il Numero Chiuso gioca in un altro campionato rispetto all’Etichetta Nera e cerca di cavalcare il tempo con armi differenti, che sembrerebbero, quanto meno sulla carta, più congrue. Alle note mielose, con sfumature che a volte ricordano la pasticceria e che con il passare degli anni permangono integre, fanno da contraltare quelle più delicate di erbe mediterrennee, che soprattutto nei millesimi più giovani caratterizzano in modo importante il quadro olfattivo. Per complessità ed equilibrio, ma anche per un dinamismo al sorso – più convincente, fresco e scattante – in questo momento il millesimo 2018 ci è parso il più espressivo e interessante.
Il color oro, sempre più intenso con il passare degli anni, cede il passo a sfumature da orange wine nel 2011: anche in quest’ultima annata, ovviamente la più stanca delle cinque, soprattutto nel suo incedere al palato, con sfumature sempre più dolci e intense che qui ricordano la mela cotogna e la cera d’api, non compaiono mai, quasi sorprendentemente, note ossidative, a dimostrazione dell’ottima capacità di contenere il passare degli anni.